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Sentenza di proscioglimento: limiti del GIP e ricorso

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di proscioglimento emessa da un GIP per il reato di evasione. Il giudice aveva prosciolto l’imputato, assente da casa poco dopo l’orario consentito, invece di emettere il decreto penale di condanna richiesto dal PM. La Cassazione ha ribadito che il GIP può prosciogliere solo per cause evidenti (art. 129 c.p.p.) e non per insufficienza di prove, e che tale sentenza è impugnabile solo con ricorso per cassazione.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sentenza di proscioglimento: i poteri del GIP e i mezzi di impugnazione

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sentenza n. 26570/2025) offre un importante chiarimento sui poteri del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di fronte a una richiesta di decreto penale di condanna. La Corte ha annullato una sentenza di proscioglimento, riaffermando i limiti dell’azione del GIP e le corrette modalità di impugnazione, delineando un perimetro netto tra valutazione preliminare e giudizio di merito.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un procedimento per il reato di evasione (art. 385 c.p.) a carico di un soggetto agli arresti domiciliari. Durante due controlli effettuati dalle forze dell’ordine alle 18:33 e alle 18:57, l’imputato non veniva trovato presso la sua abitazione. Il permesso di allontanarsi dal domicilio scadeva alle ore 18:00.

Il Pubblico Ministero, ritenendo provato il reato, chiedeva al GIP l’emissione di un decreto penale di condanna. Sorprendentemente, il GIP rigettava la richiesta e, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., emetteva una sentenza di non doversi procedere, assolvendo di fatto l’imputato perché “il fatto non sussiste”. La motivazione si basava sulla considerazione che il ritardo nel rientro fosse minimo e che l’allontanamento appariva compatibile con il permesso concesso.

La Sentenza di Proscioglimento e il Ricorso del PM

Il Procuratore generale ricorreva per cassazione, lamentando l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione. Secondo l’accusa, il GIP aveva erroneamente valutato le circostanze. La breve distanza temporale tra la fine del permesso e i controlli non poteva, di per sé, escludere il dolo del reato di evasione, soprattutto a fronte di ben due controlli con esito negativo. Il GIP, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto emettere il decreto penale, lasciando all’imputato la facoltà di opporsi e aprire un dibattimento per un’analisi più approfondita.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza impugnata e trasmettendo gli atti nuovamente al GIP. Le motivazioni della decisione si fondano su due pilastri procedurali di fondamentale importanza.

In primo luogo, la Corte ribadisce che il GIP, investito di una richiesta di decreto penale, può pronunciare una sentenza di proscioglimento solo nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 129 c.p.p., ovvero quando l’innocenza dell’imputato è palese ed emerge ictu oculi dagli atti (ad esempio, se il fatto non è previsto dalla legge come reato o se è evidente che l’imputato non lo ha commesso). Il GIP non può, invece, prosciogliere perché la prova appare “mancante, insufficiente o contraddittoria” (art. 530, comma 2, c.p.p.), poiché questa valutazione complessa è riservata al giudice del dibattimento, dove le parti possono esercitare pienamente il diritto alla prova.

In secondo luogo, la Corte richiama il principio consolidato dalle Sezioni Unite (sent. “Dalla Serra”, n. 43055/2010), secondo cui la sentenza di proscioglimento emessa in questa fase è impugnabile esclusivamente con ricorso per cassazione, e non con l’appello. Questo perché il giudice d’appello non potrebbe riformare la sentenza condannando l’imputato, violando la struttura del procedimento monitorio. L’annullamento da parte della Cassazione, invece, ripristina la fase iniziale, rimettendo il GIP nella condizione di decidere nuovamente sulla richiesta del PM.

Nel caso specifico, la motivazione del GIP è stata definita “generica, ai limiti dell’apparenza”, in quanto non ha fornito una giustificazione concreta e reale sulle ragioni del ritardato rientro, limitandosi a un’osservazione superficiale che non poteva giustificare un proscioglimento immediato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza la distinzione tra la fase delle indagini preliminari e quella del giudizio. Il GIP non è un giudice di merito e la sua valutazione deve limitarsi alla verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione di un rito speciale o per un proscioglimento basato sull’evidenza. La decisione di annullare la sentenza impugnata e restituire gli atti al GIP significa che il procedimento dovrà ripartire da dove si era interrotto: il giudice dovrà ora riconsiderare la richiesta del Pubblico Ministero alla luce dei principi enunciati dalla Cassazione, senza poter più entrare in una valutazione del merito probatorio che non gli compete in questa fase.

Quando un PM chiede un decreto penale, il GIP può assolvere l’imputato se le prove sembrano deboli?
No. Il GIP può emettere una sentenza di proscioglimento solo se ricorre una delle cause evidenti previste dall’art. 129 c.p.p. (es. il fatto non costituisce reato). Non può farlo basandosi su una valutazione di insufficienza o contraddittorietà della prova, poiché tale giudizio è riservato alla fase dibattimentale.

Come si può impugnare una sentenza di proscioglimento emessa dal GIP in questa fase?
Secondo un principio consolidato, tale sentenza può essere impugnata unicamente con ricorso per cassazione. Non è ammesso l’appello, per via della specifica struttura del procedimento per decreto.

Perché la motivazione del GIP nel caso specifico è stata considerata inadeguata?
La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione “generica, ai limiti dell’apparenza” perché non forniva una reale giustificazione sulle ragioni del ritardo nel rientro dell’imputato. Si è limitata a considerare il tempo trascorso come esiguo, senza analizzare l’elemento psicologico del reato, soprattutto dopo due controlli a vuoto da parte delle forze dell’ordine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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