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Sequestro del cellulare: la Cassazione e il Diritto UE

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21311/2025, ha rigettato il ricorso di un indagato contro il sequestro del cellulare disposto dal Pubblico Ministero. La Corte ha stabilito che, sebbene il diritto dell’Unione Europea richieda un controllo giudiziario preventivo per l’accesso ai dati, l’assenza di tale controllo può essere sanata da garanzie successive, come il riesame e l’incidente probatorio, che tutelano efficacemente il diritto di difesa dell’indagato.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro del cellulare: la Cassazione stabilisce i limiti del potere del PM secondo il Diritto UE

Il sequestro del cellulare è diventato uno degli strumenti investigativi più incisivi e, al contempo, più discussi nel panorama della procedura penale. L’accesso a chat, email e dati personali contenuti nei nostri smartphone solleva delicate questioni di bilanciamento tra le esigenze di accertamento dei reati e la tutela della privacy. Con la sentenza n. 21311 del 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso emblematico, chiarendo il rapporto tra la normativa nazionale e i principi del diritto dell’Unione Europea in materia di accesso ai dati.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’indagine della Procura della Repubblica per i reati di turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Nel corso delle indagini, il Pubblico Ministero emetteva un decreto di sequestro avente ad oggetto le comunicazioni (sms, chat, social network, email) presenti sui dispositivi elettronici di un indagato.

L’indagato, ritenendo il provvedimento illegittimo, proponeva istanza di riesame, che veniva però respinta dal Tribunale competente. Di conseguenza, presentava ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali.

I Motivi del Ricorso: Quando il sequestro del cellulare viola la privacy?

L’indagato ha contestato la legittimità del sequestro sotto tre profili essenziali:

1. Indeterminatezza del decreto: Secondo la difesa, il provvedimento del PM era nullo perché troppo generico, limitandosi a indicare le norme di legge violate senza descrivere in modo specifico le condotte contestate.
2. Carattere esplorativo del sequestro: Si lamentava che il sequestro fosse una sorta di “pesca a strascico”, autorizzando l’acquisizione di tutte le comunicazioni senza un preventivo accertamento della loro pertinenza al reato.
3. Violazione del Diritto dell’Unione Europea: Questo è il punto centrale del ricorso. La difesa sosteneva che, secondo la direttiva UE 2016/680 e l’interpretazione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), l’accesso ai dati personali contenuti in un telefono cellulare richiede l’autorizzazione preventiva di un giudice o di un organo indipendente, quale non può essere considerato il Pubblico Ministero, che è parte del procedimento.

La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo infondati tutti i motivi di doglianza e confermando la validità del provvedimento di sequestro.

Le Motivazioni della Corte

La sentenza offre spunti di riflessione cruciali sull’interazione tra ordinamento interno e principi europei. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici.

Motivazione per relationem e natura del sequestro

La Corte ha rapidamente liquidato i primi due motivi. Sul primo, ha chiarito che un decreto di sequestro può essere motivato per relationem, cioè facendo riferimento ad altri atti del procedimento (come precedenti decreti di perquisizione) che contengano la descrizione dettagliata dei fatti. Sul secondo punto, ha ribadito che il sequestro probatorio è un mezzo di ricerca della prova e, come tale, implica un certo grado di approssimazione, non potendosi considerare “esplorativo” se, come nel caso di specie, è conseguente a un’attività di ispezione e circoscritto a elementi pertinenti ai reati ipotizzati.

Diritto UE e garanzie difensive: il cuore della decisione

La parte più rilevante della motivazione riguarda il contrasto con il diritto europeo. La Cassazione, pur riconoscendo i principi affermati dalla CGUE sulla necessità di un controllo preventivo da parte di un’autorità terza e imparziale, ha escluso che nel caso concreto vi fosse stata una violazione dei diritti dell’indagato. Il ragionamento si articola su più livelli:

* Assenza di un pregiudizio concreto: L’indagato non ha dimostrato quale specifico danno avesse subito il suo diritto di difesa. La stessa CGUE ha precisato che spetta al diritto nazionale stabilire le regole di ammissibilità della prova ottenuta in modo contrario al diritto UE. Nel nostro ordinamento, ciò non comporta un’automatica inutilizzabilità, ma al massimo una nullità, che richiede la prova di una lesione concreta della difesa.
Il controllo giudiziario successivo: La Corte sottolinea che l’indagato ha potuto attivare un efficace controllo giurisdizionale successivo* attraverso il riesame. Il Tribunale del Riesame ha il potere di annullare o riformare il decreto del PM, esercitando un controllo pieno e tempestivo sull’operato dell’accusa.
* L’attivazione di garanzie ulteriori: Decisivo è stato il fatto che il PM, dopo il sequestro e di fronte alle riserve della difesa, non ha estratto autonomamente i dati, ma ha richiesto al Giudice per le Indagini Preliminari di procedere con un incidente probatorio. Questa procedura, che si svolge nel pieno contraddittorio tra accusa e difesa e sotto il controllo del giudice, offre una garanzia ancora più forte di quella richiesta dal diritto europeo. Di fatto, l’indagato ha beneficiato di una tutela superiore.

Conclusioni

La sentenza della Cassazione traccia una linea di equilibrio tra la protezione della privacy e le necessità investigative. Pur recependo l’importanza dei principi europei, ne calibra l’applicazione nel contesto del sistema processuale italiano. La decisione afferma un principio pragmatico: l’assenza di un controllo giudiziario preventivo sul sequestro del cellulare da parte del PM può essere “sanata” se l’ordinamento prevede meccanismi di controllo successivi (come il riesame) o procedure (come l’incidente probatorio) che garantiscano in modo effettivo e concreto il diritto di difesa dell’indagato. In questo modo, la tutela fondamentale della persona viene assicurata, senza paralizzare l’attività di ricerca della prova.

Può il Pubblico Ministero disporre il sequestro di un cellulare senza l’autorizzazione preventiva di un giudice?
Sì. Secondo questa sentenza, il Pubblico Ministero può disporre il sequestro in autonomia, ma l’eventuale violazione del principio UE del controllo preventivo può essere sanata se l’indagato ha accesso a efficaci controlli giudiziari successivi, come il riesame o l’incidente probatorio, che tutelano concretamente il suo diritto di difesa.

Un decreto di sequestro è valido se non descrive i fatti ma richiama altri atti?
Sì, la Corte ha confermato che la motivazione di un provvedimento può essere fatta per relationem, ovvero tramite riferimento al contenuto di altri atti del procedimento. Questo è legittimo a condizione che tali atti siano noti o accessibili all’interessato e contengano la descrizione dettagliata richiesta.

L’assenza di autorizzazione preventiva del giudice rende le prove dal cellulare automaticamente inutilizzabili?
No. La Corte ha chiarito che la violazione di una norma europea non comporta l’automatica inutilizzabilità della prova secondo il diritto italiano. Potrebbe configurarsi una nullità dell’atto, ma solo se l’indagato dimostra che tale violazione ha causato una lesione concreta ed effettiva del suo diritto di difesa, cosa che in questo caso non è avvenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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