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Scambio oggetti detenuti: legittime le regole del carcere

Un detenuto ha presentato ricorso contro una regola carceraria che disciplinava lo scambio di oggetti tra detenuti, in particolare cibo, ritenendola una restrizione ingiustificata. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che le norme amministrative, come la richiesta di un modulo o la limitazione a cibi cotti, costituiscono una legittima regolamentazione del diritto, non una sua negazione, e sono necessarie per il controllo e la sicurezza all’interno dell’istituto penitenziario.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Scambio Oggetti Detenuti: Legittime le Regole che Limitano gli Scambi

La vita all’interno di un istituto penitenziario è governata da regole precise, volte a bilanciare i diritti dei detenuti con le esigenze di sicurezza e ordine. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema dello scambio oggetti detenuti, chiarendo i confini entro cui l’amministrazione penitenziaria può legittimamente regolamentare questa pratica. La pronuncia conferma un orientamento consolidato, secondo cui le limitazioni procedurali non equivalgono a una negazione del diritto.

I Fatti del Caso

Un detenuto si era rivolto al Magistrato di Sorveglianza lamentando il contenuto di un ordine di servizio interno al carcere. Tale disposizione disciplinava le modalità con cui i detenuti potevano scambiarsi oggetti di modico valore, in particolare generi alimentari. Secondo il ricorrente, l’ordine di servizio era ingiustificatamente afflittivo per due motivi principali:

1. Limitazione al tipo di cibo: Veniva proibito lo scambio di cibi crudi, ammettendo unicamente quello di cibi già cucinati.
2. Onere burocratico: Per effettuare lo scambio, era necessario compilare un apposito modulo (‘domandina’), una procedura che, a dire del detenuto, introduceva inutili lungaggini e svuotava di fatto il suo diritto.

Il detenuto sosteneva che tali regole violassero principi costituzionali e le norme dell’ordinamento penitenziario. Il suo reclamo era stato già respinto dal Magistrato di Sorveglianza, decisione contro la quale ha proposto ricorso per Cassazione.

La Disciplina dello Scambio Oggetti Detenuti secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure del detenuto manifestamente infondate. Gli Ermellini hanno ribadito che le regole imposte dall’amministrazione penitenziaria non negano il diritto allo scambio, ma si limitano a regolarne l’esercizio. Questa regolamentazione è considerata non solo legittima, ma anche necessaria per garantire il controllo e la sicurezza all’interno dell’istituto.

La Corte ha sottolineato come l’ordine di servizio contestato fosse stato emanato in ottemperanza a una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 97 del 2020), che aveva già affrontato il tema, spingendo le amministrazioni a disciplinare la materia.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni alla base della decisione della Suprema Corte sono chiare e si fondano su un principio consolidato nella giurisprudenza. La Corte ha spiegato che provvedimenti come quello in esame, che richiedono la compilazione di una domanda o pongono limiti sulla tipologia di beni scambiabili (come la distinzione tra cibi crudi e cotti), non sono talmente limitativi da impedire l’esercizio concreto del diritto. Al contrario, sono funzionali a un’esigenza fondamentale: il controllo da parte dell’amministrazione penitenziaria.

Questo controllo è essenziale per prevenire scambi di oggetti non consentiti, per mantenere l’ordine e per garantire la sicurezza di tutti i detenuti e del personale. La procedura della ‘domandina’, criticata dal ricorrente come una lungaggine, è stata invece vista dalla Corte come uno strumento ragionevole per tracciare e autorizzare gli scambi, in linea con le finalità di ordine interno.

La Corte ha inoltre richiamato numerose sentenze precedenti che confermano questo orientamento, dimostrando come la giurisprudenza sia ormai stabile nel considerare tali regolamentazioni una legittima modalità di gestione della vita carceraria.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

In conclusione, l’ordinanza ribadisce un punto fondamentale: il diritto dei detenuti allo scambio di oggetti non è assoluto, ma può essere soggetto a regole procedurali dettate dall’amministrazione penitenziaria. Tali regole sono legittime a condizione che non si traducano in un annullamento del diritto stesso, ma si limitino a disciplinarne l’esercizio per finalità di sicurezza e controllo.

Per i detenuti, ciò significa che, sebbene il diritto allo scambio sia riconosciuto, esso deve essere esercitato secondo le modalità previste dai regolamenti interni. Per l’amministrazione penitenziaria, la sentenza conferma la facoltà di emanare disposizioni organizzative per gestire le attività interne, purché queste siano ragionevoli e proporzionate all’obiettivo di mantenere l’ordine e la sicurezza.

Un’amministrazione penitenziaria può limitare lo scambio di oggetti tra detenuti, ad esempio consentendo solo cibi cotti?
Sì, secondo la Corte, l’amministrazione può imporre regole che disciplinano le modalità dello scambio, come limitarlo a cibi cotti. Questa non è considerata una negazione del diritto, ma una sua legittima regolamentazione finalizzata al controllo e alla sicurezza.

La richiesta di compilare un modulo (‘domandina’) per scambiare oggetti è una procedura legittima?
Sì, la Corte ha stabilito che la previsione di una richiesta da presentare non è una regolamentazione eccessivamente limitativa. Al contrario, è uno strumento funzionale che permette all’amministrazione penitenziaria di esercitare il necessario controllo sugli scambi.

Cosa accade se un ricorso contro queste regole viene considerato manifestamente infondato dalla Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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