Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19412 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19412 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: nel procedimento a carico di COGNOME NOME nato a Reggio Calabria il 05/12/1962
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria
avverso l’ordinanza emessa il 10 ottobre 2024 da! Tribunale di Reggio Calabria
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona dei Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso. ; che ha concluso per udito il difensore dell’indagato, Avv. NOME COGNOME l’inammissibilità del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata i: Tribunale di Reggio Ca abria ha rigettato l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’orci nanza di rigetto della richiesta di applicazione della misura della custodia cau’ n carcere nei confronti di NOME
COGNOME in relazione a due fattispecie di reato di scambio elettorale politico mafioso contestate ai capi C) ed E).
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria ricorre per cassazione deducendo plurime doglianze che, all’interno di un corposo ricorso nel quale si ricostruiscono le risultanze delle indagini, il contenuto dei provvedimenti del Giudice per le indagini preliminari e del Tribunale (ciò al fine di dimostrare il carattere meramente apparente della motivazione) e la diversa ricostruzione fattuale del ricorrente, possono essere sostanzialmente ricondotte alle censure di violazione degli artt. 416-bis e 416-ter cod. pen., di erronea valutazione degli elementi indiziari offerti e di apparenza ed illogicità della motivazione relativa alla esclusione della gravità indiziaria in relazione ai seguenti punti della decisione impugnata:
-alla insufficienza, ai fini dell’accertamento degli scopi tipici del sodalizio mafioso, ch questo abbia impedito o ostacolato il libero esercizio del voto o procurato voti in occasione di competizioni elettorali, richiedendo il Tribunale anche l’individuazione dell’interesse ad infiltrarsi nella Pubblica Amministrazione;
alla affermata necessità di una prova che il mediatore COGNOME, una volta ottenuti incarichi istituzionali, «frutto di patti sinallagmatici a base elettorale», se ne servisse per rafforzar le capacità operative dell’associazione;
all’adozione di una nozione di “appartenente alle associazioni di cui all’art. 416-bis”, non quale partecipe all’associazione, ma, alla stregua delle indicazioni ermeneutiche delle Sezioni Unite in tema di misure di prevenzione (si richiama la sentenza “COGNOME“), con riferimento alla posizione di chi, pur non essendo partecipe né concorrente esterno, svolge, comunque, un’attività, anche isolata, funzionale agli interessi del sodalizio;
alla conseguente esclusione della “appartenenza” di COGNOME alla cosca COGNOME, al momento dei fatti guidata dal suocero NOME COGNOME, nonostante, peraltro, le risultanze probatorie relative alla sua gestione «opaca» del tesseramento del Partito Democratico e la sua «attitudine a non comparite e a gestire il potere da dietro le quinte». Si rileva, al riguardo, che l’ordinanza impugnata ha omesso di considerare il contenuto delle conversazioni intercettate tra il candidato NOME COGNOME e GLYPH suo autista NOME COGNOME nonché tra il primo e il candidato al Consiglio comunale NOME COGNOME (ricostruite a pagina 26 e 27 del ricorso), sintomatiche delle dinamiche “elettorali” che coinvolgevano la cosca COGNOME, confermandone la capacità di gestire e indirizzare i flussi elettorali nel quartiere di Sambatello, il tutto sotto la direzione di NOME COGNOME e con l’intervento diretto di NOME COGNOME partecipe del:a cosca, il quale era deputato alla gestione diretta dei rapporti con i candidati.
alla omessa valutazione, a seguito di una lettura frazionata del materiale probatorio e dell’adozione di una lettura alternativa dei fatti incompatibile con gli elementi offerti, de ruolo svolto da COGNOME, quale rappresentante della cosca Ficara-Lateila (e non, come ritiene il Tribunale sulla base di un travisamento per omissione del contenuto di una
conversazione intercettata, come membro del proprio nucleo familiare) e dall’indagato COGNOMEcapo E), quale garante e realizzatore del patto di scambio elettorale oltre che, alla luce del materiale prodotto dal ricorrente con l’atto di appello, quale soggetto “appartenente alla ‘ndrangheta”;
alla ritenuta irrilevanza, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 416-ter pen., delle svariate “utilità” emergenti dal compendio indiziario, reputate dal Tribunale quali utilità personali o, comunque, non riconducibili all’associazione mafiosa.
alla ritenuta necessità dell’efficienza causale del contributo elettorale, posto che l’art. 416-ter cod. pen. considera l’elezione del candidato come una circostanza aggravante del reato.
alla mancanza di prova del patto, a fronte di elementi indiziari emergenti dalle conversazioni in merito alle richieste di COGNOME e dei suoi sodali di ricevere benefici dai candidati;
alla mancanza di prova delle consapevolezza da parte dei candidati della «qualità mafiosa» di NOME COGNOME;
alla esclusione della intraneità o della appartenenza di COGNOME alla cosca COGNOME, egemone nei territori a nord e a ovest del quartiere Sambatello, esclusione frutto della erronea valutazione degli elementi indiziari GLYPH emergenti dalle note GLYPH di polizia giudiziaria attestanti: a) il suo ruolo di «ambasciatore» tra il sodale detenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione a “messaggi” inviati dal primo per il recupero di crediti vantati verso terzi; b) all’intervento di COGNOME a tutela di COGNOME rispetto all pretese vantate da soggetti truffati da quest’ultimo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto, in primo luogo, è redatto in termini disorganici,tali da rendere necessaria una interpretazione, in assenza di una ordinata esposizione dei motivi, delle doglianze dedotte dal ricorrente.
