Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37191 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37191 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI SASSARI COGNOME NOME nato a TRABIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/12/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME; lettefrserrtite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha ammesso NOME COGNOME, in relazione alla pena da espiare, al regime di semilibertà, per lo svolgimento di attività di volontariato presso la comunità della RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE Pausania, in supporto di servizi ivi attivi di manutenzione, giardinaggio e lavori di magazzino.
Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione la Procura AVV_NOTAIO presso la Sezione Distaccata di Corte di appello di Sassari, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Lamenta il ricorrente che il Tribunale di sorveglianza di Sassari, in violazione dall’art. 4-bis, comma 1-bis, I. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), non ha valutato correttamente la pericolosità sociale di NOME, deducibile dal fatto che non si sia dissociato dall’organizzazione criminale di appartenenza e non abbia assunto nel corso degli anni alcuna iniziativa di adempimento delle obbligazioni civili e comunque di riparazione del danno causato alle vittime dei reati, neppure perseguibile attraverso la scelta operata di un programma trattamentale con attività priva di remunerazione.
Il P. g. ricorrente insiste per l’annullamento, con le conseguenze di legge, del provvedimento impugnato.
Deposita memoria scritta il difensore di NOME, insistendo sull’infondatezza del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Ai fini della concessione di una misura alternativa alla detenzione non è sufficiente l’assenza di indicazioni negative, quali il mancato superamento dei limiti massimi, fissati per legge, della pena da scontare e l’assenza di reati ostativi, ma occorre che risultino elementi positivi, che consentano un giudizio prognostico favorevole della prova (quanto in particolare all’affidamento in prova) e di prevenzione del pericolo di recidiva. Tali considerazioni, peraltro, devono essere inquadrate alla luce del più AVV_NOTAIO principio per il quale l’opportunità del
trattamento alternativo non può prescindere dall’esistenza di un serio processo, già avviato, di revisione critica del passato delinquenziale e di risocializzazione che va motivatamente escluso attraverso il riferimento a dati fattuali obiettivamente certi -, oltre che dalla concreta praticabilità del beneficio stesso, essendo ovvio che la facoltà di ammettere a una misura alternativa presuppone la verifica dell’esistenza dei presupposti relativi all’emenda del soggetto e alle finalità rieducative. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, inoltre, il giudice, pur non potendo prescindere, nella valutazione dei presupposti per la concessione di una misura alternativa, dalla tipologia e gravità dei reati commessi, deve, tuttavia, avere soprattutto riguardo al comportamento e alla situazione del soggetto dopo i fatti per cui è stata inflitta la condanna in esecuzione, onde verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e condizioni che rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa (Sez. 1 n. 20469 del 23/04/2014, Canterini, e Sez. 1, n. 17021 del 09/01/15, COGNOME).
Lo svolgimento di attività lavorativa, pur rappresentando un mezzo di reinserimento sociale valutabile nel più AVV_NOTAIO giudizio sulla richiesta di misura alternativa (nel caso specifico della massima affidamento in prova al servizio sociale), non costituisce da solo, qualora mancante, condizione ostativa all’applicabilità di detta misura, trattandosi di parametro apprezzabile unitamente agli altri elementi sottoposti alla valutazione del giudice di merito (Sez. 1, n. 5076 del 21/09/1999, COGNOME, Rv. 214424) e potendo tale requisito essere surrogato da un’attività socialmente utile anche di tipo volontaristico (Sez. 1, n. 18939 del 26/02/2013, E. A., Rv. 256024).
Infine, ai fini dell’applicazione della misura alternativa della semilibertà, sono richieste due distinte indagini, l’una delle quali concernente i risultati d trattamento individualizzato e l’altra relativa all’esistenza delle condizioni ch garantiscono un graduale reinserimento del detenuto nella società ed implicanti la presa di coscienza, attraverso l’analisi delle negative esperienze del passato e la riflessione critica proiettata verso il ravvedimento (Sez. 1, n. 197 del 25/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285550: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto ostativo alla prognosi di positivo reinserimento sociale del condannato il non essersi attivato per risarcire il danno subito dalle vittime del reato).
