Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23519 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23519 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
1) RAGIONE_SOCIALE, 2) RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ordinanza del 06/12/2023 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha rigettato le istanze d riesame proposte nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, quali terze interessate, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il 20/04/2023, avente ad oggetto i beni di cui ai punti E e G della richiesta del Pubblico Ministero, in relazione ai reati di tru e di autoriciclaggio, contestati a vari soggetti, per condotte illecite consistite n mancata esecuzione di opere edili appaltate dal RAGIONE_SOCIALE, ammesse all’agevolazione fiscale denominata “Superbonus 110%”, oggetto di RAGIONE_SOCIALE, di false asseverazioni e fatturazioni al committente, con conseguente riconoscimento di crediti di imposta, monetizzati attraverso la successiva cessione a istituti di credito.
2.Le ricorrenti propongono ricorso per cassazione con distinti atti, dal contenuto sovrapponibile, attraverso i quali deducono:
1) difetto assoluto di motivazione del provvedimento impugnato, non avendo il Tribunale preso in considerazione i motivi di riesame, con i quali, come si ribadisce in ricorso, era stata censurata l’omessa valutazione del “periculum della misura disposta ai danni della banca, soggetto terzo estraneo al reato: il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato la misura del sequestro preventivo impeditivo senza però individuare il necessario collegamento fra i beni vincolati e l’autore del reato tale da consentire di desumere che tali beni siano in effetti nella disponibilit di quest’ultimo”.
Inoltre, era stata eccepita la nullità del decreto di sequestro preventivo in quanto disposto per equivalente ai danni del terzo danneggiato dal reato in violazione delle norme di legge”. Anche su tale eccezione il Tribunale non si sarebbe pronunciato, “applicando un sequestro preventivo finalizzato alla confisca senza tenere minimamente in conto l’evidente vizio di motivazione del sequestro innpeditivo disposto dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti dei terz cessionari”;
2) violazione di legge per avere il Tribunale applicato una diversa misura ablativa – quella del sequestro preventivo finalizzato alla confisca – rispetto a provvedimento genetico, con il quale il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto il sequestro impeditivo ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen.. Al contrario, il Tribunale avrebbe dovuto rilevare la nullità del provvedimento del primo giudice per carenza assoluta di motivazione in ragione di quanto precisato con il primo motivo;
3) violazione di legge per avere il Tribunale disposto un sequestro per equivalente in danno delle ricorrenti terze interessate, avendo sottoposto alla misura crediti non tracciabili – tali essendo, secondo le ricorrenti, i crediti di imposta ceduti da titolare, privi di codice identificativo all’epoca del fatto, rivenienti dalla dis del cosiddetto Superbonus 110%, nel momento in cui erano entrati nel cassetto fiscale del cessionario (la banca) perdendo la loro individualità secondo quanto evidenziato dettagliatamente nei ricorsi – beni per i quali, come sarebbe dimostrato dalle difficoltà avute in sede esecutiva per la loro identificazione sarebbe impossibile individuare lo specifico e concreto collegamento fra la cosa e l’autore del reato che consentirebbe di estendere il vincolo al di fuori della sfer patrimoniale dell’indagato.
Tanto avrebbe comportato una duplicazione dei beni sottoposti a sequestro in quanto relativi sia ai crediti di imposta ceduti dagli indagati e presenti nel casset fiscale dei terzi cessionari, sia alle somme ottenute dagli indagati a seguito della vendita dei medesimi crediti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
Sulle questioni poste dalle ricorrenti si è già formato un orientamento giurisprudenziale di legittimità che il Collegio intende avallare e ribadire.