Inoltre, in disparte la tecnica di redazione del ricorso, già sufficiente a fondare una pronuncia di inammissibilità (cfr. Sez. 2, n. 29607 del 14/05/2019, Castando, Rv. 276748), dall’esame del suo ampio contenuto ricostruttivo, emerge il tentativo di sollecitare, sulla base di censure reiterative, di merito e, in parte, eccentriche rispetto all’imputazione provvisoria, una non consentita diversa ricostruzione fattuale (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828) oltre che ad adottare una interpretazione estensiva dell’art. 416-ter cod. in dispregio del divieto di analogia in malam partem e della consolidata esegesi di tale norma della giurisprudenza di legittimità.
Rileva, infatti, il Collegio che il Tribunale, senza incorrere in alcun vizio logico o giuridico, ha escluso la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti di COGNOME in considerazione, con riferimento ad entrambe le condotte criminose oggetto di
imputazione provvisoria, dell’assenza di elementi incliziari a sostegno dell’impiego del metodo mafioso per il procacciamento dei posti (elemento, questo, non censurato dal ricorrente), ovvero della intraneità di Badia alla cosca COGNOME, quanto al capo C), e di COGNOME al locale di Croce Valanisi, quanto al capo E), oltre che, in quest’ultima ipotesi, dell’assenza anche di elementi sintomatici dell’effettivo raggiungimento di un patto.
In buona sostanza, esclusa la presenza di indizi gravi in merito all’impiego del metodo mafioso, si è ritenuto che dagli elementi agli atti emerga, sia pure con le “opacità” di cui si dirà di seguito, un impegno, eventualmente, uti singulus, nell’attività di promozione del candidato, di per sè inidonea a configurare, sia pure secondo il criterio di elevata probabilità richiesto ai fini del giudizio di gravità indiziaria, le fattispecie di r di cui all’imputazione provvisoria.
In particolare, quanto a Barillà, si è valorizzata la sua lunga militanza politica, sia pure connotata da particolari opachi, e il perseguimento, al di là del sostegno ricevuto dal suocero, di propri interessi personali. Sempre in termini non manifestamente illogici, il Tribunale ha escluso la sussistenza di elementi indiziari altamente sintomatici di un effettivo e concreto coinvolgimento della cosca COGNOME nella campagna elettorale (cfr. pagina 30). Analogamente, con riferimento alla posizione di COGNOME si è rilevato che, anche alla luce della sua lunga attività in campo politico, lo stesso, forte delle sue relazioni, si impegnava in prima persona a procurare voti a COGNOME, senza agire su incarico di COGNOME.
La soluzione adottata da! Tribunale appare coerente con l’indirizzo maggioritario di questa Corte, dal Collegio pienamente condiviso e ribadito, secondo il quale, ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge 21 maggio 2019, n. 43, ove il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi, pur essendo intraneo ad una consorteria mafiosa, operi uti singulus, è necessaria la prova che l’accordo contempli l’attuazione, o la programmazione, di un’attività di procacciamento di voti con metodo mafioso (Sez. 6, n. 15425 del 12/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284583; Sez. 1, n. 19230 del 30/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv, 266794; Sez. 6, n. 25302 del 19/05/2015, COGNOME, Rv. 263845).
Ai fini della configurabilità del reato in esame, infatti, il programma negoziale illecito non può prescindere dalla promessa di acquisire il consenso tramite le modalità di cui all’art. 416-bis, comma terzo, cod. pen. Solo quando il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi è persona intranea ad una consorteria di tipo mafioso, ed agisce per conto e nell’interesse di quest’ultima, non è necessario che l’accordo concernente lo scambio tra voto e denaro o altra utilità contempli l’attuazione, o l’esplicita programmazione, di una campagna elettorale mediante intimidazioni, poiché esclusivamente in tal caso il ricorso alle modalità di acquisizione del consenso tramite la modalità di cui all’art. 416-bis, comma terzo, cod. pen. può dirsi immanente all’illecita
pattuizione (Sez. 6, n. 16397 del 03/03/2016, La Rupa, Rv. 266738; Sez. 6, n. 25302
del 19/05/2015 , COGNOME, Rv. 263845 ).
lEt, Il ricorrente tenta, inoltre, di superare tale argomentazione proponendo una illegittima estensione della nozione di “appartenenza” ad associazione mafiosa, rilevante
ai fini della applicazione delle misure di prevenzione/Écome chiarita da Sez. U, n. 111 del
30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271514 alla interpretazione dell’elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 416-ter cod. pen. costituito da
stipula del patto con “soggetti appartenenti ad associazioni mafiose”.
Si tratta di una soluzione che, oltre ad estendere analogicamente e in malam
partem una nozione elaborata dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla diversa
materia delle misure di prevenzione, omette di considerare la rado
della fattispecie incriminatrice in esame, che mira a sanzionare il patto elettorale per il rischio specifico
che esso determina di alterazione del processo democratico allorché il voto viene sollecitato da una organizzazione mafiosa o con metodo mafioso. La fattispecie in esame
configura, infatti, un reato di pericolo, anticipandosi la
soglia della punibilità alla conclusione dell’accordo di scambio tra voto e denaro o altra utilità con un soggetto le
cui indicazioni di voto, in forza della sua intraneità alla consorteria mafiosa e del conseguente condizionamento diffuso / fondato sulla prepotenza e sulla sopraffazione, sono percepite all’esterno come provenienti dal sodalizio (cfr. Sez. 6, n. 37374 del 2014, Polizzi).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 28 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presie te