Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9474 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9474 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME NOME, nato a San Cipriano d’Aversa (Ce) il DATA_NASCITA NOME COGNOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/6/2023 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procurat generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiarare inammissibili i ricorsi;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente NOME, AVV_NOTAIO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22/6/2023, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dichiarava NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME colpevoli dell contravvenzione di cui all’art. 137, comma 1, d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152, riqualificata l’originaria contestazione, e li condannava ciascuno alla pena di euro di ammenda.
Propongono ricorso per cassazione NOME e NOME, deducendo i seguenti motivi:
NOMENOME
Nullità della sentenza per erronea applicazione della legge processuale e per vizio di motivazione con riguardo al reato riconosciuto in sentenza; mancanza di prova. Il Tribunale, dopo aver correttamente ricostruito l’istruttoria dibattimentale, avrebbe riqualificato la condotta in modo del tutto contraddittorio, riconoscendo il reato di cui all’art. 137 citato pu difettandone i presupposti; in particolare, la circostanza secondo cui le deiezioni animali – qualificate come reflui dall’art. 101, comma 7, decreto citato – perderebbero la loro natura per la sola presenza di un sistema di tubature stabili sarebbe priva di ogni fondamento. Nel caso di specie, inoltre, non sussisterebbe un sistema di tale natura, ma soltanto l’utilizzo di pompe azionate da trattori. La consistenza liquida dei reflui versati, tra l’altro, consentirebbe, al più, una sanzione amministrativa, così come il versamento delle deiezioni derivanti dall’allevamento (poi finito nel ruscello) sarebbe da considerare, al più, come abbandono di rifiuti liquidi, come affermato da questa Corte in diverse sentenze. La vicenda, inoltre, non darebbe conto della presenza di scarichi nel senso richiesto dalla legge, né di acque reflue industriali: l’azienda agricola, infatti, avrebbe sempre utilizzato le deiezioni animali come ammendante, avvalendosi di apparecchiature mobili che ne consentirebbero lo spandimento sui terreni. La condotta, dunque, sarebbe censurabile sotto il profilo amministrativo (spandimento in un periodo dell’anno in cui non era consentito), ma non potrebbe essere qualificata come fatto di reato.
NOMENOME
Contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Il Tribunale avrebbe negato il beneficio in ragione del pericolo per l’ambiente derivato dalla condotta, sebbene, poche pagine prima, avesse affermato che in dibattimento non sarebbe emersa alcuna valutazione concreta circa il danno ambientale.
Con motivi nuovi pervenuti il 19/1/2024, si chiede l’annullamento della sentenza perché l’imputato, riqualificato il reato nei termini menzionati, non sarebbe stato rimesso in termini per estinguere la contravvenzione tramite oblazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME risulta manifestamente infondato.
Il Tribunale ha riqualificato la condotta, contestata ai sensi dell’art. 452-bis cod. pen. (Inquinamento ambientale), come contravvenzione di cui all’art. 137, comma 1, d. Igs. n. 152 del 2006, che punisce chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata. A norma dell’art. 74, lett. ff), stesso decreto, poi, per scarico si intend qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in ret fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione.
Tanto premesso, la sentenza è giunta a tale riqualificazione accertando che, nel caso di specie, era stato riscontrato proprio un sistema stabile di collettamento nei termini appena richiamati, come indicato dal Tribunale alle pagg. 3 e 7 della decisione. A fronte di questo accertamento, il ricorso si sviluppa però su inammissibili termini di merito, sul presupposto che: a) non esisterebbe alcuno stabile sistema di tubazioni; b) l’azienda avrebbe sempre utilizzato deiezioni animali come ammendante agricolo, avvalendosi di apparecchiature mobili, come tali prive del carattere di stabilità; c) i liquami degli animali sarebbero stati us “concretamente ed integralmente” nel terreno come concime nel successivo ciclo produttivo. Si tratta, dunque, di considerazioni di puro fatto, legate all valutazione delle prove e non ammesse in questa sede di legittimità, perché proprie della sola fase di cognizione; tanto che – nei medesimi termini – il ricorso conclude poi che “nel caso concreto non è emerso in maniera netta che nell’azienda agricola vigeva un sistema di canalizzazione che consentiva ai reflui” di finire nei due canali, fino direttamente al mare.
Il ricorso di COGNOME, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Alle stesse conclusioni, poi, la Corte giunge anche quanto all’impugnazione proposta da NOME, che contesta soltanto la motivazione con la quale sono state negate le circostanze attenuanti generiche.
8.1. Il motivo evidenzia una presunta contraddizione tra la ragione del diniego (la gravità della condotta e il conseguente pericolo per l’ambiente) e l’esclusione della originaria fattispecie di cui all’art. 452-bis cod. pen., per assenza di prov quanto al danno ambientale. Tale contraddizione, tuttavia, non si riscontra, in quanto la sentenza ha correttamente evidenziato che il delitto costituisce un reato di danno integrato da un evento di danneggiamento, mentre nel caso in esame era stata rilevata soltanto “l’alta concentrazione di sostanze potenzialmente inquinanti”; non un danno, dunque, ma un serio pericolo per l’ambiente, come
sostenuto dal Tribunale con affermazione priva di vizi, tale quindi da giustif la decisione in tema di circostanze attenuanti generiche.
8.2. La manifesta infondatezza della censura comporta, poi, la dichiarazion di inammissibilità anche dei motivi nuovi presentati il 19/1/2024. Al medesim effetto, peraltro, si giunge anche per la violazione del principio in forza del motivi nuovi proposti a sostegno dell’impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata già inve dall’atto di impugnazione originario (tra le molte, Sez. 2, n. 17693 del 17/1/ Corbelli, Rv. 272821): ebbene, ciò non si riscontra affatto nel caso di specie quale il motivo principale attiene alle circostanze attenuanti generiche, me quello nuovo concerne l’eventuale ammissione all’oblazione a fronte del riqualificazione della condotta.
Entrambi i ricorsi, pertanto, debbono essere dichiarati inammissibili. A luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rile che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento non quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2024
gliere estensore Il