Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35827 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35827 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del PG, NOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugNOME, il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha dichiarato inammissibile l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale avanzata da NOME COGNOME, e lo ha ammesso alla semilibertà in relazione alla pena espianda di anni 14, mesi 6 e gg. 25 di reclusione (con decorso della pena dall’11/2/2015 e fine pena allo stato fissato al 5/4/2027), per svolgere attività lavorativa presso il ristorante Aragon, sito in Alghero. Il Tribunale, dopo avere brevemente percorso la biografia penale del condanNOME e dato atto dei positivi progressi trattamentali acclarati dalla relazione di sintesi della C.C. di Alghero del 18/01/2024, che concludeva nel senso che il detenuto avesse raggiunto una maturità tale da poter fruire della più ampia misura alternativa richiesta, ha purtuttavia ritenuto operante la preclusione di cui all’art. 58 quater comma 7 bis ord. pen., che vieta la concessione dell’affidamento in prova, della detenzione domiciliare e della semilibertà, al condanNOME cui sia stata applicata la recidiva ex art. 99 co. 4 cod. pen.. Muovendo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 291 del 4 ottobre 2010, i Giudici di merito hanno ritenuto che la preclusione di cui all’art. 58 quater comma 7 bis ord. pen. operasse nel caso di specie in senso assoluto in quanto il reato espressivo della recidiva reiterata era stato commesso dopo la sperimentazione della misura alternativa, avvenuta in sede di esecuzione di una pena a sua volta irrogata con applicazione della medesima aggravante. Ed infatti COGNOME era stato dichiarato recidivo ex art. 99 co. 4 cod. pen. con sentenza della Corte d’appello di Napoli del 18/09/2015, irr. il 19/12/2015, in esecuzione della quale veniva ammesso all’affidamento in prova il 02/03/2017, misura successivamente sospesa (il 17/11/2017) e poi revocata. Il prevenuto, il 29/05/2017, commetteva una rapina per la quale veniva condanNOME con applicazione dell’aggravante di cui all’art. 99 co. 4 cod. pen. a pena detentiva attualmente in esecuzione.
NOME COGNOME propone, tramite il proprio difensore AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione, deducendo, quale unico, articolato motivo di ricorso, la violazione di legge ex art. 606 lett. b) e e) cod. proc. pen..
Osserva la Difesa come la preclusione applicata dal Tribunale sia in realtà superabile con lo scioglimento del cumulo delle pene, per effetto del quale la pena riferibile alla condanna per il reato ostativo verrebbe imputata all’espiazione già patita, mentre la pena attualmente in espiazione verrebbe imputata a condanna con cui non si è fatta applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 99 co. 4 cod. pen. ovvero riferibile a ipotesi delittuose non ostative alla concessione del beneficio richiesto. Non condividendo tale impostazione, il Tribunale propone un’interpretazione delhrt. 58 quater comma 7 bis ord. pen. contrastante con l’art. 3 Cost., poiché la
situazione di chi espia senza soluzioni di continuità pene per reati diverse, diviene più gravosa rispetto a chi ha espiato separatamente le varie pene; nonché contrastante con l’art. 27 comma 3 Cost, per la compressione delle finalità rieducative della pena. Peraltro, ricorda il ricorrente, la Corte Cost. con la sentenza 361 del 1994 ha ribadito la necessità dello scioglimento del cumulo in presenza di istituti che, ai fini della loro applicabilità, richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e delle relative pene.
Detto principio, elaborato per consentire ai condannati per uno dei delitti di cui all’art. 4 bis ord. pen. di accedere alle misure alternative, può, secondo il ricorrente, essere esteso all’ipotesi di cui all’art. 58 quater comnna 7 bis ord. pen, poiché entrambe le norme sottendono la medesima ratio; richiama a tale proposito quanto affermato da Cass. n. 42462 del 2009, che ha affermato il principio per cui il divieto di applicazione dei benefici penitenziari stabilito dall’art. 58 quater comma 7 bis I. 26 luglio 1975 n. 354 per coloro ai quali “sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99, comma 4, c.p.” non può operare, nel caso di pene cumulate, per il solo fatto che taluna di esse sia stata inflitta per reato aggravato dalla suddetta recidiva, dovendosi invece verificare, mediante scissione ideale del cumulo, se, al momento della richiesta del beneficio, la pena relativa a quel reato sia da considerare già espiata; operazione, questa, da condursi prendendo a referente la data di commissione dei vari reati ma contemperando tale regola con quella per cui nessuna pena può essere imputata a reato commesso successivamente alla sua esecuzione e con l’altra, ispirata al principio del “favor rei”, che impone, a parità di condizioni, che vada comunque riferita al presofferto o alla detenzione espiata per prima la pena comportante maggiori pregiudizi, ivi compresi quelli che si traducono in limitazioni o divieti attinenti alla fruizione dei benefici in discorso.
Secondo il ricorrente, infine, le conclusioni raggiunte non risultano inficiate da quanto affermato dalla Consulta con la sentenza 291 del 2010, dal momento che anche per la Corte Costituzionale la recidiva assume rilevanza solo in quanto applicata.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Come già più volte affermato da questa Corte con orientamento che si condivide, l’art. 663 cod. proc. pen., nell’attribuire al pubblico ministero il potere-
dovere di determinare la pena da eseguire in osservanza delle norme sul concorso di pene, allorché la stessa persona sia stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi, offre concreta attuazione all’art. 80 cod.pen. nella parte in cui dispone che l’applicazione delle norme sul concorso delle pene, artt. 72-79 cod.pen., avvenga in fase esecutiva, se non si è provveduto con le sentenze di merito. Il sistema così discipliNOME dall’ultima proposizione dell’art. 80 citato persegue la finalità di garantire che non si applichino differenti discipline in dipendenza dalla casualità del momento in cui interviene il giudicato o l’esecuzione. Pertanto, la regola per la quale le pene della stessa specie, concorrenti a norma dell’art. 73 cod. pen., si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico, non può in nessun caso condurre a ingiustificate differenziazioni di trattamento a seconda dell’eventualità, del tutto casuale, di un rapporto esecutivo unico, conseguente alla formazione di un cumulo materiale ai sensi dell’art. 663 cod. proc. pen., anziché di distinte esecuzioni, dipendenti dai titoli che scaturiscono da separate condanne.
Diversamente, chi è stato condanNOME per diversi reati, ostativi e non ostativi ai benefici penitenziari, verrebbe a subire, anche in relazione alle condanne per i reati non ostativi, un trattamento equivalente a coloro i quali sono stati condannati solo per reati ostativi ed un regime penitenziario deteriore rispetto a chi, avendo riportato analoghe condanne, sia per delitti ostativi, che per reati non ostativi, ha separatamente scontato ciascuna delle pene inflitte con sentenze divenute irrevocabili e poste in esecuzione più tempestivamente. Come segnalato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza nr. 361 del 27 luglio 1994, che ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis ord. pen. nella parte in cui rendeva la condanna per alcuno dei delitti ivi enumerati ostativa alla concessione di misura alternativa, “non si rinvengono dati normativi per sostenere che la nuova disciplina recata dall’art. 4-bis abbia creato una sorta di status di “detenuto pericoloso” che permei di sè l’intero rapporto esecutivo a prescindere dal titolo specifico di condanna”; al contrario, proprio l’articolazione della disciplina sulle misure alternative “in termini diversi in relazione alla tipologia dei reati per i quali è stata pronunciata condanna la cui pena è in esecuzione”, impone di valorizzare il tradizionale insegnamento giurisprudenziale “della necessità dello scioglimento del cumulo in presenza di istituti che, ai fini della loro applicabilità, richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e delle relative pene”.
Si è quindi stabilito che il cumulo viene mantenuto e non si scioglie se dallo stesso derivino per il condanNOME degli effetti più vantaggiosi (Sez. un., n. 7930 del 21/7/1995, Zouine, rv. 201549; Corte Cost. 5 luglio 1973, n. 108 e Corte Cost., 7 luglio 1976, n. 154) e che, in presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti in esecuzione, è legittimo lo scioglimento del cumulo quando occorre procedere al giudizio sull’ammissibilità della domanda di concessione di un beneficio
penitenziario, il quale trovi ostacolo nella presenza nel cumulo di uno o più titoli di reato inclusi nel novero dei delitti elencati nella L. n. 354 del 1975, art. 4 bis, al fine di accertare se il condanNOME abbia o meno termiNOME di espiare la parte di pena relativa ai delitti cosiddetti ostativi (ex multis: sez. 1, n. 1655 del 22/12/2014, COGNOME, rv.261986; sez. 1, n. 53781 del 22/12/2014, COGNOME, rv. 261582; sez. 1, n. 3130 del 19/12/2014, COGNOME, rv. 262062).
Secondo l’indirizzo interpretativo ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, qualora nei confronti del condanNOME sia stato emesso un provvedimento di unificazione di pene concorrenti inflitte in relazione a reati diversi, o sia stato disposto il cumulo giuridico delle pene irrogate per il reato continuato, e la condanna per il reato ostativo è posta in esecuzione insieme ad altra o ad altre relative a reati non ostativi, è necessaria la scissione del cumulo e delle pene detentive, che ne compongono l’esecuzione, per verificare innanzitutto se sia stata espiata la pena relativa al reato ostativo, ai fini del computo del periodo minimo di pena espiata, previsto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 30-ter come condizione per la concessione di un permesso premio (da ultimo, Sez. 1, n. 1446 del 10/12/2009, dep. 14/01/2010, COGNOME, Rv. 245954; Sez. 1, n. 49364 del 26/11/2009, dep. 22/12/2009, COGNOME, Rv. 245645; Sez. 1, n. 19789 del 01/04/2008, dep. 16/05/2008, COGNOME, Rv. 239991; Sez. 1, n. 9346 del 27/02/2007, dep. 06/03/2007, Fiorisi, Rv. 236376).
In coerenza con tali approdi ermeneutici si pone il principio, opportunamente richiamato dal ricorrente, sancito da Sez. 1, n. 42462 del 15/10/2009, Pezzuto, Rv. 245572 per cui il cumulo di pene disposto per l’esecuzione deve essere scisso, al fine di verificare se debba operare il divieto di seconda concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, nel caso in cui, in relazione ad una delle condanne a cui si riferisce il cumulo, sia stata applicata la recidiva reiterata, poiché occorre stabilire se la pena per il reato aggravato dalla recidiva sia ancora da espiare.
L’indicato principio è coerente anche con l’indirizzo interpretativo che,-partendo dal rilievo che il divieto di sospendere l’esecuzione delle pene detentive brevi, in caso di recidiva reiterata, è subordiNOME alla circostanza che la recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4 sia stata applicata, e quindi effettivamente valutata, e abbia prodotto conseguenze concrete nella determinazione della pena, oggetto dello specifico ordine di esecuzionerritiene che la concessione del beneficio è impedita non dalla condizione di soggetto già dichiarato recidivo ma discende dal reato cui è stata applicata la recidiva di un certo tipo con la condanna in esecuzione (Sez. 1, n. 1446 del 10/12/2009, citata; Sez. 5, n. 21603 del 26/04/2010, dep. 07/06/2010, Musei, Rv. 247956; Sez. 1, n. 43019 del 14/10/2008, dep. 18/11/2008, P.M. in proc. Buccini, Rv. 241831; Sez. 4, n. 29989 del 26/06/2007, dep. 24/07/2007, P.G. in proc. Muserra, Rv. 236944; Sez. 1, n. 42403 del 16/11/2006, dep. 28/12/2006, P.M. in proc. Marziano, Rv, 235583; Sez. 1, n. 8152 del 30/01/2007, dep. 27/02/2007, P.M. in proc.
COGNOME, Rv. 235520; Sez. 1, n. 4688 del 10/01/2007, dep. 06/02/2007, COGNOME, Rv. 236621).
Ciò premesso, risulta dagli atti che nel corso del giudizio innanzi al Tribunale di sorveglianza la difesa del condanNOME avesse rappresentato che, avendo il detenuto già interamente espiato la quota di pena riferibile alla sentenza relativamente alla quale vi era stata applicazione della circostanza aggravante della recidiva reiterata e potendo scindersi il cumulo al fine di poter accedere alla misura alternativa richiesta, la relativa istanza dovesse ritenersi ammissibile ex art. 58 quater comma 7 bis ord. pen.
Nel caso in esame il Tribunale, prima di pervenire ad una declaratoria di inammissibilità dell’istanza di affidamento in prova, avrebbe pertanto dovuto esaminare se, operata la scissione del cumulo delle pene concorrenti, il ricorrente poteva ancora considerarsi detenuto in espiazione della pena inflitta con la condanna alla quale era stata applicata la recidiva.
Per le ragioni sopra esposte s’impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Sassari nel rispetto dei principi esposti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Sassari.
Così deciso il 25/06/2024