Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 197 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 197 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Piazza Armerina (EN) il 19/08/1990
avverso l’ordinanza del 15/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 15 marzo 2023 il Tribunale di sorveglianza di Catania ha respinto l’istanza di semilibertà presentata dal condannat3 NOME COGNOME che sta espiando la pena di 14 anni e 4 mesi di reclusione per diversi reati, tra cui un omicidio volontario.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto l’istanza, in quanto ha ritenuto non essere ancora possibile formulare prognosi favorevole di positivo reinserimento sociale, in quanto il condannato non si è minimamente attivato per eliminare le conseguenze di ordine civile derivante dal gravissimo delitto di omicidio commesso; il risarcimento avrebbe, infatti, dimostrato una buona condotta successiva alla condanna ed il progresso nel corso del trattamento penitenziario; il risarcimento sarebbe stato astrattamente possibile, perché il condannato svolge
da diversi anni attività lavorativa alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, e, comunque, prima della detenzione, nell’azienda di famiglia; la mancanza di risarcimento è sintomatica del persistente atteggiamento del condannato di non accettazione delle regole del vivere civile. E’, inoltre, manifestamente inopportuna la fruizione del beneficio nello stesso Comune in cui l’omicidio è stato commesso ed in cui risiedono i parenti della vittima, anche in considerazione del disinteresse manifestato dall’autore del reato nei loro confronti.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorsa il condannato, per il tramite del difensore, che, con unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., deduce erronea applicazione dell’art. 50 ord. pen. e vizio di motivazione, perché il risarcimento non è condizione essenziale per la concessione della semilibertà, perché il Tribunale non ha tenuto conto della relazione di sintesi versata in atti, da cui emerge che il condannato ha intrapreso un processo di revisione critica, e perché non considera che, in realtà, lo stesso ha già usufruito di permessi premio in INDIRIZZO; inoltre sarebbe comunque possibile far fruire la semilibertà in Comune diverso da quello in cui vivono i parenti della vittima.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
La norma di riferimento, che è l’art. 50, comma 4, ord. pen., prevede che “l’ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un reinserimento del soggetto nella società”. Il Tribunale ha ritenuto che tali presupposti non vi fossero per la mancanza di a risarcimento e per il disinteresse mostrato dal condannato nei confronti delle vittime del reato.
Il ricorso attacca la motivazione del provvedimento impugnato anzitutto sostenendo che il risarcimento non è condizione essenziale per la concessione della semilibertà.
L’argomento è infondato, perché il risarcimento nei confronti delle vittime del reato in modo non illogico può essere valutato come un dato di fatto obiettivo da cui ricavare la presa di coscienza da parte del condannato delle negative esperienze del passato e l’esistenza di una riflessione critica proiettata verso il ravvedimento, che sono elementi necessari per la concessione del beneficio (Sez.
1, Sentenza n. 20005 del 09/04/2014, COGNOME Rv. 259622: Ai fini dell’applicazione della misura alternativa della semilibertà sono richieste due distinte indagini, una concernente i risultati del trattamento individualizzato e l’altra relativa all’esistenza delle condizioni che garantiscono un graduale reinserimento del detenuto nella società’ implicanti la presa di coscienza, attraverso l’analisi, delle negative esperienze del passato e la riflessione critica proiettata verso il ravvedimento; conformi Sez. 1, n. 843 del 27/02/1993, COGNOME, Rv. 193995; Sez. 1, n. 84 del 11/01/1994, COGNOME, Rv. 196659; Sez. 1, n. 4066 del 05/07/1995, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 202414).
Il ricorso attacca la motivazione dell’ordinanza impugnata anche deducendo che, per evitare il contatto con i congiunti della vittima dell’omicidio, sarebbe possibile imporre al condannato la prescrizione di non recarsi a INDIRIZZO durante la semilibertà, ma si tratta di censura che da sola non è idonea a disarticolare il percorso logico della ordinanza impugnata, che ha ritenuto difettare la presa di coscienza delle negative esperienze del passato e la riflessione critica proiettata verso il ravvedimento.
Il ricorso attacca la motivazione dell’ordinanza impugnata anche deducendo che essa non avrebbe tenuto conto della relazione di sintesi versata in atti, che dà conto dei progressi nel trattamento e della già avvenuta fruizione di un permesso premio in INDIRIZZO, ma i progressi nel trattamento sono, come appena evidenziato sopra, uno dei parametri di valutazione della concessione della semilibertà (Sez. 1, Sentenza n. 49 del 11/12/2020, dep. 2021, Serpa, Rv. 280211), cui, però, devono essere affiancate anche la presa di coscienza delle negative esperienze del passato e la riflessione critica proiettata verso il ravvedimento, che il giudice del merito ha ritenuto con giudizio non illogico insufficienti. Inoltre, l’argomento è comunque introdotto in difetto del requisito dell’autosufficienza, perché viene formulata una critica alla motivazione del provvedimento impugnato attraverso il richiamo ad atti – la relazione di sintesi, il permesso premio – che non sono stati allegati al ricorso o trascritti in esso (Sez. 2, Sentenza n. 20677 del 11 aprile 2017, Schioppo, rv. 270071; Sez. 4, n. Sentenza n. 46979 del 10 novembre 2015, RAGIONE_SOCIALE, rv. 265053; Sez. 2, Sentenza n. 26725 del 1° marzo 2013, Natale, rv. 256723; per una applicazione del principio anche al di fuori del vizio di motivazione v. Sez. 4, Sentenza n. 18335 del 28/06/2017, dep. 2018, PG in proc. Conti, Rv. 273261). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25 ottobre 2023
Il consigliere estensore
COGNOME Il presidente