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Scambio elettorale: quando mancano i gravi indizi

La Corte di Cassazione conferma il rigetto di una misura cautelare per un politico accusato di scambio elettorale politico-mafioso. La sentenza chiarisce che, per applicare misure restrittive, sono necessari gravi indizi sia sulla provenienza mafiosa della promessa di voti sia sulla concretezza della controprestazione del politico a favore del clan, elementi ritenuti insussistenti nel caso di specie.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Scambio Elettorale: i Criteri della Cassazione per i Gravi Indizi

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sul delicato tema dello scambio elettorale politico-mafioso, delineando con precisione i confini dei “gravi indizi di colpevolezza” necessari per l’applicazione di una misura cautelare. Il caso in esame riguarda il ricorso di un Procuratore della Repubblica avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva negato la custodia in carcere per un candidato politico, successivamente eletto, accusato di aver accettato la promessa di voti da esponenti di cosche mafiose in cambio di utilità. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando l’insussistenza di un quadro indiziario sufficientemente grave.

I Fatti del Caso

Le indagini si concentravano su un politico candidato alle elezioni regionali. L’accusa sosteneva che egli avesse stretto un patto illecito con esponenti di due diverse cosche di ‘ndrangheta per ottenere un pacchetto di voti decisivo per la sua elezione. In cambio, il politico avrebbe promesso varie utilità, tra cui incarichi e favori.

Il Giudice per le indagini preliminari (G.I.P.) aveva inizialmente respinto la richiesta di arresto, ritenendo non sufficientemente provati gli elementi costitutivi del reato. In particolare, il G.I.P. aveva sollevato dubbi sull’effettiva appartenenza di uno degli intermediari principali alla cosca, sulla natura della controprestazione promessa dal politico e sull’uso del metodo mafioso per la raccolta dei consensi. La Procura aveva impugnato la decisione davanti al Tribunale del Riesame, il quale però aveva confermato la valutazione del G.I.P., rigettando l’appello. Da qui il ricorso per Cassazione del pubblico ministero.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, ritenendo la motivazione del Tribunale del Riesame logica, coerente e corretta nell’applicazione dei principi di diritto. La decisione si fonda sull’assenza di un quadro indiziario grave, robusto e convergente, come richiesto dall’art. 273 del codice di procedura penale per poter disporre una misura così afflittiva come la custodia in carcere.

Le Motivazioni: l’Analisi dello Scambio Elettorale Politico-Mafioso

La sentenza offre un’analisi dettagliata degli elementi che devono sussistere per configurare il reato di scambio elettorale politico-mafioso in fase cautelare. I giudici hanno esaminato separatamente i due pilastri dell’accusa: la promessa di voti di provenienza mafiosa e la contropromessa di utilità da parte del politico.

La Carenza di Gravi Indizi sulla Provenienza Mafiosa dei Voti

Il primo punto critico riguardava la figura dell’intermediario principale, genero di un noto boss. Secondo la Corte, non erano emersi elementi sufficienti per affermare con la necessaria gravità indiziaria che egli agisse come un “appartenente” alla cosca o per conto di essa. Al contrario, il Tribunale del Riesame aveva logicamente evidenziato come l’intermediario fosse un soggetto già inserito nelle dinamiche politiche locali, con una propria autonomia e un interesse personale a rafforzare la sua carriera politica. La sua condotta, pur opaca, poteva essere letta come un’azione autonoma, finalizzata a stringere accordi elettorali per un tornaconto personale, piuttosto che come esecuzione di una strategia della cosca. Anche un episodio di “voltafaccia” elettorale, in cui l’intermediario aveva cambiato candidato da sostenere adducendo ordini del suocero, è stato ritenuto di dubbia interpretazione e non una prova certa del suo assoggettamento alla cosca.

L’Insussistenza della Controprestazione a Favore della Cosca

Il secondo pilastro dell’accusa, ovvero la promessa di utilità da parte del politico, è stato anch’esso ritenuto debole. La Corte ha sottolineato che, sebbene l’utilità possa essere anche di natura personale per l’intermediario (e non necessariamente un vantaggio diretto per l’intera associazione), nel caso di specie mancavano indizi gravi su una promessa concreta.

L’unico incarico effettivamente ottenuto dall’intermediario dopo le elezioni era stato accolto con stizza da quest’ultimo, che lo riteneva un atto dovuto, e non vi era prova che tale nomina avesse portato un vantaggio alla cosca. Per quanto riguarda un secondo presunto accordo con un altro gruppo, i giudici hanno rilevato l’assoluta genericità della promessa di voti e, soprattutto, la totale assenza di una controprestazione da parte del politico, il quale aveva esplicitamente rinviato ogni discussione a dopo le elezioni, senza manifestare alcuna disponibilità a soddisfare future esigenze del gruppo.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: per limitare la libertà di un individuo prima di una condanna, non basta un sospetto, ma occorrono “gravi indizi di colpevolezza”. Nel contesto del reato di scambio elettorale politico-mafioso, ciò si traduce nella necessità di provare, con un alto grado di probabilità, tutti gli elementi della fattispecie:
1. Che la promessa di voti provenga da un soggetto appartenente a un’associazione mafiosa o che agisca per conto di essa.
2. Che il politico accetti tale promessa.
3. Che in cambio il politico eroghi o prometta un’utilità concreta, o quantomeno manifesti la propria disponibilità a soddisfare gli interessi dell’associazione.

Quando questi elementi rimangono a un livello di mera ipotesi o sono suscettibili di plausibili interpretazioni alternative, come nel caso esaminato, la richiesta di una misura cautelare non può essere accolta.

Quali elementi sono necessari per configurare il reato di scambio elettorale politico-mafioso ai fini di una misura cautelare?
Per l’applicazione di una misura cautelare, sono necessari gravi indizi di colpevolezza che dimostrino con alta probabilità: 1) la provenienza della promessa di voti da un soggetto appartenente a un’associazione mafiosa (o che agisca per conto di essa); 2) l’accettazione di tale promessa da parte del politico; 3) l’erogazione o la promessa di un’utilità in cambio, o la manifesta disponibilità a soddisfare gli interessi della cosca.

La promessa di un vantaggio personale a un intermediario è sufficiente per integrare il reato?
Sì, l’utilità promessa dal politico può essere anche di natura personale e destinata al singolo intermediario. Tuttavia, in assenza di gravi indizi sulla provenienza mafiosa del patto, la natura strettamente personale dell’utilità rende più difficile ipotizzare un interesse per la cosca e, di conseguenza, provare il coinvolgimento di quest’ultima nell’accordo.

Cosa si intende per ‘appartenente’ a un’associazione mafiosa nel contesto dell’art. 416-ter c.p.?
La figura dell'”appartenente” non si limita a chi è stato condannato per associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), ma include anche chi, pur non essendo un membro organico, presta un’attività di collaborazione funzionale agli scopi associativi. Tuttavia, per provare tale appartenenza, è necessario dimostrare un collegamento concreto e volontario tra l’azione del soggetto e gli interessi della cosca, escludendo situazioni di mera contiguità o di azione svolta per esclusivo interesse personale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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