Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6789 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6789 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nata in Cina il 5/10/1986
avverso l’ordinanza del 6/6/2024 del Tribunale di Pistoia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito per la ricorrente l’avv. NOME COGNOME COGNOME che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6 giugno 2024 il Tribunale di Pistoia ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti del decreto di sequestro preventivo del 22 marzo 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, relativo a un immobile in Prato di proprietà della stessa COGNOME, disposto strumentalmente alla confisca del profitto di due contestazioni del reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 formulate nei confronti di NOME COGNOME (di cui ai capi 20 e 21 della rubrica provvisoria).
Avverso tale ordinanza la Zhou, quale terza destinataria del provvedimento di sequestro, ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore e procuratore speciale, Avvocato NOME COGNOME il quale lo ha affidato a un unico articolato motivo, con cui ha lamentato l’errata applicazione degli artt. 321 cod. proc. pen., 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e dell’art. 7 C.E.D.U., prot. 1, nonché la mancanza di motivazione in ordine alla appartenenza del bene sequestrato all’indagato, e la errata applicazione degli artt. 125 cod. proc. pen., 832 cod. civ., 42 Cost., nonché 1, 6 e 7 C.E.D.U.
Ha lamentato, anzitutto, l’apparenza della motivazione in ordine agli indizi del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui sarebbe stata affermata l’esistenza e la gravità in termini meramente possibilistici ed esclusivamente sulla base di alcuni trasferimenti di denaro non giustificati a favore di società con sede in Cina, senza, tra l’altro, neppure considerare l’estraneità della ricorrente alle condotte contestate e l’impossibilità, per la stessa, proprio per tale ragione, di dimostrare l’insussistenza di tali indizi e, con essi, di uno dei presupposti per poter disporre il sequestro.
In secondo luogo, ha sottolineato la mancata dimostrazione della discrasia tra intestazione formale a favore della ricorrente e disponibilità effettiva del bene da parte dell’indagato, costituente il presupposto del sequestro volto a evitarne la dispersione in funzione della fruttuosa esecuzione della confisca (quale profitto dei reati ex art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 contestati all’indagato), disponibilità effettiva che era stata desunta dalle dichiarazioni, non concordanti, di alcuni dei soggetti incaricati dei lavori di ristrutturazione dell’immobile in sequestro, che avrebbero indicato l’indagato NOME come il referente per le fatturazioni e i pagamenti, applicando erroneamente le nozioni di possesso e disponibilità della cosa elaborate dalla giurisprudenza di legittimità a proposito dei criteri per accertare una “signoria di fatto” su una cosa, che era stata, tra l’altro, ricavata indebitamente dalla pretesa interposizione dell’indagato NOME nella amministrazione delle società RAGIONE_SOCIALE, Nuovo Royal e COGNOME.
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Infine, ha sottolineato che la disponibilità da parte della ricorrente delle somme necessarie per il pagamento del prezzo di acquisto della proprietà dell’immobile, e dunque della riconducibilità alla stessa della titolarità anche sostanziale del bene sequestrato, era stata debitamente dimostrata, attraverso la produzione dei documenti da cui desumere la provenienza delle somme di denaro utilizzate per corrispondere tale prezzo dai conti correnti della ricorrente, ma il Tribunale ne aveva escluso la rilevanza, sottolineando che la relativa provvista era stata costituita di volta in volta a seguito di accrediti immediatamente precedenti ai pagamenti eseguiti dalla ricorrente, senza, però, indicare gli elementi dimostrativi della provenienza di tali somme dall’indagato, in tal modo invertendo l’onere della prova e violando, di conseguenza, il diritto di proprietà, costituzionalmente garantito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Preliminarmente va precisato che il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali può essere esaminato solo in relazione al vizio di violazione di legge non essendo consentita, in tale materia, la deduzione del vizio di motivazione, per espresso dettato dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. Nondimeno, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito come nella violazione di legge siano ricompresi anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o comunque privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, con conseguente violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. (cfr., ex multis, Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 e, da ultimo, Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, NOME, Rv.254893; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).
Sempre in premessa è necessario rammentare che alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, COGNOME, Rv. 250362; Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623).
Inoltre, è opportuno ribadire che il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti in sede di impugnazione e motivatamente respinti da parte del
giudice del gravame deve ritenersi inammissibile, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, solo apparentemente, denunciano un errore logico o giuridico determinato (in termini v. Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altro, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708).
3. Nel caso in esame il Tribunale di Pistoia, nel disattendere la richiesta di riesame presentata dalla ricorrente, dato atto dei limiti posti, in sede cautelare, al sindacato sulla fondatezza dell’accusa, da ritenere limitato al controllo dell’esistenza di elementi che permettano di non escludere con immediata evidenza la sussistenza del reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, ha sottolineato gli elementi sintomatici del potere di fatto esercitato dall’indagato NOME COGNOME nella gestione delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (elementi costituiti dalle dichiarazioni dei commercialisti COGNOME e COGNOME, riscontrate dal contenuto dei messaggi scambiati con la COGNOME e delle telefonate intercettate, oltre che dal contenuto di alcune fatture della RAGIONE_SOCIALE).
Il Tribunale ha, poi, indicato anche gli elementi indiziari dimostrativi delle sottrazioni fraudolente contestate all’indagato medesimo, costituiti dalla effettuazione di trasferimenti di denaro verso la Cina privi di giustificazione economica (anche alla luce della genericità delle causali indicate in ordine a essi), effettuati per lo più in favore di soggetti con i quali le due società non avevano avuto, secondo quanto risultante dalla loro contabilità, rapporti commerciali, e in relazione alle quali lo stesso indagato aveva ammesso la mancata consegna delle merci oggetto delle transazioni.
Ora, pur prescindendo dall’inammissibilità dei rilievi sollevati dalla ricorrente, quale terza estranea ai reati in relazione ai quali è stato disposto il sequestro dei beni intestati alla ricorrente medesima, in quanto il terzo che, come la ricorrente, affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l’inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all’indagato, senza poter contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare (Sez. 2, n. 41861 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287165 – 01; Sez. 3, n. 23713 del 23/04/2024, COGNOME, Rv. 286439 – 01; Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, Pica, Rv. 276700 – 01), le censure della ricorrente risultano comunque generiche, in quanto riproduttive dei motivi di riesame, e, soprattutto, volte a sindacare la motivazione dell’ordinanza impugnata, che non è mancante né apparente, sul piano della sua adeguatezza e logicità.
Il Tribunale, infatti, come evidenziato, ha indicato gli elementi indiziari dai quali è stato ricavato il carattere distrattivo dei trasferimenti di denaro disposti dall’indagato a favore di soggetti con sede in Cina, elementi che, sia pure a livello indiziario, consentono di non escludere con immediata evidenza la sussistenza del reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, e la ricorrente censura proprio la adeguatezza, la sufficienza e la logicità di tali considerazioni, che costituiscono, però, giustificazione non certamente apparente della affermazione della configurabilità di indizi dei reati di sottrazione fraudolenta contestati all’indagato, con la conseguenza che le censure sollevate sul punto dalla ricorrente debbono, alla stregua dei principi ricordati, ritenersi non consentite in questa sede di legittimità, per essere volte a sindacare l’adeguatezza (e non la mancanza o l’apparenza) della motivazione dell’ordinanza impugnata.
4. Quanto alla fittizietà della intestazione alla ricorrente dell’immobile in Prato, INDIRIZZO ritenuto, contrariamente alla sua apparente e formale intestazione in capo alla ricorrente, nella disponibilità dell’indagato, che è il compagno convivente della ricorrente medesima, con la conseguente legittimità del suo sequestro a fine di confisca, il Tribunale ha, anzitutto, sottolineato quanto dichiarato dai soggetti che a vario titolo si occuparono dei lavori di ristrutturazione di tale immobile (COGNOME, COGNOME e COGNOME), i quali hanno tutti riferito di essere stati incaricati di eseguire tali lavori dall’indagato, che era il loro referente per l fatturazioni e i pagamenti, e di aver conosciuto la ricorrente solamente in occasione della sottoscrizione di atti formali, avendo concordato ogni decisione relativa a tali lavori con l’indagato. Il Tribunale, poi, ha anche esaminato i documenti bancari prodotti dalla ricorrente, a sostegno dell’affermazione del pagamento con risorse proprie del prezzo di acquisto di tale immobile, evidenziando però che le somme via via utilizzate dalla ricorrente per provvedere al pagamento dei ratei in cui era stato suddiviso il prezzo le erano state accreditate sui suoi conti pochi giorni prima di detti pagamenti, escludendo, di conseguenza, in modo non manifestamente illogico, che la ricorrente avesse la disponibilità delle somme necessarie per pagare tale prezzo e che vi abbia provveduto con risorse proprie. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Si tratta di motivazione non certamente apparente, essendo, anche a questo proposito, stati evidenziati gli elementi indiziari ritenuti in modo non manifestamente illogico dimostrativi della riconducibilità della disponibilità di tale immobile all’indagato, che la ricorrente ha censurato, anche a questo proposito, sul piano della adeguatezza, della sufficienza e della logicità degli argomenti considerati dal Tribunale per disattendere la richiesta di riesame, dunque, nuovamente, in modo non consentito nel giudizio di legittimità relativo a misure cautelari reali.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, per essere stato affidato a censure non consentite nel giudizio di legittimità relativo a misure cautelari reali. Al rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 9/1/2025