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Sequestro crediti Superbonus: legittimo verso terzi

Due istituti di credito hanno presentato ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo riguardante crediti fiscali derivanti dal “Superbonus 110%”, acquisiti da un consorzio edile indagato per truffa e autoriciclaggio. I ricorrenti sostenevano di essere terzi in buona fede e che i crediti non fossero più rintracciabili una volta entrati nel loro cassetto fiscale. La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi, stabilendo la piena legittimità del sequestro crediti Superbonus. La Corte ha chiarito che tali crediti costituiscono “cose pertinenti al reato” e che la loro cessione non ne sana l’origine illecita. Di conseguenza, possono essere sequestrati anche presso terzi acquirenti, indipendentemente dalla loro buona fede, per impedire la continuazione degli effetti del reato.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Crediti Superbonus: La Cassazione Conferma la Legittimità verso i Terzi Acquirenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità e rilevanza per gli operatori finanziari: la legittimità del sequestro crediti Superbonus anche quando questi sono stati acquistati da terzi, come banche o intermediari finanziari. La decisione riafferma un principio fondamentale: l’origine illecita di un credito fiscale ne contamina l’intera circolazione, rendendolo sequestrabile a prescindere dalla buona fede dell’ultimo possessore.

I Fatti del Caso: Cessione di Crediti e Indagini per Frode

La vicenda trae origine da un’indagine penale per truffa aggravata ai danni dello Stato e autoriciclaggio. Un consorzio edile, beneficiario delle agevolazioni “Superbonus 110%”, è stato accusato di aver generato crediti d’imposta fittizi attraverso false asseverazioni e fatturazioni relative a opere edili mai eseguite o eseguite solo in parte.

Questi crediti, di provenienza illecita, sono stati successivamente ceduti a due diversi istituti di credito, i quali li hanno acquistati monetizzandoli. Nel corso delle indagini, il Giudice per le Indagini Preliminari ha disposto il sequestro preventivo di tali crediti direttamente presso le banche acquirenti. Gli istituti di credito hanno impugnato il provvedimento, ma sia il Tribunale del riesame che, in ultima istanza, la Corte di Cassazione hanno confermato la piena legittimità della misura cautelare.

I Motivi del Ricorso degli Istituti di Credito

Le banche ricorrenti hanno basato la loro difesa su tre argomentazioni principali:

1. Difetto di motivazione: Sostenevano che il provvedimento non avesse adeguatamente considerato la loro posizione di terzi estranei al reato, omettendo di valutare il periculum in mora, ovvero il rischio concreto derivante dalla libera disponibilità dei beni.
2. Violazione di legge: Contestavano che il Tribunale avesse applicato una logica tipica del sequestro finalizzato alla confisca, mentre il provvedimento originario era un sequestro preventivo impeditivo, con presupposti diversi.
3. Natura fungibile dei crediti: Argomentavano che, una volta entrati nel “cassetto fiscale” della banca, i crediti perdessero la loro individualità, diventando una massa indistinta e non più direttamente collegabile al reato originario. Di conseguenza, il sequestro sarebbe stato, di fatto, un sequestro “per equivalente” su beni di un terzo, misura non consentita dalla legge.

Le motivazioni del sequestro crediti Superbonus secondo la Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto le tesi difensive, rigettando integralmente i ricorsi. Il fulcro della decisione risiede nella qualificazione dei crediti d’imposta come “cose pertinenti al reato” ai sensi dell’art. 321, comma 1, del codice di procedura penale.

Secondo la Corte, il meccanismo di cessione del credito previsto dalla normativa sul Superbonus non crea un nuovo diritto autonomo e “pulito” in capo al cessionario. Si tratta, invece, di un’acquisizione a titolo derivativo: la banca acquista lo stesso identico diritto del cedente, con tutti i vizi che lo caratterizzavano all’origine. L’illecito commesso a monte, quindi, si trasferisce insieme al credito.

Di conseguenza, la buona fede dell’acquirente è del tutto irrilevante ai fini del sequestro preventivo impeditivo. Lo scopo di questa misura non è punire il detentore del bene, ma impedire che la circolazione di un bene illecito possa protrarre o aggravare le conseguenze del reato. Consentire l’utilizzo o l’ulteriore cessione di questi crediti significherebbe perpetuare il danno per l’Erario.

La Corte ha anche respinto la tesi della fungibilità, affermando che i crediti, sebbene non dotati all’epoca dei fatti di un codice identificativo univoco, possiedono una loro originaria e propria individualità che permette di ricondurli alle condotte fraudolente contestate. Eventuali difficoltà nell’identificazione concreta dei crediti da bloccare sono state relegate a questioni attinenti alla fase esecutiva del provvedimento, non alla sua legittimità.

Le conclusioni: Implicazioni per gli Operatori Finanziari

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, con importanti implicazioni pratiche. Viene stabilito con chiarezza che il rischio legato all’acquisto di crediti fiscali di provenienza fraudolenta ricade interamente sul cessionario. Gli intermediari finanziari non possono invocare la propria buona fede per proteggersi dal sequestro di crediti che si rivelino essere il prodotto di un reato. Questo principio impone agli operatori del settore di adottare procedure di due diligence estremamente accurate e approfondite prima di procedere all’acquisto di pacchetti di crediti fiscali, al fine di verificare la genuinità e la legittimità delle opere e delle asseverazioni sottostanti.

È possibile sequestrare i crediti fiscali del Superbonus presso una banca che li ha acquistati in buona fede?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che i crediti derivanti da reato sono “cose pertinenti al reato” e possono essere oggetto di sequestro preventivo impeditivo anche se sono nella disponibilità di un terzo acquirente, a prescindere dalla sua buona fede. Lo scopo è impedire che gli effetti del reato si protraggano.

I crediti fiscali ceduti a un istituto di credito perdono la loro individualità diventando una massa fungibile?
No. Secondo la sentenza, i crediti d’imposta, anche in assenza di uno specifico codice identificativo, possiedono un’individualità originaria che li lega alle condotte contestate. Non si trasformano in una somma di denaro indistinta e quindi possono essere oggetto di un sequestro specifico e non per equivalente.

La cessione del credito fiscale da chi ha commesso la frode alla banca “ripulisce” il credito dalla sua origine illecita?
No. La Corte chiarisce che la cessione del credito non è un fenomeno che crea un diritto nuovo (novativo), ma una semplice derivazione del diritto originale. Pertanto, il vizio che inficiava il diritto alla detrazione in capo al primo beneficiario si trasmette anche al cessionario (la banca), che acquista il credito con tutti i difetti originari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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