Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14190 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14190 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di
NOME NOME COGNOME nato a Reggio Calabria il 20/06/1984
avverso l’ordinanza emessa il 16/12/2024 dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; ‘udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso; sentite, nell’interesse dell’indagato, l’avv. NOME COGNOME che ha chiesto il
respingimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 16 dicembre 2024 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria rigettava l’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pe avverso il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria il 29 maggio 2024 nei confronti di NOME COGNOME
Con il provvedimento cautelare genetico il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria aveva rigettato la richiesta di applicazione dell misura della custodia cautelare in carcere avanzata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 61, primo comma, n. 2, 81, secondo comma, 110, 416-ter cod. pen., che venivano contestati all’indagato o ai capi C e dell’originaria rubrica.
Secondo il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, il compendio indiziario, eminentemente incentrato sugli esiti delle intercettazioni attivate nel corso de indagini preliminari su impulso della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, passate in rassegna nelle pagine 9-20 dell’ordinanza impugnata, non consentiva di ritenere dimostrato il coinvolgimento concorsuale di NOME Pietro COGNOME nelle ipotesi di reato ascrittegli.
Dalle captazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, infatti, no risultava dimostrato l’assunto accusatorio, secondo cui si era perfezionat un’intesa politico-mafiosa tra NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che coinvolgeva anche altri indagati, in occasione di alcune campagne elettorali svoltesi nell’area reggina nel 2020 e nel 2021, alle quali era interes il Clan COGNOME, che era una delle ‘ndrine che controllava l’area metropolitana di Reggio Calabria. Non si riteneva, dunque, provata la natura politico-mafiosa, rilevante ai sensi dell’art. 416-ter cod. pen., né dell’appoggio fornito candidatura di NOME COGNOME alle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Regione Calabria del 2020 e del 2021, né del sostegno fornito a NOME COGNOME COGNOME alle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Reggio Calabria del 2020.
In questa cornice, secondo il Giudice dell’appello, non risultava dimostrata l’esistenza di un’intesa politica-mafiosa tra NOME COGNOME e il Clan COGNOME riguardante le competizioni elettorali in esame, finalizzata a favorire l’elezi dei candidati sostenuti dalla consorteria ‘ndranghetistica, che imponeva il raggiungimento della prova della consapevolezza che il procacciamento dei voti
era intervenuto nell’interesse di esponenti del sodalizio reggino ovvero con l’utilizzo di una metodologia mafiosa.
Si evidenziava, in proposito, che i comportamenti posti in essere da NOME COGNOME, quantomeno allo stato degli atti, non apparivano sussumibili nell’alveo applicativo dell’art. 416-ter cod. pen., nell’attuale formulazi derivante dall’entrata in vigore dell’art. 1, comma 1, legge 21 maggio 2019, n. 43, per effetto della natura incerta dei rapporti di cointeressenza esistenti tr ricorrente, NOME COGNOME e il suocero NOME COGNOME – che era uno degli esponenti di punta dell’omonima consorteria ‘ndranghetistica -, attraverso il quale si sarebbero perfezionate le intese elettorali politico-mafiose contesta all’indagato.
Sulla scorta di questi elementi indiziari il Tribunale del riesame di Reggio Calabria emetteva il provvedimento cautelare di cui in premessa, respingendo l’appello del Pubblico ministero.
Avverso questa ordinanza il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria proponeva ricorso per cassazione, articolando promiscuamente un’unica censura.
Con tale doglianza si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi costituitivi dei reati contestati a NOME COGNOME ai sensi degli artt. 61, primo comma, n. 2, 81, secondo comma, 110, 416-ter cod. pen., la cui sussistenza era indispensabili ai fini della formulazio del giudizio di gravità indiziaria formulato nei confronti dell’indagato per ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso di cui ai capi C e F dell’originar rubrica.
Secondo la parte ricorrente, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria aveva escluso la ricorrenza dei reati di scambio elettorale politico-mafioso contestati a NOME COGNOME senza il compimento di un’adeguata ricognizione degli elementi costitutivi della fattispecie 416-ter cod. pen. costituiti dall’esistenza dell’associazione di tipo mafioso in relazione alla qual procacciamento di voti si sarebbe verificato, rappresentata dal Clan COGNOME, del quale NOME COGNOME all’epoca dei fatti, era un esponente di spicco; dall’esistenza di un’intesa elettorale politicp-mafiosa tra il candidato sosten nelle competizioni, di volta in volta, considerate e il sodalizio criminale di cui controverte; dalla consapevolezza che l’intesa elettorale, finalizzata procacciamento dei voti, si era perfezionata con l’utilizzo di una metodologia ‘ndranghetistica, che si collegava all’incontroversa egemonia criminale vantata
dal sodalizio reggino nell’arco di decenni -, la cui pretermissione determinava l’incongruità del percorso argomentativo posto a fondamento del giudizio di gravità indiziaria censurato.
Si deduceva, al contempo, che il Tribunale del riesame di Reggio Calabria aveva parcellizzato gli esiti delle captazioni acquisite nel corso delle indagi preliminari, dalle quali si evinceva l’esistenza di intese elettorali politico-maf tra NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME – avvalorate dal fatto che NOME COGNOME era il genero di NOME COGNOME funzionali al perseguimento degli interessi strategici del Clan COGNOME nelle campagne elettorali del 2020 e del 2021.
