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Scomputo pena: l’obbligo di dimora non è detraibile

La Corte di Cassazione ha stabilito che il periodo trascorso in regime di obbligo di dimora, anche se accompagnato da una prescrizione di permanenza notturna in casa, non può essere detratto dalla pena definitiva da scontare. Tale scomputo pena è ammesso solo se le restrizioni imposte sono talmente arbitrarie da trasformare la misura in una detenzione domiciliare, circostanza non verificatasi nel caso di specie dove la prescrizione era giustificata da esigenze di cautela.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Scomputo Pena e Obbligo di Dimora: Quando la Misura non è Detraibile

La recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’esecuzione della pena: la possibilità di ottenere uno scomputo pena per il periodo trascorso sotto la misura cautelare dell’obbligo di dimora, aggravato da prescrizioni notturne. La Corte ha fornito un chiarimento fondamentale, ribadendo che non tutte le limitazioni alla libertà personale sono uguali ai fini della detrazione dalla condanna definitiva.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in via definitiva, ha presentato un’istanza per ottenere lo scomputo dalla sua pena di un lungo periodo (due anni, undici mesi e ventiquattro giorni) durante il quale era stato sottoposto, nel corso del processo, alla misura cautelare dell’obbligo di dimora. Tale misura era accompagnata da una specifica prescrizione: il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione dalle ore 20:00 alle ore 6:30. La Corte d’assise di appello aveva inizialmente respinto la richiesta, spingendo il condannato a ricorrere in Cassazione.

La Questione Giuridica: Scomputo Pena e Obbligo di Dimora

Il ricorrente sosteneva che la prescrizione di permanenza domiciliare notturna fosse stata imposta in modo ingiustificato e “aggressivo”, al punto da snaturare l’essenza dell’obbligo di dimora, trasformandolo di fatto in una misura custodiale assimilabile agli arresti domiciliari. Secondo questa tesi, il periodo avrebbe dovuto essere considerato fungibile con la pena detentiva e, di conseguenza, detratto dal totale da espiare, come previsto dall’articolo 657 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettando la richiesta del condannato. Gli Ermellini hanno confermato la decisione della corte territoriale, stabilendo che la misura dell’obbligo di dimora, anche con le prescrizioni aggiuntive applicate, non poteva essere equiparata a una misura custodiale e, pertanto, non era valida ai fini dello scomputo pena.

Le Motivazioni: la Distinzione tra Misure Cautelari

La Corte ha basato la sua decisione su un principio consolidato nella sua giurisprudenza. L’articolo 657 del codice di procedura penale permette lo scomputo solo per le misure cautelari che hanno un carattere “custodiale”, ovvero che comportano una privazione totale della libertà personale, come la custodia in carcere o gli arresti domiciliari.

L’obbligo di dimora, per sua natura, non rientra in questa categoria. La Corte ha precisato che tale misura diventa fungibile con la pena solo in un’ipotesi eccezionale: quando è accompagnata dall'”arbitraria imposizione” di obblighi talmente gravosi da renderla, di fatto, identica al regime degli arresti domiciliari.

Nel caso specifico, la prescrizione di permanenza notturna non è stata ritenuta arbitraria. Al contrario, era giustificata da precise esigenze di cautela, motivate dalla richiesta del pubblico ministero e recepite dal giudice, in considerazione della gravità della pena definitiva inflitta al soggetto. Inoltre, la Corte ha osservato che tale limitazione, sebbene significativa, non aveva impedito all’interessato di “interagire con la sua naturale sfera territoriale o di intessere relazioni sociali” durante le ore diurne. Di conseguenza, la misura non aveva assunto un carattere “surrettiziamente custodiale”.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un confine netto tra le diverse tipologie di misure cautelari ai fini dello scomputo pena. L’aggiunta di una prescrizione di permanenza domiciliare notturna all’obbligo di dimora non è sufficiente, da sola, a trasformare la natura della misura da non custodiale a custodiale. Affinché si possa procedere allo scomputo, è necessario dimostrare che le restrizioni aggiuntive siano state imposte in modo arbitrario e sproporzionato, annullando di fatto ogni margine di libertà residua e rendendo la condizione del soggetto del tutto assimilabile a quella degli arresti domiciliari. In assenza di tale arbitrarietà, l’obbligo di dimora resta una misura non detraibile dalla pena finale.

L’obbligo di dimora con prescrizione di permanenza notturna in casa è sempre detraibile dalla pena finale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di dimora, anche con una prescrizione di permanenza notturna, non è di per sé fungibile con la pena detentiva e quindi non è detraibile, a meno che le prescrizioni imposte non siano talmente arbitrarie da renderlo di fatto assimilabile agli arresti domiciliari.

Cosa rende una prescrizione accessoria all’obbligo di dimora “arbitraria”?
La sentenza chiarisce che una prescrizione non è arbitraria se è motivata da specifiche esigenze di cautela, come nel caso di specie, dove era volta a contenere la pericolosità di un individuo condannato a una pena elevata. Non è arbitraria se non preclude completamente all’interessato di interagire con la sua sfera sociale e territoriale.

Qual è il principio fondamentale per lo scomputo pena delle misure cautelari?
Il principio, ai sensi dell’art. 657 c.p.p., è che solo le misure cautelari di carattere custodiale (come la custodia in carcere o gli arresti domiciliari) possono essere scomputate dalla pena da eseguire. Le misure non custodiali, come l’obbligo di dimora, non sono scomputabili, salvo casi eccezionali in cui vengano snaturate da obblighi eccessivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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