Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26570 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26570 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/06/2025
RITENUTO IN FATTO
1.11 Procuratore generale presso la Corte di appello di Ancona impugna la sentenza, emessa ai sensi dell’articolo 129 cod. proc. pen., a seguito di richiesta
del Pubblico Ministero di emissione di decreto penale di condanna, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata nei confronti di NOME COGNOME, sentenza con la quale il giudice ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per il reato ascrittogli perché il fatto non sussiste. NOME COGNOME era imputato del reato di cui all’articolo 385 cod. pen., commesso il 29 ottobre 2024 quando, nel corso di controlli eseguiti alle 18:33 e alle 18:57, non veniva trovato presso l’abitazione ove ristretto in regime degli arresti domiciliari.
Il Procuratore generale ricorrente denuncia il vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione sul rilievo che, invece, facendo corretta applicazione dei criteri di giudizio che pure il giudice aveva enunciato, ben avrebbe ben potuto emettere il decreto penale di condanna dal momento che l’imputato veniva trovato a casa solo a tre ore circa di distanza dal termine del periodo autorizzato e dopo ben due precedenti controlli che avevano riscontrato l’assenza dall’abitazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata, a seguito di richiesta di emissione di decreto penale di condanna, ha ritenuto di non poter emettere il decreto e, anzi, di emettere sentenza di non luogo a procedere perché l’allontanamento dell’imputato dal luogo degli arresti domiciliari appariva compatibile con l’autorizzazione che gli consentiva di allontanarsi dalla propria abitazione dalle 16:00 alle 18:00 di tutti i giorni.
Il giudice ha richiamato i precedenti di questa Corte in materia e per ultimo quello secondo cui, richiesto della emissione di decreto penale di condanna, il giudice per le indagini preliminari può pronunciare sentenza di proscioglimento solo per una delle ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 cod. proc. pen. e non anche perché la prova risulti mancante, insufficiente o contraddittoria ai sensi dell’art. 530, comma 2, stesso codice, atteso che queste categorie, in quanto non richiamate dall’art. 129 cit., possono acquisire rilievo soltanto quando le parti, compreso il pubblico ministero, abbiano potuto esercitare compiutamente, nella sede a ciò destinata, il diritto alla prova (Sez. 3, n. 36240 del 26/11/2020, Pmt, Rv. 280186).
Nel caso in esame, secondo la sentenza impugnata, nessun approfondimento probatorio, in relazione all’elemento psicologico del reato, poteva essere utilmente compiuto poiché si era riscontrata l’assenza dall’abitazione in orario compatibile
con l’autorizzazione e, viceversa, la presenza del COGNOME alle successive ore 20:54.
2.Le argomentazioni del giudice per le indagini preliminari sono generiche, ai limiti dell’apparenza, il che giustifica l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata che, correttamente, il Procuratore generale ha impugnato con il ricorso per cassazione.
Pur nel mutato assetto normativo conseguente alle modiche legislative intervenute medio tempore, la giurisprudenza ha, infatti, riaffermato il principio espresso nel 2010 dalle Sezioni Unite Dalla Serra (n. 43055 del 30/09/2010, dep. 03/12/2010 Rv. 248378), secondo cui la sentenza di proscioglimento, emessa dal giudice per le indagini preliminari investito della richiesta di decreto penale di condanna, può essere impugnata solo con ricorso per cassazione.
In quella decisione, le Sezioni Unite affermarono la non compatibilità, con il sistema delle impugnazioni, dell’impugnabilità della sentenza di proscioglimento, ex art. 459, comma 3, con il mezzo dell’appello. E ciò in quanto, come si legge in motivazione, «l’appello, salvo le ipotesi stabilite dall’art. 604 cod. proc. pen. in cui il giudice di secondo grado può dichiarare la nullità della sentenza o del provvedimento de/giudice di primo grado, non ha effetti rescindenti della decisione impugnata con la conseguente prosecuzione del giudizio in sede rescissoria; in principio, il giudice di appello può concludere il giudizio di impugnazione unicamente con pronuncia di conferma o riforma della sentenza di primo grado (art. 605 cod. proc. pen.)».
Le conclusioni alle quali sono pervenute le Sezioni Unite, incentrate sulla peculiarità strutturale del procedimento monitorio, sono ancora attuali, poiché la non esperibilità dell’appello, nella ipotesi in esame, risulta giustificata in relazion all’incompetenza funzionale del giudice di appello ad emettere decisione di annullamento della sentenza del giudice per le indagini preliminari e contemporaneamente all’incompetenza ad emettere, nel caso di impugnazione del pubblico ministero, sentenza di condanna dell’imputato.
Infatti, il giudice di appello non può incidere sulla regiudicanda con poteri di cognizione più ampi rispetto a quelli di cui è titolare il giudice di primo grado, i quale, ai sensi dell’art. 459 cod. proc. pen., ricevuta la richiesta di emissione di decreto penale di condanna, può non accogliere la richiesta e restituire gli atti al p.m. ovvero pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen..
Si è rilevato che, ove si seguisse una diversa interpretazione, alla Corte d’appello non sarebbe consentito il ricorso all’art. 604 cod. proc. pen. – trattandosi
di un’ipotesi non contemplata dalla norma -, ma spetterebbe soltanto il potere di confermare la pronuncia o di riformare la stessa
in melius.
Un’eventuale condanna, però, non potrebbe che assumere la forma della sentenza, non suscettibile, tuttavia, diversamente dal decreto penale, di
opposizione, a tutto svantaggio dell’imputato, il quale, inoltre, si vedrebbe preclusa la scelta di accedere a un rito premiale, diversamente da quanto previsto
per l’atto di opposizione ai sensi dell’art. 461, comma 3, cod. proc. pen.
Oltre a ciò, non solo la pronuncia di condanna emessa dalla Corte di appello priverebbe l’imputato di un grado di giudizio, ma, quand’anche si forzasse il dato
letterale dell’art. 604 cod. proc. pen. e si consentisse una pronuncia di annullamento dalla Corte d’appello con contestuale trasmissione degli atti al
giudice per le indagini preliminari, nulla vieterebbe di ribadire l’originaria pronuncia, non esistendo alcun vincolo pregiudiziale rispetto al principio di diritto
enunciato in appello, situazione che, invece, è scongiurata con l’annullamento da parte della Cassazione, che crea un vincolo per la decisione in sede di rinvio.
3.Come anticipato, le conclusioni del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata, sono generiche, ai limiti dell’apparenza della motivazione, essendo state valutate circostanze obiettive – l’assenza dell’imputato dall’abitazione in orario successivo a quello in cui scadeva il permesso ad allontanarsi dall’abitazione- prive di reale e concreta giustificazione sulle ragioni del ritardato rientro se non quella, inconferente, che, a distanza di ore, veniva, invece, trovato nell’abitaizone.
4.Consegue, dunque, all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, la trasmissione degli atti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata, per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al GIP del Tribunale di Macerata per l’ulteriore corso.
Così deciso il 27 giugno 2025
La Consigliera relatrice
Il Pre5iflente