Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13838 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13838 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Ceglie Messapica (BR) il 08/05/1991
avverso la sentenza del 19/02/2024 della Corte di appello di Lecce letti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 19 febbraio 2024, la Corte di appello di Lecce ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il delitto di evasione, riservando il deposito della motivazione.
Il 10 maggio seguente è stata depositata la sentenza, recante le generalità dell’imputato, l’imputazione a lui elevata, gli estremi della sentenza appellata e le conclusioni rassegnate dalle parti, cui seguivano, però, una motivazione ed un dispositivo coerenti tra loro ma palesemente inconferenti, poiché relativi ad un diverso imputato, tale Greco, ed a tutt’altra vicenda.
Con ordinanza del successivo 8 luglio, la Corte d’appello, ritenendo che si trattasse di un errore materiale e pronunciandosi a norma dell’art. 130, cod. proc. pen., ha disposto la correzione della propria sentenza, «inserendo, in luogo della motivazione della sentenza emessa a carico di NOME COGNOME quella corretta relativa alla sentenza emessa a carico di NOME» ed ordinando l’annotazione di tale provvedimento sull’originale della sentenza medesima.
Ricorre per Cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, denunciando l’inesistenza o, comunque, la nullità assoluta della predetta sentenza per mancanza di motivazione.
Rileva, in proposito: che l’ordinanza di correzione è stata emessa fuori dei casi previsti dall’art. 130, cit.; che ad essa non ha fatto sèguito la rituale notificazion di un formale avviso di deposito; che, per effetto di tale irrituale procedura, l’imputato ha comunque finito per avere conoscenza della decisione in prossimità della scadenza del termine per impugnarla, con conseguente pregiudizio per la sua difesa; che, soprattutto, sull’originale della sentenza – secondo quanto comunicato al difensore dalla cancelleria – sarebbe stata esclusivamente annotata l’ordinanza di correzione, senza l’allegazione della pertinente motivazione della decisione, versandosi perciò in un’ipotesi di sentenza priva di motivazione.
Ha depositato la propria requisitoria scritta la Procura generale, chiedendo di rigettare il ricorso, poiché, pur trattandosi di sentenza nulla e di vizio non emendabile con la procedura di correzione degli errori materiali, la nullità sarebbe stata sanata mediante la tempestiva proposizione dell’impugnazione avverso di essa.
4. Il ricorso è fondato.
Al di là dell’impiego, rituale o meno, da parte della Corte d’appello, della procedura di cui all’art. 130, cod. proc. pen., per l’emenda della sentenza, e prescindendo anche dagli eventuali vizi degli avvisi relativi a tale procedura incidentale, il dato decisivo è rappresentato dall’esclusiva annotazione, in calce all’originale della sentenza, dell’ordinanza di correzione e non anche della motivazione – per così dire – “giusta”, che dunque, secondo quanto si deduce in ricorso, sarebbe rimasta ignota all’imputato ed al suo difensore.
Già solo per accertare se ciò si sia effettivamente verificato, con l’indiscutibile pregiudizio che ne sarebbe derivato per il diritto di difesa dell’imputato, la sentenza impugnata avrebbe meritato di essere annullata, con rinvio al giudice d’appello perché chiarisse quanto avvenuto, dato che ciò non
emerge né dalla sentenza, né dagli atti inseriti nel fascicolo trasmesso a questa
Corte.
V’è però che, nelle more dell’impugnazione, e precisamente 1’8 dicembre
2024, è spirato il termine finale di prescrizione del reato, pari a sette anni e sei mesi dalla data di commissione dello stesso (8 giugno 2017), secondo l’indicazione
proveniente dagli stessi giudici d’appello (vds. scheda allegata agli atti).
Va perciò rilevato che, pur non avendola dedotta il ricorrente, nemmeno in sede di conclusioni, la causa di estinzione del reato, al pari di ogni altra ragione di
proscioglimento immediato di cui all’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., qualora sopravvenga al provvedimento impugnato, è rilevabile d’ufficio dalla Corte di
cassazione, non implicando la necessità di accertamenti in fatto o di valutazioni di merito, incompatibili con i limiti del giudizio di legittimità (Sez. U, n. 8413 d
20/12/2007, Cassa, Rv. 238467, proprio in tema di prescrizione).
Inoltre, la presenza di tale causa di estinzione del reato fa sì che, in sede di legittimità, non siano rilevabili eventuali nullità di ordine generale né vizi d
motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275).
La sentenza impugnata, pertanto, dev’essere annullata senza rinvio, per essersi il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2025.