Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24982 Anno 2025
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Penale Sent. Sez. 3 Num. 24982 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI MARSALA nel procedimento a carico di: COGNOME nato a MAZARA DEL VALLO il 18/09/1977 avverso la sentenza del 26/02/2024 del TRIBUNALE di MARSALA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 26/2/2024 il Tribunale di Marsala mandò assolto COGNOME dal reato di cui all’art. 137 d.lgs. n. 152/2006 ritenendo che non fosse rimasto provato che avesse effettuato scarichi di acque reflue industriali senza autorizzazione in qualità di gestore dell’autolavaggio sito in Mazzara del Vallo, INDIRIZZO
Avverso la sentenza ha proposto appello il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, deducendo che gli agenti accertatori, il 9/4/2021, avevano rinvenuto all’interno del predetto autolavaggio due vetture, una che “veniva asciugata” e un’altra “posizionata sullo stallo pronta per essere lavata, con la dicitura autoscuola”. Si aggiunge che nei locali venne rinvenuta anche dell’attrezzatura, in particolare, “un compressore, manichette d’acqua con idranti, pistole a spruzzo e secchi” e che il “pavimento del capannone si trovava bagnato”.
Tali elementi, ad avviso dell’appellante, dimostravano che nei locali era esercitata l’attività di autolavaggio e, conseguentemente, l’erroneità delle valutazioni del Tribunale che aveva ritenuto che all’epoca del sopralluogo “l’attività era inattiva” valorizzando, a tal fine, la visura camerale, il fatto che i locali era chiusi al pubblico e il fatto che Lungaro si fosse munito nei mesi successivi delle autorizzazioni necessarie.
Con ordinanza in data 13/11/2024 la Corte d’appello di Palermo, rilevando che l’assoluzione era relativa a una contravvenzione punita con pena alternativa, ha qualificato il fatto come ricorso per cassazione disponendo la trasmissione degli atti a questa Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’impugnazione è fondata.
L’art. 593 comma 3 cod. proc. pen. prevede che sono inappellabili le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa.
Alla stregua della norma citata, quindi, avverso la sentenza di assoluzione adottata dal Tribunale di Marsala non poteva essere interposto appello.
E’ quindi necessario verificare se l’impugnazione presenti i requisiti formali e sostanziali del ricorso in cassazione in quanto il principio di conservazione degli atti processuali, sotteso al meccanismo regolato dall’art. 568 comma 5 cod. proc. pen., non deroga alle ordinarie regole di ammissibilità del mezzo consentito che ha come presupposto la sussistenza dei requisiti che tipicizzano normativamente il tipo di impugnazione (Sez. 6, n. 5803 del 23/03/1995, P.m. in proc. COGNOME ed altri, Rv. 201682 – 01; Sez. 3, n. 6559 del 13/04/1999, COGNOME, Rv. 213984 01).
Al di là del “nomen juris” dell’atto di impugnazione, quindi, è necessario verificare se l’atto del PM presenti i requisiti di validità previsti per il ricorso in Cassazion
3. Nella specie, dalla lettura dell’atto di appello, si evince che con l’impugnazione il PM ha dedotto il vizio di manifesta illogicità della motivazione nella parte in c ha ignorato i molteplici indizi che concorrevano a dimostrare che l’attività imprenditoriale era in corso di svolgimento il giorno del sopralluogo per assegnare a un dato formale emergente dalla visura camerale un valore significativo decisivo.
L’impugnazione, infatti, dà conto delle palesi contraddizioni che viziano il processo inferenziale del Tribunale.
Si legge alla terza pagina della sentenza che alle 11,15 del giorno feriale in cui venne svolto il controllo l’imputato si trovava all’interno dell’autolavaggio e che “locali dell’esercizio commerciale” erano “aperti” rinvenendosi all’interno “auto parcate”.
Si tratta di circostanze che, secondo regole di comune esperienza, rendono altamente probabile che l’attività imprenditoriale fosse esercitata al momento in cui gli agenti accertatori accedettero nei locali.
Il Tribunale, però, subito dopo introduce un ulteriore elemento probatorio, la visura camerale, la associa a una circostanza di fatto -“i locali non erano aperti al pubblico”- che è antitetica a quella poco prima rappresentata come vera, ossia che i locali erano “aperti” al momento del controllo, e le pone quali premesse di un processo inferenziale alternativo che conduce alla conclusione che COGNOME “non possedeva le relative autorizzazione perché di fatto non aveva dato ancora avvio all’attività”.
La sentenza non rivela, però, la regola d’inferenza che collega l’elemento probatorio utilizzato, ossia il dato emergente dalla visura camerale, con il fatto ritenuto provato, e cioè il mancato avvio dell’attività, né s’interroga sugli element probatori di segno contrario che accreditano l’ipotesi accusatoria, circostanze che nella motivazione della sentenza restano senza plausibile spiegazione.
La linea argomentativa che sorregge la decisione, pertanto, appare priva di consequenzialità e non aderente al compendio probatorio con cui, sostanzialmente, non si confronta esaurendosi in un ragionamento inferenziale privo di pregio logico e inidoneo a spiegare la situazione di fatto caduta sotto la diretta percezione degli agenti accertatori.
La sentenza, ancora, non tiene conto dei principi giurisprudenziali secondo cui:
“l’apertura o, comunque, l’effettuazione di uno scarico richiede il preventivo rilascio di una formale, espressa autorizzazione rilasciata dalle competenti autorità sulla base dei criteri e nelle forme indicate dalla legge e non ammette equipollenti” (Sez. 3, n. 11518 del 23/01/2019, COGNOME, Rv. 276030 – 02);
anche lo scarico discontinuo, ovvero l’immissione diretta e canalizzata ma saltuaria attuata mediante un impianto apposito anche a distanza di periodi non brevi assume rilevanza ai fini dell’integrazione del reato in esame (Sez. 3, n. 47038
del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265554 – 01; Sez. 3, n. 24118 del 28/03/2017,
COGNOME, Rv. 270305 – 01).
La sentenza va, quindi, annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di
Marsala, in diversa persona fisica.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di
Marsala, in diversa persona fisica.
Così deciso il 15/5/2024.