Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10326 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10326 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso di NOMECOGNOME nata a Pontecagnano Faiano il 28/01/1982, avverso l’ordinanza in data 24/06/2024 del Tribunale di Salerno, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; letta per la ricorrente la memoria dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 24 giugno 2024 il Tribunale del riesame di Salerno ha rigettato l’appello proposto dalla ricorrente avverso l’ordinanza in data 10 maggio 2024 con cui il G.i.p. del Tribunale di Salerno aveva rigettato l’istanza di revoca del sequestro preventivo della somma di euro 18.970,16 giacente sul conto cointestato con il marito, NOME COGNOME indagato per il reato dell’art. 5 d.lgs. n 74 del 2000 in concorso con NOME COGNOME, amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE indagato a sua volta per plurime violazioni fiscali (si veda sentenza di questa Sezione n. 34407 del 23/05/2024, non massimata, che ha
· GLYPH rigettato il ricorso di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame che gli aveva applicato la misura degli arresti domiciliari).
2. La ricorrente, terza interessata, lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione perché il conto corrente su cui giacevano le somme sequestrate era stato alimentato dal suo stipendio, dalla Naspi e dall’assegno unico erogato dall’INPS. Eccepisce l’impignorabilità delle somme.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Le somme di denaro sul conto cointestato all’indagato sono state legittimamente apprese con il sequestro preventivo perché nella titolarità e disponibilità di questi. Il Tribunale del riesame ha correttamente affermato che la natura fungibile del denaro impedisce, una volta che sia confluito sul conto cointestato e che quindi sia stato acquisito nella proprietà e nella disponibilità dell’indagato, di individuare la parte riconducibile a questi e la parte di spettanza della moglie quale risparmio di spesa. Ed anzi è stata proprio la moglie a condividere e a mettere a disposizione del marito le somme spettanti a lei personalmente.
Le Sezioni Unite hanno precisato con sentenza n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037 – 01, citata dal Tribunale del riesame, che la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione. Nel caso in esame, tale prova è stata ritenuta del tutto insufficiente perché la ricorrente non ha prodotto documentazione relativa alle spese del nucleo familiare, al tenore di vita e alle generali condizioni economiche. Peraltro, nella prospettiva delle Sezioni Unite del 26 settembre 2024, di cui si dispone solo dell’informazione provvisoria n. 12, quando il sequestro è stato disposto per equivalente, si prescinde dal nesso di derivazione causale, per cui non è necessario il collegamento tra il denaro e il reato.
L’ulteriore questione sollevata dalla ricorrente attiene ai limiti civilisti dell’apprensione delle somme di denaro in ragione della loro causale. E’ consolidato in giurisprudenza l’orientamento secondo cui i limiti alla pignorabilità previsti dall’art. 545 cod. proc. civ. non sono applicabili in sede penale, fermo comunque restando l’onere del giudice di verificare, sulla base delle allegazioni
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sottoposte al suo vaglio, la proporzionalità del vincolo delle somme nella disponibilità dell’indagato in funzione del quantum necessario a soddisfare le esigenze minime di vita (Sez. 3, n. 795 del 21/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282634-01; n. 14250 del 18/01/2021, COGNOME, Rv. 282020-01; n. 6537 del 14/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281585 – 02). Sotto questo profilo, come già detto, l’accertamento del Tribunale del riesame è immune da censure stante il difetto di allegazione e di prova da parte della ricorrente.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende Così deciso, il 20 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente