Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23405 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23405 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore sul ricorso proposto da avverso l’ordinanza del 19/09/2023 del Tribunale di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 19 settembre 2023 e depositata il 17 ottobre 2023, il Tribunale di Roma, pronunciando in materia di misure cautelari reali, ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di “RAGIONE_SOCIALE“, terza interessata, avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Roma, che aveva respinto l’istanza di dissequestro del denaro giacente sul conto corrente intestato alla stessa, e sottoposto a vincolo a fini di confisca.
Il sequestro è stato disposto con riferimento al reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000, ipotizzato a carico di NOME COGNOME per l’anno 2014. Precisamente, nei confronti di NOME COGNOME è stato ordinato il sequestro preventivo a fini di confisca sino al valore di 638.021,00 euro; nell’esecuzione della misura, tra l’altro, è stato sottoposto a vincolo il conto corrente intestato a “RAGIONE_SOCIALE“, di cui COGNOME era legale rappresentante, acceso presso “Unicredit s.p.a.”, ed avente un saldo attivo pari a 197.851,15 euro.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME, nella qualità di legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando un motivo preceduto da una premessa sulla complessiva evoluzione del procedimento cautelare.
Con il motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e 321, comma 2, cod. proc. pen., avendo riguardo al ritenuto collegamento tra l’indagato NOME COGNOME e il patrimonio della società “RAGIONE_SOCIALE“, e, di conseguenza, alla legittimità del sequestro sui beni di detta impresa.
Si deduce, in primo luogo, che illegittimamente il Tribunale ha ritenuto l’indagato nella disponibilità della società “RAGIONE_SOCIALE“.
Si premette che la questione dell’assenza di collegamenti tra l’indagato NOME COGNOME e il patrimonio della società “RAGIONE_SOCIALE” era già stata posta nell’istanza di dissequestro e nel successivo atto di appello. Si precisa che: a) nell’istanza di dissequestro, si era rilevato che, nel provvedimento di sequestro, la società “RAGIONE_SOCIALE” non era stata nemmeno indicata come società schermo dell’indagato, e, quindi, non poteva essere destinataria degli effetti della misura cautelare; b) nell’atto di appello successivo al rigetto dell’istanza di dissequestro, si era rilevato che il G.i.p. non si era in alcu modo pronunciato sulla censura concernente l’assenza di indicazioni circa la riferibilità della società “RAGIONE_SOCIALE” a NOME COGNOME.
Si osserva che: a) le affermazioni secondo cui NOME COGNOME sarebbe l’amministratore della società “RAGIONE_SOCIALE” o comunque persona delegata ad operare sul conto di cui si chiede il dissequestro non sono supportate da alcuna concreta allegazione; b) la società “RAGIONE_SOCIALE” ed il suo amministratore sono soggetti del tutto estranei al reato e non è spiegato come possano averne tratto un profitto; c) non è onere del terzo intestatario del bene dimostrare di esserne l’effettivo titolare, in quanto è il pubblico ministero a dover dimostrare l’esistenza di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del cespite (si cita Sez. 3, n. 29583 del 2020).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate.
Ai fini dell’esame delle censure formulate nel ricorso, è utile indicare i principi giuridici applicabili.
In primo luogo, secondo un principio AVV_NOTAIO dell’ordinamento, desumibile in particolare dagli artt. 121 e 125, comma 3, cod. proc. pen., oltre che dall’art. 111 Cost., il giudice ha l’obbligo di rispondere motivatamente alle richieste ritualmente presentate dalle parti. E il rispetto di questo obbligo, nel caso di richiesta di revoca di misure cautelari reali, è sindacabile mediante l’appello di cui all’art. 322-bis cod. proc. pen., previsto come AVV_NOTAIO rimedio di impugnazione avverso tutte le ordinanze in materia di sequestro preventivo.
In secondo luogo, come espressamente enunciato dalle Sezioni Unite, la mancata tempestiva proposizione, da parte dell’interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non ne preclude la revoca per la mancanza delle condizioni di applicabilità, neanche in assenza di fatti sopravvenuti, e che, di conseguenza, è ammissibile l’appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca, non potendosi attribuire alla mancata attivazione del riesame la valenza di una rinuncia all’impugnazione (Sez. U, n. 46201 del 21/05/2018, E., Rv. 274092-01).
In terzo luogo, le questioni concernenti la effettiva disponibilità del bene sottoposto a sequestro, proposta dal terzo intestatario, attengono ad un presupposto indispensabile per l’adozione della misura cautelare, ed in relazione al quale grava un preciso onere di motivazione a carico del giudice. Invero, in giurisprudenza è costante l’affermazione secondo cui, in caso di sequestro preventivo per equivalente avente ad oggetto beni formalmente intestati a persona estranea al reato, incombe sul giudice una pregnante valutazione sulla disponibilità effettiva degli stessi, non essendo sufficiente a tal fine nemmeno la dimostrazione della mancanza, in capo al terzo intestatario, delle risorse finanziarie necessarie per acquisire il possesso dei cespiti, ed è perciò necessaria la prova, con onere a carico del pubblico ministero, della riferibilità concreta degli stessi all’indagato (cfr. per tutte, Sez. 3, n. 35771 del 20/01/2017, COGNOME, Rv. 270798-01, e Sez. 3, n. 14605 del 24/03/2015, COGNOME, Rv. 263118-01). Inoltre, con riguardo al contenuto dell’onere della prova, in una vicenda analoga a quella oggetto del presente ricorso, si è precisato che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, disposto in relazione a reato tributario ascritto al legale rappresentante di un ente risultato
estraneo all’illecito, può essere eseguito sul conto corrente dell’ente solo a condizione che sussistano specifici elementi da cui desumere, con giudizio di ragionevole probabilità, che l’indagato, in virtù della delega ad operare su di esso, abbia esercitato autonomamente e incondizionatamente le facoltà del proprietario delle somme, disponendone anche per finalità estranee all’attività di gestione dell’ente (Sez. 3, n. 46252 del 18/10/2022, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 283824-01).
