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Scommesse abusive: quando l’attività è reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per esercizio di scommesse abusive. L’imputato sosteneva che il locale non fosse aperto al pubblico e che le ricevute trovate fossero solo test. La Corte ha stabilito che la prova dell’attività illecita può derivare da elementi documentali, come un numero elevato di ricevute, rendendo irrilevante l’assenza di clienti o il fatto che i computer fossero spenti al momento del controllo.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Scommesse Abusive: Quando la Raccolta Illecita è Reato?

L’organizzazione di scommesse abusive costituisce un reato grave nel nostro ordinamento, ma quali elementi sono necessari per provarlo? Basta la presenza di ricevute di gioco per una condanna, anche se il locale è vuoto e i computer sono spenti? A queste domande ha risposto una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha confermato la condanna per un gestore di un centro scommesse non autorizzato, chiarendo i confini tra indizi e prove concrete.

I Fatti di Causa

Il gestore di un centro affiliato a un bookmaker estero veniva condannato in primo e secondo grado per aver organizzato e raccolto scommesse telematiche senza le necessarie autorizzazioni, violando la legge n. 401 del 1989. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su una serie di argomentazioni volte a smontare l’impianto accusatorio.

I Motivi del Ricorso: Tra Locali Chiusi e Prove Contestate

La difesa dell’imputato si articolava su quattro punti principali:
1. Mancanza di attività aperta al pubblico: Si sosteneva che il locale fosse chiuso per lavori e che l’accusa avesse illegittimamente invertito l’onere della prova. Al momento del controllo, infatti, non c’erano clienti, il denaro in cassa era assente e i computer risultavano spenti. Le numerose ricevute trovate, secondo la difesa, erano solo il risultato di test di funzionamento dell’impianto.
2. Valore meramente indiziario delle prove: Le ricevute rinvenute nel cestino, in assenza di avventori e apparecchiature accese, avrebbero dovuto essere considerate semplici indizi e non prove piene di colpevolezza.
3. Natura di Internet Point: L’imputato asseriva che l’attività non fosse ancora operativa e che l’intenzione fosse quella di aprire un mero Internet point con regolare autorizzazione, come dichiarato da un testimone.
4. Particolare tenuità del fatto: In subordine, si chiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., data la presunta minima offensività della condotta, legata alla natura di circolo privato, al numero ridotto di ricevute e all’assenza di clienti.

La Decisione della Cassazione sulle Scommesse Abusive

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Secondo i giudici supremi, i primi due motivi di ricorso erano semplici riproposizioni di argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di merito, rappresentando una mera ricostruzione alternativa dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le tesi difensive, basandosi sulle solide motivazioni della sentenza impugnata. In primo luogo, è stato evidenziato come le prove raccolte (fotografie e testimonianze) smentissero l’ipotesi di un locale chiuso per ristrutturazione.

Il fulcro della decisione riguarda la valutazione delle prove. La Cassazione ha ritenuto del tutto irrilevante che al momento del sopralluogo i computer fossero spenti e non vi fossero clienti. L’esercizio di scommesse abusive era stato ampiamente provato dalla documentazione agli atti e dalle testimonianze. La giustificazione delle 43 ricevute, emesse in soli tre giorni, come ‘test di funzionamento’ è stata giudicata ‘del tutto congetturale’ e ‘assolutamente sproporzionata’.

Infine, è stata respinta anche la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha ritenuto che la gravità del fatto fosse evidente, dato il considerevole numero di giocate raccolte in un breve lasso di tempo, a prescindere dalla natura formalmente privata del club.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In materia di scommesse abusive, la prova del reato non dipende necessariamente dal ‘cogliere in flagrante’ l’attività con clienti e computer attivi. Elementi documentali, come un numero cospicuo di ricevute, possono assumere un valore probatorio decisivo e sufficiente a fondare una condanna. Le giustificazioni alternative fornite dall’imputato, se non supportate da prove concrete, vengono considerate mere congetture. La decisione ribadisce inoltre la difficoltà di ottenere il riconoscimento della ‘particolare tenuità del fatto’ quando l’attività illecita dimostra una certa sistematicità, anche se protratta per un breve periodo.

La presenza di computer spenti e l’assenza di clienti escludono il reato di scommesse abusive?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questi elementi sono irrilevanti se l’esercizio dell’attività illecita è provato da altre prove, come la documentazione relativa alle scommesse raccolte e le testimonianze.

Un gran numero di ricevute di scommesse trovate in un cestino può essere considerata una prova sufficiente?
Sì. La Corte ha ritenuto che il rinvenimento di un numero rilevante di ricevute (nel caso di specie, 43 in tre giorni) costituisce una prova solida dell’attività di raccolta scommesse, rendendo implausibile la giustificazione che si trattasse di semplici test di funzionamento.

È possibile invocare la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) per il reato di raccolta abusiva di scommesse?
È difficile. La Corte ha negato l’applicazione di tale norma evidenziando la gravità del fatto, desunta dal numero significativo di ricevute emesse in un breve arco temporale, che dimostra la sistematicità della condotta illecita, anche se svolta all’interno di un club privato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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