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Sequestro di beni: onere della prova del terzo

Una donna ha impugnato il sequestro di 85.000 euro, sostenendo fossero regali di nozze. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che in caso di sequestro di beni, spetta al terzo che ne rivendica la proprietà l’onere di dimostrarne la provenienza lecita e l’estraneità al reato contestato all’imputato. La semplice affermazione non è stata ritenuta prova sufficiente.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro di beni: chi deve provare la provenienza lecita? Il caso dei regali di nozze

Quando viene effettuato un sequestro di beni, sorge spesso una domanda cruciale: chi ha il compito di dimostrare la provenienza lecita del denaro o degli oggetti sequestrati? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, in particolare quando un terzo, estraneo al reato, rivendica la proprietà dei beni. Il caso analizzato riguarda una cospicua somma di denaro, definita dalla ricorrente come il frutto dei regali di nozze, trovata nell’abitazione di una giovane coppia e sequestrata nell’ambito di un’indagine a carico del marito.

I Fatti del Caso: 85.000 euro in contanti sequestrati

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria, che confermava il sequestro di 85.000 euro in contanti. La misura era stata disposta nell’ambito di un procedimento penale a carico del marito della ricorrente per gravi reati. La moglie, ritenendosi terza estranea ai fatti contestati al coniuge, presentava un’istanza di dissequestro, sostenendo che la somma fosse riconducibile ai regali ricevuti in occasione del loro matrimonio, celebrato appena venti giorni prima del sequestro.

La Difesa della Ricorrente: Regali di Nozze o Provento di Reato?

La difesa della donna ha argomentato che il denaro non apparteneva esclusivamente al marito imputato, ma alla coppia, essendo il frutto della generosità di parenti e amici in occasione delle nozze. Secondo la ricorrente, l’onere di provare la provenienza illecita del denaro e la sua esclusiva titolarità in capo all’imputato spettava alla pubblica accusa. Di conseguenza, in assenza di tale prova, almeno il 50% della somma avrebbe dovuto essere restituito, in quanto di sua legittima proprietà.

L’Onere della Prova nel sequestro di beni: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: il terzo che afferma di avere diritto alla restituzione di un bene sequestrato non può limitarsi a contestare i presupposti del sequestro (il cosiddetto fumus commissi delicti), ma ha un onere ben preciso. Deve infatti provare la propria titolarità o disponibilità del bene e, soprattutto, l’assenza di qualsiasi collegamento con i reati contestati all’imputato. In altre parole, l’onere della prova della provenienza lecita ricade sul terzo che chiede la restituzione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha sottolineato che il Tribunale del Riesame aveva correttamente motivato la sua decisione. I giudici di merito avevano evidenziato come la ricorrente non avesse fornito una dimostrazione adeguata e credibile della legittima provenienza della somma. Elementi come l’ingente valore del denaro contante e le modalità di custodia sono stati considerati indici di una provenienza illecita e non tracciata. La semplice affermazione che si trattasse di regali di nozze non è stata ritenuta sufficiente, soprattutto perché al momento del sequestro non erano stati trovati elementi a supporto, come un elenco dei donanti. Il Tribunale, inoltre, non ha il potere di svolgere attività istruttorie autonome in sede di riesame, ma deve decidere sulla base degli atti già acquisiti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Chiunque si trovi nella posizione di terzo interessato al dissequestro di un bene deve essere consapevole che non basta affermare un proprio diritto. È necessario fornire prove concrete, documentate e credibili che attestino non solo la titolarità del bene, ma anche e soprattutto la sua totale estraneità rispetto alle attività criminali per cui si procede. La decisione ribadisce che, nel bilanciamento tra le esigenze di giustizia e la tutela del terzo, quest’ultimo assume un ruolo attivo nel dimostrare la legittimità delle proprie pretese.

In caso di sequestro di beni, a chi spetta dimostrare la provenienza lecita del denaro se un terzo ne rivendica la proprietà?
Secondo la sentenza, l’onere della prova spetta al terzo interessato. La persona estranea al reato che chiede la restituzione del bene sequestrato deve provare non solo la sua titolarità o disponibilità, ma anche l’assenza di collegamenti con i reati ascritti all’indagato, fornendo una credibile dimostrazione della lecita provenienza del bene.

È sufficiente dichiarare che una somma di denaro sequestrata deriva da regali di nozze per ottenerne la restituzione?
No. La sentenza chiarisce che la mera affermazione non è sufficiente. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che non fosse stata fornita un’adeguata dimostrazione della provenienza lecita, poiché il cospicuo valore della somma in contanti e le modalità di custodia erano considerati indici di un’origine illecita, non superati dalla semplice dichiarazione verbale.

Il giudice del riesame può svolgere nuove indagini per verificare la provenienza del denaro sequestrato?
No. La Corte precisa che il giudizio del Tribunale del Riesame è limitato alla valutazione delle risultanze già acquisite nel procedimento. Questo organo non ha poteri istruttori autonomi per svolgere distinte attività di indagine, come la verifica diretta del contenuto di un plico, ma deve decidere sulla base degli atti a sua disposizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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