1. In ordine al primo motivo – premesso che al disposto sequestro è stata attribuita dal Giudice per le indagini preliminari natura impeditiva ai sensi dell’art. 321 comma 1, cod. proc. pen., come anche le ricorrenti affermano – deve essere richiamato il principio di diritto secondo cui, in tema di sequestro preventivo impeditivo relativo al delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, son suscettibili di apprensione i crediti dei terzi cessionari di cui all’art. 121, comma lett. b), di. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (oggetto del cd. “superbonus 110%”), posto che gli stessi, derivando dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato, senza che rilevi la condizione soggettiva di detti terzi, in conformità alle norme processualpenalistiche che non risultano derogate dalla disciplina in oggetto. (Sez. 3, n. 40865 del 21/09/2022, Decio, Rv. 283701; conformi, Sez. 2, n. 3108 del 2024 n.m.; sez. 2, n. 33463 del 09/12/2022, dep. 2023, n.m.; sez. 2, n. 16728 del 12/01/2023, n.m.).
Nella motivazione di tali decisioni, è stato affermato, più dettagliatamente e testualmente, che il sequestro impeditivo di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. richiede soltanto la prova di un legame pertinenziale tra la res ed il reato, ossia un collegamento che comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle
quali il reato è stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa (tra le altre, Sez. 2, n. 28306 del 16/4/2019, COGNOME, Rv. 276660; Sez. 3, n. 31415 del 15/1/2016, COGNOME, Rv. 267513). In particolare, i crediti sequestrati alle ricorrenti sono stati a ragione considerati cosa pertinente al reato, risultando infondata la tesi difensiva secondo cui, esercitata l’opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l’originario diritto alla detrazio (nella misura del 110% delle spese documentate e rimaste a carico), il credito stesso sorgerebbe – in capo al cessionario – a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione. Questa tesi, che intenderebbe il credito ceduto come sempre “garantito” dallo Stato a tutela del cessionario, anche di fronte ad un assoluto difetto di presupposti, è all’evidenza infondata, non deponendo in tal senso la normativa di riferimento (primaria e secondaria) alla quale non può esser riconosciuta alcuna forza derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria. L’art. 121 d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla I. 17 luglio 2020, n. 77, stabilisce che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi (di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica, di adozione di misure antisismiche, di recupero o restauro della facciata di edifici esistenti, installazione di impianti fotovoltaici, di installazione di colonnine per la ricaric veicoli elettrici, di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche), negl anni di riferimento, possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazion spettante, alternativamente: 1) per il cd. sconto in fattura, ossia un contributo sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, a sua volta suscettibile di cessione; 2) per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credit e gli altri intermediari finanziari, a sua volta suscettibile di cessione, nei ter (più volte modificati) del comma 1, lett. b), o di essere portato in compensazione con debiti erariali. 4. Dalla lettura dell’art. 121, comma 1, emerge, dunque, che il meccanismo del Superbonus in oggetto è stato costruito dal legislatore su percorsi alternativi, sebbene evidentemente legati nei presupposti e sostenuti dall’identica finalità di incentivare gli interventi indicati: all’utilizzo diretto della det fiscale spettante, previsto come ipotesi ordinaria, sono state infatti aggiunte le due opzioni appena richiamate, che – rimesse alla scelta dell’unico beneficiario (colui che ha sostenuto le spese) – costituiscono un’evidente derivazione della prima, utile per ottenere un’immediata monetizzazione del proprio diritto, senza dover attendere cinque anni per la complessiva detrazione. Con particolare riguardo alla Corte di Cassazione – copia non ufficiale
cessione del credito, oggetto del ricorso, il beneficiario si spoglia dunque del proprio diritto alla detrazione, che assume la veste – nell’identico contenuto patrimoniale – di un credito suscettibile di circolare nei termini indicati dalla leg e che viene contestualmente ceduto. Non si riscontra, dunque, l’estinzione di un diritto alla detrazione (in capo al beneficiario) e la contestuale costituzione ex novo di un credito (in capo al cessionario), come sostenuto dalle ricorrenti, né un fenomeno novativo di sorta, ma soltanto l’evoluzione – non la sostituzione – del primo nel secondo, espediente tecnico necessario per consentire quella cessione a terzi ritenuta dal legislatore un fattore ulteriormente incentivante la procedura, e, dunque, uno strumento ancora più utile per la ripresa economica del Paese. Il vincolo impeditivo, infatti, implica soltanto l’esistenza di un collegamento tra reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito ed in buona fede, occorrendo soltanto verificare piuttosto se la libera disponibilità della res – anche in capo allo stesso terzo – sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen..
Il periculum in mora deve ravvisarsi, allora, in quanto la possibilità di permanente utilizzazione dei crediti originanti da fatto illecito protrarrebbe e/o aggraverebb le conseguenze del reato secondo quanto previsto dall’art.321, comma 1, cod. proc. pen.”.
2. Anche la seconda questione posta dalle ricorrenti, con i successivi motivi, è già stata sviscerata nelle sentenze di legittimità prima indicate e in quel senso deve essere qui ribadita, dovendosi sottolineare che, essendo stata dedotta una violazione di legge che fa capo alla natura del sequestro, in questa sede la problematica può e deve essere risolta anche in assenza di una specifica indicazione nell’ordinanza impugnata.
Giova premettere che l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro emesso dal Giudice per le indagini preliminari fanno dettagliato riferimento ai crediti di imposta ottenuti dal RAGIONE_SOCIALE e dalle società del gruppo con l’indicazione dell’importo e della riconducibilità al Superbonus 110% ed al codice tributo, con particolare riferimento, per quanto qui interessa, ai punti E e G della richiesta del Pubblico ministero.
Detto ciò, Sulla questione posta dalle ricorrente, in particolare, nella motivazione della sentenza di questa Corte, prima indicata (Sez. 3, n. 40865 del 21/09/2022, Decio, Rv. 283701), si afferma l’infondatezza della censura esattamente riproposta nel caso in esame.
“Censura con la quale ci si duole dell’applicazione surrettizia di un indebito sequestro per equivalente a danno di un terzo estraneo al reato (ciò sul presupposto che, in assenza di elementi identificativi, la misura colpirebbe non
esattamente i crediti originati dalle artificiose condotte poste in essere dagl indagati, ma crediti pari alla somma del valore nominale di tutti i crediti d’imposta originatisi in capo al consorzio e poi ceduti (anche indirettamente) alle ricorrenti Con la conseguenza che la misura, pur disposta nei confronti dei crediti d’imposta individuati con richiamo alle condotte contestate, , sarebbe stata concretamente eseguita su una massa indistinta di crediti solo i importo equivalente a quello oggetto di indagine, in quanto presenti nel cassetto fiscale delle ricorrenti”.
Sul punto, si specifica che: “questa tesi, pur suggestiva, non può però essere accolta. Al riguardo si osserva, in primo luogo, che l’assenza di uno specifico codice identificativo (introdotto soltanto con disposizioni successive) non si traduce nell’assegnazione al credito di una natura prettamente fungibile, come fosse una somma di denaro; per come riportato nell’ordinanza impugnata (pag. 1), infatti, il provvedimento genetico ha individuato l’oggetto della misura in modo specifico e sufficientemente dettagliato, richiamando i “crediti d’imposta correlati all detrazioni fiscali previste dagli artt. 119-121. D. I. n. 34/2020 (cd. Superbonus per attività edilizia’) intestati al RAGIONE_SOCIALE con sede -in Napoli e di quelli ceduti da detto ente a terzi”. Tale espressione, dunque, non consente alcuna assimilazione di questi crediti ad una indistinta somma di denaro, né trasforma in un bene fungibile ciò che, per contro, possiede ab origine un’effettiva e propria individualità. In senso contrario, peraltro, non risultano decisive neppure le considerazioni svolte infine dalla difesa, dalle quali, anzi, emerge con chiarezza che il vizio denunciato atterrebbe non al provvedimento impositivo del vincolo, ma alla sua concreta esecuzione; un argomento, dunque, estraneo al giudizio di questa Corte, in forza del costante principio per cui i provvedimenti riguardanti le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono né appellabili né ricorribili per cassazione e le eventuali questioni ad essi attinenti vanno proposte in sede di incidente di esecuzione (per tutte, Sez. 1, n. 8283 del 24/11/2020, Sforza, Rv. 280604). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ne consegue che la misura è stata legittimamente disposta e non si è verificata alcuna duplicazione di poste, secondo quanto infine affermato dalle ricorrenti. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 17.04.2024.