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Sequestro beni aziendali: l’interesse dell’indagato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore, indagato per reati ambientali, contro il sequestro di beni aziendali. La Corte ha stabilito che l’interesse a impugnare il sequestro non appartiene all’indagato in quanto persona fisica, ma alla società che detiene legalmente i beni. Il ricorso è stato respinto per carenza di interesse, sottolineando la distinzione tra la posizione processuale dell’individuo e quella dell’ente giuridico.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro beni aziendali: l’interesse ad agire dell’indagato non coincide con quello della società

In materia di misure cautelari reali, la distinzione tra la posizione dell’indagato e quella della persona giuridica che rappresenta è fondamentale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 692/2024) ha ribadito un principio cruciale: in caso di sequestro beni aziendali, l’interesse a proporre impugnazione appartiene all’ente che ha la detenzione del bene, non all’amministratore indagato a titolo personale. Analizziamo questa importante decisione.

Il Fatto: Il sequestro preventivo e il ricorso

Il caso trae origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari. Il provvedimento aveva ad oggetto alcune aree, scoperte e coperte, di un complesso industriale utilizzato da una società specializzata nel recupero e riciclaggio di rottami metallici. Le ipotesi di reato contestate al legale rappresentante della società erano la gestione illecita di rifiuti (art. 256, d.lgs. 152/2006) e violazioni edilizie (art. 44, d.P.R. 380/2001).

Contro l’ordinanza del Tribunale della libertà, che confermava il sequestro, il legale rappresentante proponeva ricorso per Cassazione in proprio, in qualità di indagato, e non in nome e per conto della società. Le sue doglianze si concentravano sull’errata applicazione della legge penale e sul vizio di motivazione, sostenendo che il sequestro fosse sproporzionato e mancasse il fumus boni iuris.

La questione giuridica: chi può impugnare il sequestro dei beni aziendali?

Il fulcro della questione non riguarda il merito delle accuse, ma un aspetto puramente procedurale: l’indagato, in quanto persona fisica, ha un interesse giuridicamente tutelato a impugnare il sequestro di beni aziendali che sono nella disponibilità della società da lui rappresentata? La Corte di Cassazione ha risposto negativamente, basando la sua decisione sul concetto di “carenza di interesse”.

La decisione della Corte sul sequestro dei beni aziendali

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione è netta: il ricorso è stato presentato dall’indagato in proprio e non quale legale rappresentante della società. I beni sequestrati, tuttavia, erano stati concessi in locazione alla società. Di conseguenza, l’unico soggetto titolare di un interesse concreto e attuale alla restituzione dei beni era la società stessa, in qualità di detentrice e utilizzatrice delle aree.

L’indagato, non essendo né proprietario né possessore dei beni, non poteva vantare un interesse diretto alla loro restituzione, effetto tipico del dissequestro. L’interesse processuale, per essere valido, deve corrispondere a un risultato utile e concreto per chi agisce, cosa che in questo caso mancava per la persona fisica.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’indagato non titolare del bene sequestrato è legittimato a chiedere il riesame solo se può vantare un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame. Tale interesse deve essere individuato nell’effettiva restituzione della cosa come conseguenza del dissequestro. Nel caso di specie, i beni erano stati dati in locazione alla società, la quale era l’unica ad averne il possesso e la detenzione. Pertanto, solo la società avrebbe avuto diritto alla restituzione delle aree in caso di accoglimento dell’istanza. L’articolo 322-bis del codice di procedura penale, infatti, riconosce il diritto alla restituzione non solo al proprietario, ma anche a chi ha il possesso o la detenzione del bene. L’amministratore, agendo a titolo personale, era privo di tale legittimazione, rendendo il suo ricorso inammissibile per carenza di interesse.

Conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione pratica: quando si contesta un provvedimento che incide su beni di una persona giuridica, è essenziale che l’impugnazione sia proposta formalmente in nome e per conto dell’ente stesso, attraverso il suo legale rappresentante. Agire a titolo personale, anche se si è indagati, espone al rischio di una declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa pronuncia rafforza la netta separazione tra il patrimonio e la posizione giuridica della società e quella delle persone fisiche che la amministrano.

Chi è legittimato a impugnare un sequestro preventivo di beni aziendali?
È legittimato il soggetto che ha un interesse concreto e attuale alla restituzione del bene. Secondo la sentenza, questo interesse appartiene a chi ha la proprietà, il possesso o la detenzione del bene, come la società che lo ha in locazione, e non alla persona fisica dell’amministratore indagato.

L’amministratore di una società, indagato personalmente, può ricorrere contro il sequestro di beni usati dalla società?
No, non può ricorrere in nome proprio. Il ricorso a titolo personale è inammissibile per carenza di interesse. Può impugnare il provvedimento solo in qualità di legale rappresentante della società, agendo quindi in nome e per conto di quest’ultima.

Qual è la conseguenza di un ricorso dichiarato inammissibile per carenza di interesse?
La conseguenza è che il giudice non esamina il merito della questione. Inoltre, colui che ha proposto il ricorso viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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