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Semilibertà e volontariato: via libera dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Procuratore Generale contro la concessione della semilibertà a un detenuto. La Corte ha stabilito che un’attività di volontariato non retribuita è sufficiente per il percorso di reinserimento, se supportata da una revisione critica del passato e dall’assenza di attuale pericolosità sociale, valutata sulla base del comportamento post-condanna e non solo sulla gravità dei reati commessi.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Semilibertà e Volontariato: La Cassazione Approva il Percorso Rieducativo

Con la sentenza n. 37191/2024, la Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui presupposti per la concessione della semilibertà, specialmente quando il percorso di reinserimento si basa su un’attività di volontariato non retribuita. La pronuncia sottolinea come la valutazione del giudice debba concentrarsi sull’evoluzione della personalità del condannato e sul suo concreto distacco dai contesti criminali, piuttosto che sulla mera natura dell’attività esterna.

Il Caso: Dalla Semilibertà all’Appello del Procuratore Generale

Il Tribunale di Sorveglianza di Sassari aveva ammesso un detenuto al regime di semilibertà, autorizzandolo a svolgere attività di volontariato presso una comunità della Caritas. Le mansioni includevano manutenzione, giardinaggio e lavori di magazzino.

Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello proponeva ricorso per cassazione. La Procura lamentava una violazione di legge, sostenendo che il Tribunale non avesse valutato adeguatamente la pericolosità sociale del soggetto. In particolare, si contestava il fatto che il condannato non si fosse dissociato dall’organizzazione criminale di appartenenza e non avesse intrapreso alcuna iniziativa per risarcire le vittime dei reati, obiettivo peraltro irraggiungibile tramite un’attività priva di remunerazione.

I Criteri di Valutazione della Semilibertà secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. La sentenza ribadisce e consolida alcuni principi fondamentali in materia di misure alternative alla detenzione.

Oltre l’Assenza di Negatività: La Ricerca di Elementi Positivi

Per concedere una misura alternativa non basta l’assenza di elementi negativi (come il rispetto dei limiti di pena o l’assenza di reati ostativi). È necessario che emergano elementi positivi che supportino un giudizio prognostico favorevole sulla rieducazione del condannato e sulla prevenzione del pericolo di recidiva. La valutazione deve focalizzarsi sul comportamento e sulla situazione del soggetto dopo i fatti per cui è stato condannato, per verificare se vi siano segnali di una reale evoluzione della personalità.

Il Ruolo del Lavoro e del Volontariato nel percorso di Semilibertà

L’attività lavorativa è un mezzo importante di reinserimento sociale, ma la sua mancanza non costituisce un ostacolo insormontabile. La Corte ha chiarito che un’attività socialmente utile, anche di tipo volontaristico, può validamente sostituire un lavoro retribuito, purché sia inserita in un serio programma trattamentale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha ritenuto che l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza fosse ben motivata e priva di vizi logici o giuridici. Il Tribunale aveva infatti basato la sua decisione su una serie di elementi gravi, precisi e concordanti:

1. Assenza di legami attuali con la criminalità: Nessuna comunicazione negativa era mai pervenuta dalle direzioni distrettuali e nazionali antimafia, e i familiari del detenuto erano risultati estranei a contesti devianti.
2. Percorso detentivo esemplare: Durante la lunga detenzione, il condannato aveva mantenuto un comportamento corretto e partecipativo, usufruendo con successo di numerosi permessi premio fin dal 2019, dimostrando la volontà di allontanarsi dal suo ambiente di origine.
3. Revisione critica del passato: Il soggetto aveva raggiunto un’adeguata revisione critica delle sue scelte passate, manifestando un concreto distacco da ogni contesto deviante e concentrandosi sulla famiglia e su attività socialmente utili.
4. Serietà del progetto di volontariato: L’offerta di volontariato, sebbene gratuita, era stata ritenuta seria, congrua e adeguata a rafforzare il percorso di risocializzazione.

Il Tribunale aveva concluso che la pericolosità sociale si era attenuata grazie al lungo percorso carcerario e all’evoluzione positiva della personalità del condannato. La semilibertà, in questo contesto, rappresentava un progresso coerente nel progetto rieducativo.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione, confermando la decisione di merito, stabilisce un principio di grande rilevanza pratica: ai fini della concessione della semilibertà, un’attività di volontariato può essere considerata pienamente idonea a favorire il reinserimento sociale del detenuto. La valutazione decisiva non riguarda la natura retribuita o meno dell’attività, ma la sua capacità di inserirsi in un percorso di cambiamento autentico, supportato da una profonda revisione critica del passato e da un comportamento che dimostri l’effettivo abbandono delle logiche criminali.

Lo svolgimento di un’attività lavorativa retribuita è un requisito indispensabile per ottenere la semilibertà?
No, la Corte chiarisce che un’attività di volontariato socialmente utile può surrogare il requisito lavorativo, essendo un valido strumento di reinserimento sociale, se inserita in un serio percorso trattamentale.

Come viene valutata la pericolosità sociale di un detenuto ai fini della concessione della semilibertà?
La valutazione non può basarsi solo sul passato criminale, ma deve considerare il comportamento tenuto dopo la condanna, l’evoluzione della personalità, l’eventuale distacco dai contesti criminali e un serio processo di revisione critica, supportato da elementi concreti come il buon esito di permessi premio.

La mancata riparazione del danno alle vittime impedisce automaticamente la concessione della semilibertà?
Sebbene la riparazione del danno sia un elemento importante, la sua assenza, specialmente in un contesto di attività non retribuita come il volontariato, non è un ostacolo insuperabile se altri elementi positivi dimostrano un concreto percorso di ravvedimento e reinserimento sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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