Nella specie, l’attuale ricorrente, la società “RAGIONE_SOCIALE“, quale terza intestataria, ha presentato istanza di revoca del sequestro preventivo a fini di confisca dei conti correnti ad essa intestati, evidenziando che gli stessi erano stati sottoposti a vincolo in assenza di qualunque indicazione nel provvedimento genetico in ordine ad eventuali legami con l’indagato destinatario della misura.
Il G.i.p., nel provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca indicata, si è limitato ad osservare che l’imputato non può scegliere i beni sui quali grava il vincolo cautelare ed il giudice dell’esecuzione è dotato di discrezionalità nell’individuazione dei beni con il limite di dover preferire il denaro.
Nell’atto di appello, la società “RAGIONE_SOCIALE” ha specificamente censurato l’omessa motivazione del provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca in ordine alle deduzioni concernenti la sua estraneità rispetto all’indagato NOME COGNOME, diretto destinatario della misura cautelare reale. In particolare, la società appellante ha ribadito, che, nel provvedimento di vincolo, «per la RAGIONE_SOCIALE, non v’è alcuna menzione circa supposti collegamenti con il soggetto nei confronti del quale è stato emesso il sequestro».
Il Tribunale, decidendo sull’appello, ha affermato: «Si osserva infine quanto alla dedotta assenza di collegamenti tra il COGNOME NOME e la società RAGIONE_SOCIALE come l’argomento venisse solo incidentalmente esposto nell’istanza rigettata e non adeguatamente documentato dell’impugnazione incidentale, motivo per cui non risulta allo stato documentata l’asserita mancanza di collegamenti (e dunque di riferibilità di quanto in sequestro con le condotte contestate al COGNOME nell’ambito del presente procedimento), in assenza di qualunque potere istruttorio esercitabile in questa sede».
Ciò posto, occorre rilevare, innanzitutto, che l’attuale ricorrente, nell’istanza di revoca del sequestro, aveva posto in modo specifico la questione della non riferibilità all’indagato dei beni sottoposti a vincolo.
Invero, la società “RAGIONE_SOCIALE“, nell’istanza di revoca, aveva dedotto l’assenza di elementitoilegamento tra i conti correnti ad essa intestati e sottoposti a sequestro e l’indagato nei cui confronti era stato emesso il provvedimento /
4,
cautelare, in particolare sottolineando che questo titolo non contiene alcuna indicazione in proposito, sebbene necessaria per affermare che i precisati beni fossero nella disponibilità dell’indagato.
Di conseguenza, il Giudice chiamato a decidere sull’istanza di revoca aveva l’onere di fornire una risposta sul punto, e, quindi, legittimamente la questione è stata riproposta al Tribunale con appello presentato ex art. 322-bis cod. proc. pen.
Va poi evidenziato che il Tribunale adito ex art. 322-bis cod. proc. pen. non solo era tenuto a rispondere, ma non poteva respingere l’impugnazione affermando che «non risulta allo stato documentata l’asserita mancanza di collegamenti (e dunque di riferibilità di quanto in sequestro con le condotte contestate al COGNOME nell’ambito del presente procedimento)».
Secondo i principi richiamati in precedenza al § 2, infatti, nel caso di sequestro preventivo avente ad oggetto beni formalmente intestati a persona estranea al reato, incombe sul giudice una pregnante valutazione sulla disponibilità effettiva degli stessi da parte del destinatario della misura cautelare, con onere della prova a carico del pubblico ministero, e che il vincolo sul conto corrente di un ente estraneo all’illecito può essere eseguito solo a condizione che sussistano specifici elementi da cui desumere, con giudizio di ragionevole probabilità, che l’indagato, in virtù della delega ad operare su di esso, abbia esercitato autonomamente e incondizionatamente le facoltà del proprietario delle somme, disponendone anche per finalità estranee all’attività di gestione dell’ente.
Ora, la società “RAGIONE_SOCIALE“, titolare del conto corrente di cui si chiede lo svincolo, ha dedotto l’assenza di qualunque indicazione nel decreto di sequestro dei rapporti tra essa e l’indagato nei cui confronti è stata disposta la misura reale. A fronte di questa precisa deduzione, il Tribunale, per giustificare il rigetto dell’appello, avrebbe dovuto innanzitutto verificare se effettivamente il decreto di sequestro fosse privo di indicazioni in ordine ai collegamenti tra la terza interessata e l’indagato destinatario della misura, e, poi, in caso affermativo, se in atti vi fossero elementi da cui desumere l’effettiva disponibilità, da parte di quest’ultimo, del conto corrente intestato alla società.
In considerazione di quanto precedentemente indicato, l’ordinanza impugnata deve essere annullata per nuovo giudizio.
Il Giudice del rinvio esaminerà l’appello valutando, in particolare, se il sequestro del conto corrente di cui si chiede lo svincolo è stato disposto nel provvedimento genetico senza alcuna indicazione in ordine ai collegamenti tra la società che ne è titolare e l’indagato destinatario della misura, e, in caso di risposta
affermativa a tale quesito, se sono presenti in atti elementi da cui desumere l’effettiva disponibilità, da parte dell’indagato, del precisato conto bancario.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso il 14/03/2024