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Semilibertà reati ostativi: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza che concedeva la semilibertà a un detenuto per reati ostativi di mafia. Secondo la Corte, per ottenere il beneficio non è sufficiente la mera assenza di prove su legami attuali con la criminalità, ma è necessaria l’acquisizione di elementi positivi che escludano in modo certo tali collegamenti. La decisione del Tribunale di sorveglianza è stata ritenuta illogica per aver ignorato le informative antimafia e la relazione negativa del carcere.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Semilibertà per reati ostativi: la prova della rottura con la criminalità deve essere positiva

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di concessione della semilibertà per reati ostativi, in particolare quelli legati alla criminalità organizzata. Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha annullato un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, chiarendo che per accedere a tale beneficio non è sufficiente la semplice mancanza di prove su collegamenti attuali con l’ambiente criminale, ma è indispensabile acquisire elementi positivi che ne escludano la persistenza. Questo caso offre spunti cruciali per comprendere i rigorosi requisiti richiesti per i condannati per crimini di particolare gravità.

I fatti del caso

Il caso riguardava un detenuto condannato a trent’anni di reclusione per omicidio e distruzione di cadavere, reati commessi nel 2005 in un contesto mafioso. Il Tribunale di Sorveglianza di Sassari aveva ammesso il condannato al regime di semilibertà per svolgere un’attività lavorativa, ritenendo che avesse compiuto progressi nel percorso trattamentale e che non vi fossero elementi concreti per desumere l’attualità dei suoi legami con l’organizzazione criminale di appartenenza. La decisione si basava anche sul riconoscimento della cosiddetta ‘collaborazione impossibile’. Tuttavia, il Procuratore generale presso la Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione, contestando la valutazione del Tribunale.

Le ragioni del ricorso del Procuratore

Il ricorso si fondava su tre punti principali che, a detta del Procuratore, il Tribunale di Sorveglianza aveva indebitamente trascurato:

1. La relazione dell’equipe penitenziaria: Gli operatori del carcere avevano espresso dubbi sulla sincerità del detenuto, suggerendo la prosecuzione del percorso di osservazione intramuraria prima di concedere benefici.
2. Le informative antimafia: Sia la Direzione Nazionale Antimafia (D.N.A.) sia la Direzione Distrettuale Antimafia (D.D.A.) avevano segnalato l’attuale operatività della famiglia mafiosa di riferimento del condannato e il concreto rischio di una ripresa dei contatti.
3. La mancata riparazione del danno: Il condannato non aveva mai provveduto, neppure in parte, a risarcire le vittime o a soddisfare le obbligazioni civili derivanti dal reato, nonostante risultasse proprietario di beni immobili.

Le motivazioni per la concessione della semilibertà per reati ostativi

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza logicamente viziata e contraddittoria. La Suprema Corte ha sottolineato che il paradigma legale per la concessione dei benefici a chi ha commesso reati ostativi è particolarmente rigoroso. La legge (art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario) non si accontenta di una ‘mancata emersione’ di elementi di collegamento con la criminalità, ma impone ‘l’acquisizione in positivo di elementi capaci di escludere’ la persistenza di tali legami. La decisione impugnata, invece, era ‘disancorata’ dalle evidenze processuali, in particolare dalla relazione del gruppo di osservazione e dalle informative delle autorità giudiziarie, elementi che indicavano la necessità di maggiore cautela. Secondo la Corte, il Tribunale ha errato nel non dare il giusto peso a questi elementi, che avrebbero dovuto portare a una valutazione più prudente, soprattutto considerando che la semilibertà sarebbe stata eseguita nello stesso contesto territoriale di provenienza del soggetto.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce che la valutazione per la concessione della semilibertà a un condannato per reati di mafia deve essere estremamente rigorosa e basata su prove concrete e positive della rescissione dei legami con il mondo criminale. Non basta l’assenza di prove contrarie; è necessario un quadro probatorio che dimostri in modo convincente il cambiamento del soggetto. La Corte ha quindi annullato l’ordinanza con rinvio, ordinando al Tribunale di Sorveglianza di procedere a un nuovo giudizio che tenga conto di tutti gli elementi trascurati e sani le ‘aporie e contraddizioni argomentative’ riscontrate.

Per concedere la semilibertà per reati ostativi è sufficiente che non ci siano prove di legami attuali con la criminalità organizzata?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte di Cassazione, la legge impone l’acquisizione di elementi positivi capaci di escludere, e non solo la mancata emersione di prove sulla persistenza di tali collegamenti.

Quale peso hanno le informative delle Direzioni antimafia nella valutazione per la concessione dei benefici penitenziari?
Hanno un peso rilevante. La Corte ha censurato la decisione del Tribunale di Sorveglianza proprio per aver pretermesso e svalutato le informative della Direzione nazionale e distrettuale antimafia che segnalavano l’operatività del clan di appartenenza e il rischio di ripresa dei contatti.

Il mancato risarcimento del danno alle vittime è un elemento ostativo alla concessione della semilibertà?
Nel caso specifico, la Corte lo considera un dato obiettivo che il Tribunale ha relegato all’insignificanza. Sebbene la sentenza non lo qualifichi come un ostacolo assoluto, lo evidenzia come un elemento, insieme alla mancata attivazione di percorsi riparativi, che avrebbe dovuto essere attentamente considerato nella valutazione complessiva del percorso del condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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