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Sequestro conservativo: motivazione apparente annullata

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro conservativo in un caso di presunta bancarotta fraudolenta. La decisione è stata motivata dalla totale carenza di motivazione del provvedimento impugnato, che non ha spiegato in modo concreto e specifico le ragioni a sostegno dei due presupposti fondamentali della misura: il ‘fumus boni iuris’ (la parvenza del buon diritto) e il ‘periculum in mora’ (il pericolo nel ritardo). La Corte ha sottolineato che non è sufficiente un generico rinvio agli atti di indagine per giustificare una misura così incisiva sul patrimonio dell’indagato, ma è necessaria una valutazione effettiva e puntuale degli elementi a carico e del rischio di dispersione delle garanzie patrimoniali. Il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro conservativo: quando la motivazione è solo apparente

Il sequestro conservativo è uno strumento potente nelle mani della giustizia, finalizzato a garantire che i beni di un imputato non vengano dispersi prima della conclusione di un processo. Tuttavia, proprio per la sua incisività, la sua applicazione richiede un rigore assoluto da parte del giudice. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 1521/2024) ribadisce un principio fondamentale: una motivazione generica o superficiale non basta a giustificare il vincolo sui beni di una persona. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’indagine per bancarotta distrattiva. Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero sottratto ingenti risorse da una società, poi fallita, attraverso un’operazione immobiliare simulata. Nello specifico, si contestava il pagamento di una caparra confirmatoria di 700.000 euro per un preliminare di vendita di un bene del valore di 800.000 euro, operazione ritenuta fittizia e finalizzata a distrarre fondi.

Su richiesta della parte civile (la curatela fallimentare), il Giudice per le indagini preliminari disponeva un sequestro conservativo sui beni degli indagati. Il provvedimento veniva confermato anche dal Tribunale del Riesame. Gli indagati, tuttavia, presentavano ricorso in Cassazione, lamentando che il Tribunale non avesse adeguatamente valutato i presupposti della misura cautelare.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale del Riesame e rinviando gli atti per un nuovo giudizio. Il motivo? La motivazione del provvedimento impugnato è stata giudicata ‘solo apparente’, ovvero formalmente esistente ma sostanzialmente vuota, incapace di dar conto delle ragioni concrete che hanno portato a confermare una misura così grave.

Le Motivazioni: la carenza del sequestro conservativo

La Cassazione ha bacchettato il Tribunale del Riesame su entrambi i pilastri che devono sorreggere un sequestro conservativo: il fumus boni iuris e il periculum in mora.

L’analisi del ‘Fumus Boni Iuris’

Il fumus boni iuris rappresenta la verosimiglianza delle accuse. La Corte ha chiarito che, specialmente in una fase in cui non è stato ancora emesso un decreto di rinvio a giudizio, il giudice non può limitarsi a un generico richiamo agli atti d’indagine, come la relazione del curatore fallimentare. È invece necessario che la motivazione espliciti quali specifici elementi concreti, emersi da quegli atti, facciano ritenere probabile la fondatezza dell’accusa.

Nel caso di specie, il Tribunale si era limitato a menzionare la ‘natura fraudolenta’ dell’operazione senza spiegare da quali fatti o prove emergesse tale conclusione. Questo approccio apodittico, secondo la Cassazione, non è sufficiente a sostenere il fumus.

L’analisi del ‘Periculum in Mora’

Ancora più netta è stata la censura sull’altro presupposto, il periculum in mora, ovvero il pericolo concreto che l’imputato possa disperdere il proprio patrimonio per sottrarsi alle obbligazioni risarcitorie.

La Corte ha ribadito che questo rischio non può essere presunto automaticamente dalla sola natura del reato contestato. Non basta dire ‘è accusato di bancarotta, quindi probabilmente dissiperà i suoi beni’. Il giudice deve invece:

1. Determinare il ‘quantum’: Stimare, anche in via approssimativa, l’ammontare del credito risarcitorio da garantire.
2. Valutare il rischio concreto: Basarsi su dati oggettivi per dimostrare il pericolo effettivo che le garanzie patrimoniali possano venire meno.

Il Tribunale, invece, aveva applicato una sorta di automatismo basato sull’imputazione, senza considerare né l’entità del danno da garantire né elementi specifici che indicassero un reale intento degli indagati di spogliarsi dei propri beni.

Conclusioni

Questa sentenza è un monito importante per l’autorità giudiziaria. Il sequestro conservativo non è un atto dovuto che consegue automaticamente a un’ipotesi di reato, ma una misura eccezionale che richiede una motivazione reale, concreta e puntuale. Il giudice ha il dovere di condurre un’analisi approfondita degli elementi a disposizione, spiegando chiaramente perché ritiene fondata l’accusa (fumus) e perché esiste un pericolo attuale di dispersione del patrimonio (periculum). Un rinvio generico agli atti o una motivazione stereotipata non soddisfano i requisiti di legge e ledono le garanzie difensive, come giustamente sanzionato in questo caso dalla Corte di Cassazione.

Quali sono i due presupposti indispensabili per disporre un sequestro conservativo?
Secondo la sentenza, i due presupposti che devono sussistere entrambi sono il ‘fumus boni iuris’, ossia la ragionevole probabilità che l’accusa sia fondata, e il ‘periculum in mora’, cioè il concreto e attuale pericolo che l’imputato disperda il proprio patrimonio, rendendo impossibile il futuro risarcimento del danno.

Perché la motivazione del Tribunale è stata definita ‘apparente’?
La motivazione è stata definita ‘apparente’ perché, pur essendo formalmente presente, non spiegava concretamente le ragioni della decisione. Si limitava a richiamare genericamente gli atti di indagine senza indicare quali specifici elementi provassero la fondatezza dell’accusa e il pericolo di dispersione dei beni, rendendo impossibile comprendere l’iter logico-giuridico seguito.

È sufficiente la sola imputazione per un reato patrimoniale per giustificare un sequestro conservativo?
No, la sentenza chiarisce che non esiste un automatismo. La sola imputazione, anche per un reato grave come la bancarotta fraudolenta, non è di per sé sufficiente. Il giudice deve valutare in concreto il rischio di dispersione del patrimonio e determinare, almeno in via approssimativa, l’ammontare del credito da garantire.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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