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Sequestro crediti Superbonus: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3108 del 2024, ha confermato la legittimità del sequestro preventivo di crediti d’imposta derivanti dal ‘Superbonus 110%’, anche se detenuti da un istituto di credito terzo e in buona fede. La Corte ha stabilito che, ai fini del sequestro, è determinante il legame tra i crediti (la ‘res’) e il reato di origine (truffa), rendendo irrilevante la condizione soggettiva del cessionario. Il sequestro crediti superbonus è finalizzato a impedire che le conseguenze del reato si protraggano attraverso l’utilizzo dei crediti stessi.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Crediti Superbonus: La Cassazione Conferma il Vincolo Anche sul Cessionario

Con una recente e significativa pronuncia, la Corte di Cassazione ha affrontato una delle questioni più dibattute in materia di bonus edilizi: la sorte dei crediti d’imposta una volta ceduti a terzi. In particolare, la sentenza si concentra sul sequestro crediti superbonus in capo a istituti di credito, stabilendo un principio di fondamentale importanza: il vincolo penale segue il credito anche se l’acquirente è in buona fede.

I Fatti del Caso

Un istituto di credito cooperativo, insieme ad altre entità, si era opposto a un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Treviso. Il sequestro riguardava un ingente pacchetto di crediti d’imposta, del valore di svariati milioni di euro, legati al cosiddetto ‘Superbonus 110%’.

L’ipotesi di reato alla base del provvedimento era quella di truffa aggravata ai danni dello Stato e autoriciclaggio. Secondo l’accusa, tali crediti erano stati generati in modo fraudolento attraverso la mancata esecuzione di opere edili, false asseverazioni e fatturazioni fittizie da parte di un consorzio edile. Successivamente, questi crediti illeciti erano stati ceduti e monetizzati, finendo nei cassetti fiscali di diversi istituti di credito, tra cui quello ricorrente.

La banca sosteneva che il sequestro non fosse legittimo, in quanto essa era un cessionario in buona fede e la normativa speciale sul Superbonus (art. 121 del D.L. 34/2020) limitava la responsabilità dell’acquirente. Inoltre, eccepiva l’assenza del ‘periculum in mora’, ovvero il pericolo concreto che la libera disponibilità dei crediti potesse aggravare le conseguenze del reato.

La Decisione della Corte di Cassazione sul sequestro crediti superbonus

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della banca, confermando integralmente la validità del sequestro. La Corte ha chiarito in modo netto la prevalenza delle norme processual-penalistiche sulla disciplina speciale dei bonus edilizi in caso di reato.

Il Principio della Pertinenza al Reato

Il cuore della decisione risiede nell’articolo 321 del codice di procedura penale, che regola il sequestro preventivo. Secondo la Corte, per procedere al sequestro è sufficiente dimostrare un legame pertinenziale tra la ‘res’ (in questo caso, i crediti d’imposta) e il reato. I crediti, essendo il prodotto diretto della truffa, sono inequivocabilmente ‘cose pertinenti al reato’.

La tesi difensiva secondo cui, con la cessione, nascerebbe un nuovo credito ‘depurato’ dai vizi originari è stata respinta. La Cassazione ha specificato che la cessione non estingue il diritto originario per crearne uno nuovo, ma si limita a trasferire lo stesso diritto, che porta con sé tutte le sue problematiche, compresa l’origine illecita.

L’Irrilevanza della Buona Fede del Cessionario

Un punto cruciale della sentenza è l’affermazione che, ai fini del sequestro preventivo, la buona o mala fede del terzo proprietario del bene è del tutto irrilevante. Il sequestro non ha una finalità punitiva verso il detentore, ma una funzione impeditiva: evitare che il profitto del reato continui a circolare e a produrre ulteriori effetti dannosi, come l’indebita compensazione con debiti erariali.

La Corte ha sottolineato che le norme che limitano la responsabilità del cessionario ai soli casi di utilizzo irregolare del credito (art. 121, commi 4, 5 e 6 del D.L. 34/2020) non derogano alla disciplina penale ordinaria. Esse regolano i rapporti sul piano fiscale e amministrativo, ma non impediscono al giudice penale di apporre un vincolo su beni che costituiscono il corpo o il profitto di un’attività criminale.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su una solida giurisprudenza. Il sequestro preventivo ha lo scopo di interrompere il legame tra la cosa e il reato, indipendentemente da chi ne sia il proprietario. Permettere l’utilizzo di crediti derivanti da una truffa significherebbe protrarre e aggravare le conseguenze del reato a danno dell’Erario.

La Corte ha anche respinto l’argomentazione basata su una circolare dell’Agenzia delle Entrate che sembrava tutelare il cessionario in buona fede, specificando che una circolare amministrativa non ha forza di legge e non può vincolare l’interpretazione del giudice penale. Anzi, la stessa Agenzia, con una circolare successiva, aveva adottato una posizione più rigorosa, in linea con quella della magistratura.

Infine, il ‘periculum in mora’ è stato ritenuto esistente proprio nella possibilità che questi crediti, se lasciati liberi, venissero utilizzati in compensazione, consolidando così il danno per lo Stato.

Le Conclusioni

La sentenza n. 3108/2024 della Corte di Cassazione rappresenta un monito per tutti gli operatori del settore, in particolare per gli intermediari finanziari e le banche che acquistano crediti d’imposta. Essa stabilisce che il rischio penale connesso all’origine fraudolenta dei crediti non viene ‘sanato’ dalla cessione. La buona fede dell’acquirente può avere rilevanza in altre sedi, ma non è sufficiente a proteggere i crediti dal sequestro crediti superbonus disposto in sede penale. Questo principio rafforza la necessità di controlli e due diligence approfondite prima dell’acquisto di pacchetti di crediti fiscali, poiché il rischio di vedersi vincolare l’asset, con conseguente danno economico, è concreto.

Un credito d’imposta derivante da Superbonus, acquistato da una banca, può essere sequestrato se si scopre che deriva da una truffa?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che i crediti d’imposta, se ritenuti prodotto o profitto di un reato come la truffa aggravata, sono ‘cose pertinenti al reato’ e possono essere sottoposti a sequestro preventivo anche se sono stati ceduti a un terzo, come una banca.

La buona fede della banca che acquista i crediti la protegge dal sequestro?
No. Secondo la sentenza, ai fini del sequestro preventivo, la condizione soggettiva del terzo proprietario (in questo caso, la buona fede della banca) è irrilevante. Il sequestro si basa sul legame oggettivo tra il bene (il credito) e il reato, non sul coinvolgimento del suo attuale detentore.

La normativa speciale sulla cessione dei crediti (art. 121 D.L. 34/2020) non prevale sulle norme del codice di procedura penale?
No, la Corte ha stabilito che la disciplina speciale che limita la responsabilità del cessionario non deroga né prevale sulle norme generali del codice di procedura penale in materia di misure cautelari reali. Pertanto, anche se la normativa fiscale può tutelare il cessionario sotto certi aspetti, non impedisce al giudice penale di disporre il sequestro dei crediti di provenienza illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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