Sentenza senza motivazione: quando è annullabile e non inesistente
Una sentenza deve sempre essere motivata. La motivazione è il cuore pulsante di ogni decisione giudiziaria, il percorso logico-giuridico che permette di comprendere perché un giudice ha deciso in un certo modo. Ma cosa accade se una parte della motivazione manca? La pronuncia è da considerarsi come mai emessa? Con l’ordinanza n. 19279/2024, la Corte di Cassazione torna su un tema cruciale: la differenza tra annullabilità e inesistenza di una sentenza senza motivazione, chiarendo le conseguenze processuali di tale vizio.
I Fatti: Il Caso della Sentenza Incompleta
Il caso trae origine da una condanna in primo grado per reati fallimentari. La sentenza emessa dal Tribunale, tuttavia, presentava una grave anomalia: mancavano due pagine dell’originale, proprio quelle in cui veniva spiegato il percorso argomentativo per la determinazione delle pene e degli effetti civili della condanna.
Di fronte a questa mancanza, la Corte d’Appello adita dagli imputati non poteva fare altro che constatare il vizio. Decideva quindi di annullare la sentenza di primo grado e di restituire gli atti allo stesso Tribunale, affinché procedesse a un nuovo giudizio e redigesse una pronuncia completa.
Il Ricorso in Cassazione e la questione della sentenza senza motivazione
Gli imputati, non soddisfatti dalla decisione della Corte d’Appello, proponevano ricorso in Cassazione. La loro tesi era radicale: la mancanza di una parte così importante della motivazione non rendeva la sentenza semplicemente annullabile, ma addirittura “giuridicamente inesistente”.
Secondo la loro prospettiva, questo vizio gravissimo avrebbe dovuto comportare non un semplice rinvio al giudice di primo grado, ma una regressione del processo a una fase precedente, con la trasmissione degli atti al Giudice dell’Udienza Preliminare per il rinnovo della citazione a giudizio. In pratica, chiedevano di “resettare” il processo da un punto ben più arretrato.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo “manifestamente infondato”. I giudici hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la carenza o l’omissione totale della motivazione non causa l’inesistenza della sentenza.
Il punto centrale del ragionamento risiede nella distinzione tra il “dispositivo” e la “motivazione”. Il dispositivo è la parte della sentenza letta in udienza che contiene la decisione finale (es. “condanna a X anni”). Questo atto, da solo, è un provvedimento decisorio con effetti giuridici propri. Se nessuno lo impugna, esso diventa definitivo (passa in giudicato).
La motivazione, invece, è la spiegazione di quella decisione. Se manca, la sentenza è viziata, ma non è un “non-atto”. È un atto imperfetto che deve essere sanato. La sanzione prevista dall’ordinamento per questo tipo di vizio è l’annullamento. Di conseguenza, il giudice che deve procedere al nuovo giudizio è correttamente quello di primo grado, che dovrà emettere una nuova sentenza, questa volta completa in ogni sua parte. Dichiarare l’inesistenza sarebbe una misura estrema, riservata a vizi talmente radicali da impedire di riconoscere nell’atto le caratteristiche minime di un provvedimento giurisdizionale.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale di procedura penale: un difetto nella redazione della sentenza senza motivazione, per quanto grave, ne determina l’annullabilità e non l’inesistenza. La conseguenza pratica è che il processo non regredisce a fasi preliminari, ma viene “corretto” attraverso la celebrazione di un nuovo giudizio di primo grado. Questa decisione assicura un equilibrio tra la necessità di garantire il diritto di difesa (attraverso la comprensione delle ragioni della decisione) e il principio di conservazione degli atti processuali, evitando che un vizio di forma, seppur rilevante, possa vanificare l’intero percorso giudiziario svolto fino a quel momento.
Una sentenza a cui manca una parte della motivazione è da considerarsi legalmente inesistente?
No, secondo la Corte di Cassazione, la carenza o l’omissione della motivazione non determina l’inesistenza giuridica della pronuncia, ma la rende semplicemente annullabile.
Cosa succede quando una sentenza viene annullata per mancanza di motivazione?
La sentenza viene annullata e gli atti vengono restituiti al giudice di primo grado, il quale deve procedere a un nuovo giudizio e redigere una nuova sentenza completa di motivazione.
Perché il dispositivo della sentenza ha un valore autonomo rispetto alla motivazione?
Perché il dispositivo, che è la parte decisionale letta in udienza, è considerato un provvedimento con effetti giuridici propri. È idoneo a diventare definitivo (passare in giudicato) se non viene impugnato, indipendentemente dalla presenza o meno della motivazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19279 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19279 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CASSINO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CASSINO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CASSINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Rilevato che COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, condannati in primo grado per il delitto di cui agli artt. 216 co.1 n.1 e 2, 219 co.1 e co.2 n.1, 223 co.1 e co.2 n.1-2 I. fall., ricorrono avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano ha annullato la decisione di primo grado del Tribunale di Milano per mancanza nell’originale della motivazione di due pagine recanti l’indicazione del percorso argomentativo seguito dal Tribunale in ordine alla determinazione delle pene inflitte agli imputati e agli effetti risarcitori del affermate responsabilità penali, con conseguente restituzione degli atti al Tribunale per l’ulteriore corso del procedimento.
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti lamentano inosservanza della legge penale e delle norme processuali in relazione agli artt. 179 e 180 cod. proc. pen. per non aver la Corte d’appello dichiarato la giuridica inesistenza della sentenza di primo grado e la conseguente trasmissione degli atti al G.u.p. presso il Tribunale di Milano per il rinnovo del decreto di citazione a giudizio, è manifestamente infondato perché in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità in materia secondo la quale in tema di requisiti della sentenza (art. 546 cod. proc. pen.), la carenza dell’apparato motivazionale o l’omissione della motivazione non determina l’inesistenza della pronuncia, in quanto il dispositivo letto in udienza è provvedimento decisorio con effetti propri, idoneo a passare in giudicato se non impugnato, di guisa che nel caso di impugnazione la sentenza deve essere annullata per mancanza di motivazione ed il giudice che deve procedere al nuovo giudizio è quello di primo grado (ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 47068 del 12/06/2018, NOME, Rv. 274330; Sez. 5, Sentenza n. 8106 del 17/12/2003, dep. 25/02/2004, COGNOME, Rv. 228745).
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibile, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spe processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.