Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1521 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1521 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a ALESSANDRIA il 08/09/1964
NOME COGNOME nato a ALBISOLA SUPERIORE il 13/08/1964
avverso l’ordinanza del 05/05/2023 del TRIB. RIESAME di ALESSANDRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
letta la memoria del Curatore del RAGIONE_SOCIALE che, con l’avv. NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria con la quale il difensore dei ricorrenti, avv. NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
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RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Alessandria, Sezione Riesame, ha rigettato l’istanza proposta dai ricorrenti contro l’ordinanza di sequestro conservativo emessa dal GUP del medesimo Tribunale in data 15 marzo 2023, con la quale, su richiesta della parte civile, era stato confermato e integrato il sequestro conservativo già disposto dal medesimo giudice con provvedimento del 24 ottobre 2022, in relazione ad una ipotesi di bancarotta distrattiva realizzata mediante la corresponsione dell’importo di Euro 700.000,00 a titolo di caparra confirmatoria al momento della stipula di un contratto preliminare di vendita, di un bene del valore di Euro 800.000,00, da ritenersi simulato.
Avverso il richiamato provvedimento del Tribunale del Riesame, il COGNOME e l’COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia avv. NOME COGNOME affidandosi a due complessi motivi di impugnazione, articolati al proprio interno in distinte censure, e di seguito riportati entro i li previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo articolato motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in punto di vaglio del fumus boni íuris, un’erronea applicazione della normativa civilistica di riferimento.
A riguardo, evidenziano, innanzi tutto, che l’ipotizzata simulazione, posta a fondamento della prospettazione accusatoria, del contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato dalla società fallita (ossia dalla parte civile) con la società RAGIONE_SOCIALE doveva ritenersi smentita dalla sentenza del Tribunale di Alessandria del 28 novembre 2022, n. 1033, passata in giudicato, che, pur non essendosi pronunciata sulla domanda riconvenzionale della RAGIONE_SOCIALE di accertamento della simulazione a seguito del fallimento della stessa aveva accolto la domanda di risoluzione del medesimo contratto proposta dalla RAGIONE_SOCIALE così implicitamente riconoscendo la validità del contratto in questione.
Inoltre, neppure, a differenza di quanto ritenuto dall’ordinanza impugnata, avrebbe potuto considerarsi mera motivazione ad abundantiam l’affermazione contenuta in tale decisione nel senso che la simulazione non era stata dimostrata stante le limitazioni previste dalla normativa sulle prove in materia civile.
Rilevano altresì i ricorrenti che erroneamente non era stato considerato che anche la Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Alessandria aveva sospeso l’efficacia di tre avvisi di accertamento emessi quanto alla qualificazione della caparra confirmatoria versata nella vicenda ai fini della determinazione dell’imposta di registro.
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Sul versante del periculum in mora, nell’ambito dello stesso motivo, la ricorrente COGNOME sottolinea, infine, che sarebbero state violate dal provvedimento impugnato le norme civilistiche sulla compensazione dei crediti, poiché ella vantava nei confronti della società fallita un credito certo, liquido ed esigibile, fondato su documentazione scritta, per il considerevole importo di euro 650.000,00.
2.2. Con il secondo, articolato motivo, gli imputati denunciano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., erronea applicazione della legge penale per vizio di motivazione in relazione ad entrambi i presupposti del sequestro.
Contestano in particolare la carente motivazione del provvedimento impugnato sia in ordine alla valutazione della già richiamata sentenza del Tribunale di Alessandria che agli esiti del procedimento arbitrale promosso dalla medesima fallita nei confronti di NOME COGNOME, conclusosi con un lodo, emesso in data 19 aprile 2022, di condanna di quest’ultimo a versare alla stessa l’importo di euro 370.000,00 in quanto considerato responsabile – come del resto evidenziato finanche negli scritti conclusivi dalla difesa della fallita – de medesima vicenda che vede coinvolti gli stessi.
Il vizio di motivazione è dedotto, inoltre, quanto alla ritenuta irrilevanza delle ordinanze pronunciate dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Alessandria per la ragione che le stesse afferirebbero solo ad un vaglio sul periculum e che non vi sarebbe interdipendenza tra eventuali reati fiscali e fallimentari, atteso che nei giudizi pendenti dinanzi alla predetta Corte si controverte proprio sulla possibilità di considerare, o no, ai fini fiscali caparr confirmatoria quella versata dalla fallita alla società RAGIONE_SOCIALE
Difetterebbe inoltre una ragionevole motivazione in ordine al significato da ascrivere, quanto alla sussistenza del periculum in mora, alla transazione intercorsa tra la fallita e il COGNOME, che aveva versato la somma di euro 300.000,00, così riducendo comunque il danno subito dalla fallita per effetto dell’ipotizzata operazione delittuosa.
Il provvedimento non avrebbe inoltre motivato sulla sproporzione tra il valore degli immobili sequestrati e l’ipotetico danno, anche tenendo conto del controcredito vantato dalla COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere accolto perché il provvedimento impugnato è corredato da una motivazione solo apparente sulla sussistenza dei presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora che devono connotare la misura cautelare del sequestro conservativo.
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2).
A riguardo, è opportuno ricordare che il primo comma dell’art. 316 cod. proc. pen. stabilisce, infatti, che «Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo di merito, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell’imputato o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento».
Il comma successivo precisa che le medesime condizioni devono ricorrere affinché venga emesso, come avvenuto nella fattispecie in esame, il sequestro conservativo su istanza della parte civile se «vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato».
Il sequestro conservativo è pertanto disciplinato in maniera unitaria dal codice, nonostante l’art. 316 cod. proc. pen., in realtà, preveda due distinte ipotesi della cautela reale: al comma 1, è regolato il sequestro, richiesto dal p.m., per ragioni pubblicistiche, partitamente indicate nella pena pecuniaria, nelle spese del procedimento e, infine, in ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato, mentre il comma 2, si occupa della cautela conservativa richiesta – come nella fattispecie in esame – dalla parte civile, a tutela dell’adempimento delle obbligazioni restitutorie e risarcitorie connesse all’esercizio dell’azione civile n processo penale.
Dai richiamati dati normativi si evince che, in entrambi i casi, ai fin dell’emanazione del sequestro conservativo i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora devono sussistere entrambi e si pongono in termini di reciproca interrelazione.
1.1. Con precipuo riguardo al fumus boni iuris, questa Corte ha puntualizzato la portata delle richiamate previsioni normative chiarendo, da tempo, che, in tema di sequestro conservativo, l’accertamento giudiziale del fumus boni iuris deve essere effettuato in concreto, avendo riguardo non alla sola pendenza del procedimento penale e alla sussistenza della imputazione, e, quindi, all’astratta configurabilità del diritto di credito del richiedente, ma anch a tutti gli altri elementi già acquisiti, al momento della pronuncia della misura cautelare reale (Sez. 4, n. 707 del 17/05/1994, Corti, Rv. 198681-01).
Orbene, innanzi tutto, la decisione del Tribunale del Riesame non motiva se non in maniera apparente sulla ricorrenza del fumus boni iuris, e ciò sebbene non sia stato ancora emesso, nella vicenda in esame, il decreto di rinvio a giudizio a carico dei ricorrenti, sicché la prospettazione accusatoria rappresentata nei capi di imputazione non è stata ancora valutata dall’autorità giudiziaria.
In questa situazione, ossia in sede di riesame di un provvedimento che dispone il sequestro conservativo, la questione del fumus deve essere oggetto di valutazione quando vi sia la sola richiesta di rinvio a giudizio, poiché quest’ultima
è atto della pubblica accusa (Sez. 5, n. 51147 del 02/10/2014, COGNOME, Rv. 261906 – 01), mentre la ratio della preclusione al relativo vaglio quando sia stato emesso il decreto di rinvio a giudizio, è collegata al fatto che in det ipotesi vi è stata una valutazione del giudice sulla idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti per sostenere l’accusa in giudizio (cfr. Sez. 5, n. 50521 del 20/09/2018, COGNOME, Rv. 275227 – 01).
La motivazione deve essere in definitiva modulata sulle ragioni del fumus boni iuris in consonanza allo stato, al grado ed agli sviluppi del processo di merito, tenendo ferma, in ogni caso, la necessità che quella si ricolleghi concretamente agli elementi già acquisiti al momento della pronuncia.
Tuttavia, nella fattispecie in esame, pur non essendo stato emanato il decreto di rinvio a giudizio, il provvedimento impugnato si è limitato a esaminare partitamente le censure che avevano formulato i ricorrenti in sede di riesame senza chiarire in forza di quali elementi concreti ha ritenuto sussistente, sebbene al livello di mera apparenza che caratterizza il fumus boni iuris, la prospettazione accusatoria a carico degli stessi.
Solo apodittico risulta invero il richiamo operato dal Tribunale alle risultanze della Relazione ex art. 33 Lfall. e delle successive integrazioni dalle qual risulterebbero la complessiva natura fraudolenta e dunque illecita dell’operazione contrattuale posta in essere e gli effettivi ruoli svolti dagli imputati, poic collegio non esplicita in alcun modo quali sono i concreti elementi emergenti dalla predetta documentazione che consentono di pervenire, anche solo in via provvisoria, a detta conclusione.
In sostanza, dalla lettura del provvedimento impugnato non è dato comprendere – se non attraverso la lettura del relativo capo di imputazione quale sia l’operazione contrattuale contestata né, soprattutto, il ruolo rivesti dalla ricorrente COGNOME la quale ha subito la misura cautelare con il sequestro dei propri beni immobili e non rivestiva alcun incarico formale nelle società coinvolte.
1.2. L’assoluta carenza di motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame investe anche la valutazione del periculum in mora che, nel caso del sequestro conservativo di cui all’art. 316, comma 2, cod. proc. pen., è volto a prevenire condotte del debitore (imputato o responsabile civile) idonee a vanificare la responsabilità patrimoniale c.d. generale dello stesso sancita dall’art. 2740 cod. civ.
E’ stato infatti chiarito, con un principio che il collegio intende ribadire, c in tema di sequestro conservativo disposto nell’ambito di un procedimento per bancarotta fraudolenta, l’apprezzamento del periculum in mora va correlato al rischio che, all’esito del processo, la garanzia del credito nei confront dell’imputato non possa trovare soddisfazione con il suo patrimonio, sicché è
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necessario che il provvedimento determini, almeno in termini approssimativi, “quantum” del credito risarcitorio da garantire, sulla base di dati ogg (Sez. 5, n. 8445 del 01/02/2019, COGNOME, Rv. 276123 – 01).
Nella fattispecie in esame, di contro, sia il provvedimento genetico quello impugnato, hanno valutato il periculum in mora, anche rispetto alla determinazione del quantum, sulla base di una sorta di automatismo imperniato sull’imputazione, senza neppure considerare, peraltro, che i ricorrenti chiamati a rispondere non solo di bancarotta fraudolenta ma anche del rea fiscale correlato all’ipotizzata simulazione della compravendita immobiliare.
Pertanto il provvedimento impugnato deve essere annullato, con rinvi per nuovo giudizio al Tribunale di Alessandria.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Alessandria.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 novembre 2023
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente