Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23373 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23373 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME COGNOME NOME nato a Catania il 10/04/1976;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma del 13/03/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma ha accolto il reclamo proposto dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) avverso il provvedimento emesso dal magistrato di sorveglianza di Viterbo in data 25 maggio 2023, con il quale – a seguito del reclamo di NOME COGNOME NOME COGNOMEdetenuto in regime ex art. 41-bis Ord. pen.) – era stato annullato l’ordine di servizio emesso dalla direzione della casa circondariale di Viterbo il 25 febbraio 2021, nella parte in cui esso subordinava l’autorizzazione immediata allo scambio di generi alimentari (tra detenuti appartenenti allo stesso gruppo di socialità) alla ricorrenza del requisito della eccezionalità, ritenendo che detto requisito in contrasto con quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n.97/2020 in materia.
Il Tribunale di sorveglianza, in sostanza, ha ritenuto che la limitazione temporale (consistente nella necessità per il detenuto di presentare domanda per lo scambio entro il giorno precedente) imposta con l’ordine di servizio non fosse arbitraria e neppure pregiudizievole, poiché essa non nega e non rende concretamente inattuabile l’esercizio del diritto in questione, limitandosi solo a regolarlo mediante la previsione della presentazione di apposita domanda – da parte del detenuto il giorno prima, mediante l’annotazione in un apposito registro di chi siano i soggetti che chiedono di scambiare o di ricevere i beni.
Avverso detta ordinanza NOME COGNOME Maria COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod proc. pen., insistendo per il suo annullamento.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione degli artt. 1, 35-bis e 41-bis 1.354/75 e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 3 e 27 Cost. poiché, a suo dire, la previsione della domanda da presentare il giorno precedente non costituisce l’unica modalità che consente di registrare lo scambio e di impedire il passaggio di beni non consentiti e si pone quindi contro quanto statuito con la sopra indicata sentenza della Corte costituzionale, in quanto travalica il potere di disciplinare gli scambi nei sensi indicati con tale decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Invero, con la sentenza della Corte costituzionale n. 97 del 2020, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., l’art. 41-bis, 2 quater, lett. f), della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui prevede l’adozione delle necessarie misure di sicurezza volte a garantire che sia assicurata «la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti» anziché «la assoluta impossibilità di comunicare e scambiare oggetti tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità». Il giudice delle leggi, invero, ha stabilito che il divieto scambiare oggetti, nella parte in cui si applicava anche ai detenuti inseriti nel medesimo gruppo di socialità, non risultava proporzionato – in quanto applicato a prescindere dalle esigenze del caso concreto -, né funzionale o congruo rispetto alla finalità tipica ed essenziale del provvedimento di sottoposizione del singolo detenuto al regime differenziato, consistente nell’impedire le sue comunicazioni con l’esterno. In queste condizioni, la proibizione in parola non giustifica la deroga alla regola valida per i detenuti, che possono scambiare tra loro oggetti di modico valore (ex art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 230 del 2000), e finisce per assumere un significato meramente afflittivo, anche vista la possibilità che i detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità hanno di comunicare qualsiasi messaggio, senza poter essere ascoltati, nelle due ore giornaliere d’aria, nelle comunicazioni da cella a cella e nelle “salette” per l’attività in comune di tipo culturale, ricreativo e sportivo.
2.1. In particolare, la Corte costituzionale ha sottolineato che, sebbene non esista un diritto fondamentale del detenuto sottoposto al regime differenziato a scambiare oggetti, nemmeno con i detenuti assegnati al suo stesso gruppo di socialità, tuttavia scambiare oggetti – così come cuocere cibi – costituiscono facoltà dell’individuo posto in detenzione che fanno parte di quei piccoli gesti di normalità quotidiana, tanto più preziosi in quanto costituenti gli ultimi residui in cui può espandersi la libertà del detenuto stesso. Pertanto, la compressione di tale spazio di libertà censurata dal giudice rimettente potrebbe giustificarsi solo se esista la necessità in concreto di garantire la sicurezza dei cittadini e la motivata esigenza di prevenire contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, ovvero ad altre ad essa alleate.
2.2. Proprio in relazione a tale ultimo profilo di bilanciamento di interessi, la Corte costituzionale ha stabilito, con la citata sentenza, che, anche dopo la propria pronuncia di accoglimento della questione di costituzionalità, resterà consentito all’amministrazione penitenziaria di disciplinare le modalità di effettuazione degli scambi in esame, nonché di predeterminare le condizioni per introdurre eventuali limitazioni, che devono comunque risultare giustificate da precise esigenze, da motivare espressamente e che devono ritenersi sindacabili, in relazione al caso
concreto, dal magistrato di sorveglianza (cfr. anche, tra i precedenti citati dalla stessa Corte costituzionale, le sentenze n. 186 del 2018, n. 122 del 2017, n. 143
del 2013, n. 376 del 1998 e n. 351 del 1996; ordinanze n. 417 del 2004, n. 192
del 1998 e n. 349 del 1993).
3. Orbene, l’ordinanza impugnata risulta rispettosa di quanto statuito dalla
Corte costituzionale poiché, con motivazione adeguata ed esente da vizi di carattere logico, ha ritenuto legittima la regolamentazione degli scambi (che
vengono, comunque, garantiti al detenuto), mediante la domanda da presentare il giorno precedente, al fine di consentire all’Amministrazione di effettuare i
necessari controlli (legati alle esigenze di sicurezza), ma senza in alcun modo precludere (o rendere particolarmente difficile) lo scambio dei generi alimentari di
modico valore tra gli appartenenti allo stesso gruppo di socialità. In tal modo, infatti, è possibile accertare se lo scambio riguardìeffettivamente beni consentiti
senza intaccare il diritto del detenuto, tenuto anche conto della possibilità (prevista dall’ordine di servizio oggetto del reclamo) di presentare, comunque, anche
richieste occasionali ed eccezionali.
2.3. Deve pertanto affermarsi il seguente principio: “L’Amministrazione Penitenziaria, nel rispetto di quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 97/2020, può regolamentare per ragioni di sicurezza l’esercizio del diritto del detenuto, ristretto in regime ex art. 41-bis Ord. pen., allo scambio di generi alimentari di modico valore con altri detenuti appartenenti allo stesso gruppo di socialità, purché ciò avvenga in modo ragionevole e senza rendere particolarmente difficile detto esercizio determinandone, di fatto, la soppressione”.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 29 maggio 2025.