Orbene, l’ordinanza impugnata fa corretta applicazione di detti principi e non risulta andare in contrasto con le recenti modifiche normative dell’art. 4-bis Ord. pen. richiamate nel ricorso.
Invero, dopo avere menzionato la gravità dei reati per i quali NOME sconta la pena di cui si controverte, rileva l’insussistenza sia di attuali legami del detenuto con la criminalità organizzata sia di un concreto pericolo di ripristino in futuro d
tali relazioni, evidenziando al riguardo e a favore dell’interessato una serie di elementi indiziari da considerarsi gravi, precisi e concordanti. Quali il fatto a) ch la DDA e la DNA non abbiano mai fatto comunicazioni negative ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 54 Ord. pen. e che le rispettive relazioni paiano ancorate al dato storico, b) che nell’ambito del procedimento per accertamento di collaborazione impossibile la DDA non avesse fornito alcun elemento oggettivo rapportato all’attualità, c) che il COPS si sia sempre limitato ad oggi a comunicare di non essere in possesso di alcun dato utile, d) che i familiari dell’interessato siano totalmente estranei a contesti devianti e di mafia e che la moglie trasferitasi in località lontana da detti contesti si sia resa disponibile a sostenere economicamente le esigenze dell’interessato, e) che durante la ormai lunga detenzione il condannato abbia sempre tenuto un comportamento non solo formalmente corretto, ma sinceramente partecipativo, tanto che il GOT già dal 2019 aveva introdotto nel programma di trattamentale permessi premio fruiti per scelta dall’interessato in RAGIONE_SOCIALE senza criticità anche a dimostrazione della volontà di dissociarsi dalla realtà di origine con la quale non intende più avere contatti, permessi che si protraggono ormai da qualche anno senza alcuna criticità, f) che NOME abbia sempre accettato con rassegnazione la condanna e abbia raggiunto un’adeguata revisione critica in ordine a scelte pregresse, manifestando concretamente distacco da qualsiasi contesto deviante e focalizzazione esistenziale esclusiva sulla famiglia, sul lavoro e sullo svolgimento di attività socialmente utili, g) che l’offerta lavorativa documentata, pur gratuita, sia seria e congrua e risulti realmente adeguata a rafforzare il percorso risocializzante, h) che tali elementi siano evidenziati anche in sede di osservazioni fornite dall’esperto ex art. 80 Ord. pen. Conclude il Tribunale di sorveglianza di Sassari col ritenere scemata la pericolosità sociale in ragione del lungo tempo positivamente trascorso in regime carcerario e del percorso evolutivo accertato dall’osservazione scientifica della personalità del condannato, protratta per un considerevole periodo di tempo, senz’altro congruo, che ha già condotto a plurime e positive esperienze extramurarie (connotate da specificità rispetto al lavoro attualmente previsto). E col ritenere che in tale contesto la semilibertà possa consentire al condannato di vedere, dopo anni di permessi premio gestiti in maniera matura e responsabile, un progresso nel percorso trattamentale e quindi un tangibile riconoscimento del proprio impegno nell’aderire con costanza al progetto rieducativo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A fronte di tali argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici, che, senza trascurare la condotta successiva alla commissione dei reati oggetto di condanna in espiazione, muovono proprio dalla stessa e rilevano l’idoneità dell’attività lavorativa prospettata a porsi a fondamento di un percorso da svolgere in regime extramurario, nonché l’idoneità della misura alternativa della semilibertà a
garantire il perseguimento dell’obiettivo della rieducazione del reo ovvero l’efficace prevenzione del pericolo di recidiva, il ricorrente si limita a contestarle nei termin sopra indicati, svolgendo censure che non individuano violazioni normative né intaccano la tenuta motivazionale dell’impugnato provvedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2024.