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Scommesse illegali: la Cassazione conferma la condanna

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un intermediario di scommesse illegali per un bookmaker estero. La Corte ribadisce che l’assenza di concessione e licenza integra il reato, a meno che non si provi una discriminazione nell’accesso alle gare. La raccolta diretta di scommesse aggrava la posizione dell’imputato.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Scommesse Illegali e Bookmaker Esteri: La Cassazione Fa Chiarezza

La gestione di attività legate al gioco e alle scommesse in Italia è un settore strettamente regolamentato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi cardine in materia di scommesse illegali, confermando la condanna per un operatore che agiva come intermediario per un bookmaker estero senza le necessarie autorizzazioni. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere i limiti e i requisiti per operare legalmente nel nostro Paese.

Il Caso: Intermediazione Senza Licenza

Il caso ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di cui all’art. 4 della Legge 401/1989, ovvero l’esercizio abusivo di organizzazione di scommesse. L’imputato svolgeva attività di intermediazione per un allibratore straniero, raccogliendo scommesse in Italia senza essere in possesso né della concessione statale né della licenza di pubblica sicurezza prevista dall’art. 88 del TULPS. La difesa sosteneva che l’attività fosse legittima in quanto il bookmaker estero era stato ingiustamente discriminato nelle gare per l’assegnazione delle concessioni in Italia, e che una procedura di regolarizzazione avrebbe sanato la posizione. Tuttavia, i giudici di merito avevano accertato che l’imputato non si limitava a trasmettere i dati, ma effettuava una vera e propria raccolta autonoma di scommesse tramite un proprio conto gioco, un elemento che si è rivelato cruciale.

Le ragioni del ricorso per scommesse illegali

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi. In primo luogo, ha contestato la sussistenza stessa del reato, sostenendo l’illegittimità del sistema concessorio italiano per presunte discriminazioni nei confronti degli operatori stranieri. In secondo luogo, ha invocato l’ignoranza scusabile della legge penale, data la complessità e l’evoluzione della normativa di settore. Infine, ha criticato l’applicazione del regime sanzionatorio più severo introdotto nel 2019, ritenendolo sproporzionato e non applicabile a fatti iniziati in precedenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo infondato in ogni suo punto e ribadendo principi consolidati in materia di scommesse illegali.

Il Principio del “Doppio Binario”: Concessione e Licenza

I giudici hanno riaffermato che per operare legalmente nel settore delle scommesse in Italia è indispensabile un duplice requisito: la concessione rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la licenza di pubblica sicurezza rilasciata dalla Questura. L’assenza anche di uno solo di questi titoli integra la fattispecie di reato. La Corte ha specificato che questo sistema a “doppio binario” è compatibile con il diritto dell’Unione Europea, in quanto finalizzato a tutelare l’ordine pubblico e a contrastare la criminalità.

La Prova della Discriminazione: un Onere per la Difesa

La Corte ha chiarito che l’unica via per superare la mancanza dei titoli abilitativi è la dimostrazione concreta che l’operatore estero è stato illegittimamente escluso dalle gare per l’assegnazione delle concessioni a causa di normative nazionali discriminatorie. Tale prova, tuttavia, deve essere fornita dalla difesa in modo puntuale e documentato. Nel caso di specie, l’appellante si è limitato a deduzioni generiche, senza allegare prove concrete a sostegno della tesi discriminatoria, rendendo il motivo di ricorso inammissibile per violazione del principio di autosufficienza.

L’Irrilevanza dell’Ignoranza della Legge per i Professionisti

È stata respinta anche la tesi dell’errore scusabile. La Cassazione ha sottolineato che chi opera professionalmente in un settore specifico ha un dovere rigoroso di informarsi sulla legislazione vigente. Eventuali dubbi interpretativi non giustificano la violazione della legge, ma devono indurre l’operatore alla massima prudenza, fino all’astensione dall’attività se l’incertezza sulla liceità permane.

Applicazione del Regime Sanzionatorio più Severo

Infine, la Corte ha confermato la correttezza dell’applicazione delle sanzioni più aspre introdotte dal D.L. n. 4/2019. Poiché il reato di scommesse illegali è un reato permanente, la cui consumazione si protrae nel tempo, la legge applicabile è quella in vigore al momento dell’ultimo atto della condotta criminosa. Essendo l’attività proseguita anche dopo l’entrata in vigore della nuova norma, è quest’ultima a dover essere applicata, escludendo così la possibilità di beneficiare della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), i cui limiti di pena erano stati superati.

Le Conclusioni della Sentenza

La sentenza consolida l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di giochi e scommesse. Viene ribadito che non sono ammesse scorciatoie: per operare in Italia è necessario seguire l’iter autorizzatorio previsto dalla legge nazionale. Le tesi basate su presunte discriminazioni da parte del sistema italiano devono essere supportate da prove concrete e specifiche, non da mere affermazioni generiche. Inoltre, la decisione sottolinea la responsabilità degli operatori del settore, che non possono invocare l’incertezza normativa per giustificare condotte illecite. La conferma dell’applicazione del regime sanzionatorio più severo anche per le condotte iniziate in precedenza ma proseguite nel tempo costituisce un monito chiaro sull’importanza del rispetto delle regole a tutela dell’ordine pubblico e della legalità.

È possibile gestire un’attività di scommesse in Italia per conto di un bookmaker estero senza licenza italiana?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che per esercitare l’attività di raccolta scommesse in Italia è necessario possedere sia una concessione statale sia una licenza di pubblica sicurezza (art. 88 TULPS). L’assenza di questi titoli integra il reato di scommesse illegali, anche se si opera per un bookmaker straniero.

La discriminazione del bookmaker estero nelle gare per le concessioni può giustificare l’attività di scommesse illegali?
In teoria sì, ma solo a condizioni molto precise. La difesa deve dimostrare in modo concreto e documentato che l’operatore estero è stato illegittimamente escluso dalle procedure di gara per l’assegnazione delle concessioni a causa di norme nazionali discriminatorie. Una semplice affermazione generica, non supportata da prove, non è sufficiente per escludere la punibilità.

L’inasprimento delle pene per le scommesse illegali introdotto nel 2019 si applica anche a chi ha iniziato l’attività prima di tale data?
Sì. Il reato di esercizio abusivo di scommesse è un reato permanente, la cui condotta illecita si protrae nel tempo. La legge applicabile è quella in vigore al momento della cessazione della condotta. Pertanto, se l’attività illegale è continuata anche dopo l’entrata in vigore della norma del 2019 che ha inasprito le pene, si applica questo regime sanzionatorio più severo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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