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Sequestro conto cointestato: la Cassazione decide

Un uomo, indagato per reati fiscali, ricorre contro il sequestro di un conto cointestato con la moglie, sostenendo che i fondi provenissero da stipendi e sussidi di quest’ultima. La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile: il denaro su un conto cointestato è nella piena disponibilità di entrambi e, data la sua natura fungibile, il sequestro è legittimo anche se la provenienza delle somme specifiche è lecita. L’indagato non titolare dei fondi non ha interesse diretto alla restituzione.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Conto Cointestato: La Provenienza Lecita Non Salva i Fondi

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito principi cruciali in materia di sequestro conto cointestato, specialmente quando uno degli intestatari è indagato per reati fiscali. La decisione chiarisce che la natura fungibile del denaro e la piena disponibilità delle somme da parte di entrambi i titolari rendono il sequestro legittimo, anche se i fondi hanno un’origine lecita e tracciabile, come uno stipendio o sussidi statali. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti del Caso: Un Appello Contro il Sequestro

Un uomo, indagato per il reato di omessa dichiarazione fiscale in concorso con l’amministratore di una società, si è visto rigettare l’istanza di revoca di un sequestro preventivo. Il sequestro riguardava una somma di circa 19.000 euro giacente su un conto corrente cointestato con la moglie.

Il ricorrente sosteneva l’illegittimità del provvedimento, affermando che il conto era alimentato esclusivamente da somme di pertinenza della consorte: il suo stipendio, l’indennità di disoccupazione (Naspi) e l’assegno unico erogato dall’INPS. A suo avviso, tali somme erano impignorabili e, quindi, non avrebbero potuto essere soggette a sequestro.

La Decisione della Cassazione sul sequestro conto cointestato

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si basa su tre pilastri argomentativi che chiariscono la posizione della giurisprudenza su questioni simili, rafforzando la legittimità del sequestro operato sul conto cointestato.

Le Motivazioni: Perché il Sequestro del Conto Cointestato è Legittimo

La Corte ha smontato le argomentazioni del ricorrente basandosi su principi consolidati del diritto penale e processuale.

Mancanza di Interesse Concreto del Ricorrente

In primo luogo, i giudici hanno evidenziato una carenza di legittimazione attiva. Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, l’indagato che non è l’effettivo titolare del bene sequestrato può impugnare il provvedimento solo se vanta un interesse concreto e attuale alla restituzione. In questo caso, poiché il ricorrente stesso affermava che i soldi appartenevano alla moglie, l’interesse alla restituzione era di quest’ultima, non suo. La semplice cointestazione non è sufficiente a fondare un interesse qualificato all’impugnazione.

Il Principio della Fungibilità del Denaro

Il punto centrale della motivazione riguarda la natura del denaro. Il denaro è un bene fungibile per eccellenza: una volta versato su un conto corrente, specialmente se cointestato, si confonde con le altre somme presenti e perde la sua identità originaria. La moglie, decidendo di versare i propri emolumenti su un conto condiviso, ne ha di fatto messo la piena disponibilità anche al marito. Di conseguenza, diventa impossibile distinguere la ‘parte’ di ciascun cointestatario. L’intera somma depositata entra a far parte di un unico patrimonio liquido, aggredibile per i debiti o i reati di uno qualsiasi dei titolari.

Confisca Diretta e Irrilevanza dell’Origine Lecita

Infine, la Corte ha richiamato una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 42415/2021). Tale pronuncia ha stabilito che la confisca del denaro che costituisce il profitto di un reato, quando rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, va sempre qualificata come ‘confisca diretta’ e non ‘per equivalente’. Questo significa che non è necessario dimostrare che quelle specifiche banconote o quel preciso bonifico provengano dal reato. Data la fungibilità del denaro, qualsiasi somma trovata nella disponibilità dell’indagato fino alla concorrenza del profitto illecito è considerata essa stessa profitto del reato e, quindi, direttamente confiscabile. L’eventuale prova dell’origine lecita della specifica somma sequestrata diventa, in questo contesto, irrilevante.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre un importante monito per chiunque condivida un conto corrente. La cointestazione, sebbene pratica per la gestione familiare, comporta la condivisione non solo dei beni, ma anche dei rischi legali. Se uno dei cointestatari è coinvolto in vicende penali, soprattutto di natura tributaria o economica, i fondi presenti sul conto comune sono esposti a sequestro. Il principio della fungibilità del denaro rende estremamente difficile, se non impossibile, proteggere le somme di provenienza lecita una volta che queste sono confluite nel patrimonio condiviso. La decisione di cointestare un conto deve quindi essere ponderata attentamente, tenendo conto delle potenziali conseguenze legali che possono derivare dalla condotta degli altri titolari.

Se verso soldi di provenienza lecita (es. stipendio) su un conto cointestato con una persona indagata, questi soldi sono al sicuro da un sequestro?
No. Secondo la Corte, una volta che il denaro è versato su un conto cointestato, si confonde con le altre somme per la sua natura fungibile e diventa pienamente disponibile per tutti gli intestatari. Pertanto, può essere oggetto di sequestro preventivo legato ai reati commessi da uno dei cointestatari.

Un cointestatario di un conto può opporsi a un sequestro se i soldi sequestrati non sono di sua proprietà?
L’indagato che non è l’effettivo titolare dei fondi può impugnare il sequestro solo se dimostra di avere un interesse concreto e attuale alla restituzione. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che l’interesse fosse della moglie, effettiva titolare delle somme, e non del ricorrente indagato, la cui impugnazione è stata perciò giudicata inammissibile.

Cosa significa che il sequestro del denaro è una ‘confisca diretta’ e non ‘per equivalente’?
Significa che, data la natura fungibile del denaro, qualsiasi somma trovata nella disponibilità dell’indagato è considerata essa stessa il profitto del reato, fino a concorrenza dell’importo illecito. Non è necessario provare che quelle specifiche somme derivino materialmente dal reato; è sufficiente che siano nel patrimonio dell’indagato per poter essere sequestrate direttamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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