Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4854 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 4854  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME a GENOVA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a GENOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/05/2023 del TRIBUNALE di GENOVA
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzioNOMErio da rideterminare in euro 750 di ammenda; la dichiarazione di inammissibilità nel resto del ricorso proposto visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; da COGNOME. udito il difensore
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 2 maggio 2023, pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Genova ha ritenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili in ordine al reato di cui all’art. 4, I. n. 110 del 10975 in relazione al porto fuori dall’abitazione di due coltelli. All’interno dell’autovettura
proprietà della COGNOME, sulla quale entrambi gli imputati si trovavano, la polizia giudiziaria COGNOME rinvenuto nelle tasche portaoggetti due coltelli. COGNOME COGNOME COGNOME affermato che essi erano di sua proprietà e in udienza COGNOME precisato di utilizzarli per lavoro, essedo egli un artigiano edile. Il Tribunale ha tuttavia ritenu che non vi fosse alcun riscontro a tali dichiarazioni e, ritenuta l’ipotesi lieve di al comma 3 dell’art. 4, I. n. 110 del 1975, ha condanNOME entrambi gli imputati alla pena di 1.000 euro di ammenda, così ridotta per la scelta del rito la pena base di euro 15.000 di ammenda.
2.  Avverso tale sentenza COGNOME ha proposto ricorso per cassazione.
Con un unico motivo lamenta l’erronea applicazione dell’art. 442, comma 2 cod. proc. pen. per l’errata determinazione del trattamento sanzioNOMErio. Il ricorrente, giudicato con il rito abbreviato, è stato condanNOME per il reato contravvenzionale di cui all’art. 4, I. n. 110 del 1975. Tuttavia, il Tribunale, n determinare la pena, ha operato la riduzione di un terzo, anziché della metà, come previsto dalla richiamata disposizione per i reati contravvenzionali.
Anche COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, articolando quattro motivi di censura.
Con il primo motivo deduce la nullità della sentenza per manifesta illogicità della motivazione ed erronea applicazione della legge con riferimento al reato di cui all’art. 4, I. n. 110 del 1975, avendo il Tribunale condanNOME la ricorrente, nonostante COGNOME avesse dichiarato che i coltelli erano da lui usati in ambito lavorativo.
Con il secondo motivo deduce la nullità della sentenza per manifesta illogicità della motivazione e violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
Con il terzo motivo lamenta la violazione di legge in relazione all’art. 62-bis cod. pen. in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
Con il quarto motivo deduce la violazione di legge in relazione all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente operato la riduzione di un terzo della pena a seguito della scelta del rito abbreviato, nonostante che venisse in rilievo un reato contravvenzionale.
 Il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzioNOMErio da rideterminare in euro 750 di ammenda; la dichiarazione di inammissibilità nel resto del ricorso proposto da COGNOME.
Considerato in diritto
 Il ricorso proposta da COGNOME e il quarto motivo del ricorso proposto da COGNOME sono fondati.
Il Tribunale è incorso nella violazione dell’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. laddove, nel determinare la pena per entrambi gli imputati all’esito del giudizio abbreviato, ha ridotto il trattamento sanzioNOMErio nella misura di un terzo.
Invero, i ricorrenti sono stati ritenuti responsabili del reato di cui all’art. n. 110 del 1975 il quale, nell’ipotesi lieve di cui al comma 3, riconosciuta nella specie, è sanzioNOME con la pena dell’ammenda. Il Tribunale, determinata la pena base per tale reato in euro 1.500 di ammenda, ha operato la riduzione per la scelta del rito nella misura di un terzo, quantificandola in euro 1.000, anziché, come previsto dall’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., nella misura della metà.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui ha quantificato la pena in misura errata e, ai sensi dell’art. 620, lett. I), cod. pr pen., detta pena deve essere rideterminata per entrambi i ricorrenti nella misura di euro 750,00 di ammenda.
 Venendo ad esaminare le restanti censure del ricorso proposto da COGNOME, deve essere dichiarato infondato il primo motivo.
Il Tribunale, facendo ineccepibile applicazione dell’art. 4, I. n. 110 del 1975, ha affermato la responsabilità della ricorrente in relazione al porto dei coltelli, ragione sia della circostanza che essi sono stati rinvenuti all’interno della vettura di sua proprietà sulla quale ella si trovava insieme a COGNOME, sia in ragione della ritenuta assenza di riscontri delle dichiarazioni rese da costui a giustificazione del porto dei coltelli. Trattasi di motivazione che, in quanto logica e coerente con le risultanze istruttorie, si sottrae alle censure della ricorrente, tenuto conto de consolidato principio espresso da questa Corte secondo cui sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decision impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (ex plurimis, Sez. 6 n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601). La valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, invero, costituisce attività riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell’iter argomentativo di giudice, accertando se quest’ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle
ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione (ex plurimis, Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Chen, Rv. 284556).
4. Il secondo motivo è inammissibile.
La giurisprudenza di legittimità, con orientamento ormai prevalente, afferma che la questione concernente l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità (ex plurimis Sez. 5, n. 4835 del 27/10/2021, dep. 2022, Polillo, Rv. 282773; Sez. 2, n. 21465 del 20/03/2019, Semmah, Rv. 275782).
Nella specie, dalla sentenza impugnata non risulta che in sede di conclusioni la ricorrente avesse chiesto l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., di tal che la richiesta avanzata con il ricorso per cassazione è inammissibile.
5.  Il terzo motivo è infondato.
In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899).
Inoltre, secondo il consolidato orientamento del giudice di legittimità, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferime a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi superati da tale valutazione. (Sez. 3, Sentenza n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899). Si è altresì affermato che l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse. (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, Rv. 281590; conf. Sez. 1, n. 3529 del 1993, Rv. 195339-01).
A tali principi il Tribunale risulta essersi attenuto, non avendo ravvisato elementi positivi che inducessero alla concessione delle attenuanti generiche. In
tal modo la sentenza impugnata si è conformata all’interpretazione di questa Cor di legittimità, secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenua generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62(con il D.L. n. 92 del 2008), per effetto della quale, ai fini della concession diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez n. 39566 del 16/2/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/9/2014 Papini, Rv. 260610).
In conclusione, il ricorso proposto da COGNOME deve essere accolto in relazione al quarto motivo, con annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzioNOMErio che ridetermina nel senso sopr indicato, e va rigettato nel resto.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena che ridetermina in euro 750 di ammenda nei confronti di entrambi gli imputati. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME NOME.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 novembre 2023.