La parcellizzazione del compendio indiziario fondato sulle captazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, infatti, non aveva consentito ritenere dimostrato l’appoggio, pur incontroverso, fornito dall’indagato, d’intes con NOME COGNOME e NOME COGNOME sia alla candidatura di NOME COGNOME alle elezioni per il rinnovo del Coniglio regionale della Regione Calabria del 2020 e del 2021, sia alla candidatura di NOME COGNOME COGNOME alle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Reggio Calabria del 2020.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria è infondato.
Osserva il Collegio che il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, sulla base di un percorso argomentativo congruo e rispettoso delle emergenze indiziarie, riteneva che gli esiti delle captazioni acquisite nel corso delle inda preliminari, passate analiticamente in rassegna nelle pagine 9-20 dell’ordinanza impugnata, non fornivano la conferma indiziaria dell’intesa politico-mafiosa, rilevante ex artt. 61, primo comma, n. 2, 81, secondo comma, 110, 416-ter cod. pen., sottostante al sostegno fornito da NOME COGNOME alle campagne elettorali di NOME COGNOME e NOME COGNOME così come contestato ai capi C e F dell’originaria rubrica.
Il compendio indiziario, invero, non consente di ritenere dimostrato, allo stato degli atti, l’appoggio fornito da NOME COGNOME alla candidatura NOME COGNOME in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Regione Calabria svoltesi nel 2020 e nel 2021. Analoghe considerazioni valgono per l’appoggio fornito dallo stesso indagato a NOME COGNOME COGNOME
in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Reggio Calabria del 2020.
A ben vedere, il percorso argomentativo seguito dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria, per escludere il coinvolgimento dell’indagato nei reati ascrittigl ai capi C e F dell’originaria rubrica, appare conforme alle emergenze indiziarie e rispettoso degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 416-ter cod. pen., come novellato dall’art. 1 della legge n. 43 del 2019. Nella nuova formulazione dell’art. 416-ter, comma primo, cod. pen., in particolare, si stabilisce: «Chiunqu accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’art. 416-bis in cam dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della promessa di soddisfare gli interessi o le esigen dell’associazione mafiosa è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’art. 416-bis».
Non, può, in proposito, non rilevarsi che la prospettiva di politica criminal sottesa alla legge n. 43 del 2019 si caratterizza per una significativa espansio dell’area di contiguità politico-mafiosa sanzionata, resa evidente dalla riscrittu complessiva del primo comma dell’art. 416-ter cod. pen., che prevede che la promessa di procacciare voti può essere ricevuta sia dall’uomo politico sia da intermediari e può provenire sia da esponenti del sodalizio mafioso sia da soggetti estranei alla consorteria criminale.
Tuttavia, ferme restando tali considerazioni, non può non rilevarsi che i comportamenti posti in essere dal ricorrente, quantomeno allo stato degli atti, pur essendo univocamente orientati a sostenere le candidature elettorali di NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME nelle competizioni elettorali del 2020 e del 2021, non appaiono, ex se, riconducibili all’alveo applicativo dell’art. 416-ter cod. pen., nell’attuale formulazione conseguente alla novella del 2019, per effetto della natura, non compiutamente definita, dei rapporti esistenti tra ricorrente, NOME COGNOME e NOME COGNOME attraverso i quali si sarebber concretizzate le intese politico-mafiose controverse.
Nella cornice descritta nel paragrafo precedente, non assumono rilievo, ai fini della configurazione della fattispecie di cui all’art. 416-ter cod. pen., invo dalla parte ricorrente, le modifiche normative introdotte dalla legge n. 43 de 2019, relative alla controprestazione della promessa – che non è più limitata al denaro e alle altre utilità, essendosi aggiunta la disponibilità «a soddisfare interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa » -, atteso che ciò che, caso in esame, assume rilievo è l’assenza di univocità indiziaria relativa al natura delle intese politico-mafiose, finalizzate a sostenere le candidature
NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME in occasione delle elezioni svoltesi nel 2020 e nel 2021. Queste intese elettorali, a loro volta, sarebbero state funziona all’affermazione delle strategie di controllo del territorio reggino da parte Clan COGNOME, al perseguimento delle quali NOME COGNOME avrebbe contribuito forte dei suoi legami personali, con NOME COGNOME e con il suocero d quest’ultimo, NOME COGNOME che, all’epoca dei fatti, ricopriva un ruolo d vertice in seno alla stessa consorteria.
In altri termini, le captazioni acquisite nel corso delle indagini preliminar relativamente alle ipotesi di reato di cui ai capi C e F dell’originaria rubr consentivano di ritenere dimostrato il fattivo coinvolgimento di NOME COGNOME nelle strategie elettorali elaborate da NOME COGNOME – peraltro ribad dallo stesso Tribunale del riesame di Reggio Calabria nel provvedimento impugnato -, ma non permettevano di ritenere provata la partecipazione dell’indagato ad accordi politico-mafiosi, rilevanti ex art. 416-ter cod. pen., finalizzati a sostenere le candidature elettorali di NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME
Quello che, dunque, è in discussione non è tanto la sussistenza di un’intesa personale, che coinvolgeva NOME COGNOME, NOME COGNOME e i candidati alle campagne elettorali controverse, che deve ritenersi dimostrata dagli esiti dell attività di captazioni richiamati nelle pagine 9-20 dell’ordinanza impugnata, quanto 9 piuttosto, la natura degli accordi finalizzati a sostenere le candidature d NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME che non appare, sic et simpliciter, riconducibile ai parametri prefigurati dall’art. 416-ter cod. pen. Quest disposizione, infatti, sanziona le sole condotte dei soggetti che accettano promessa di voti «da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cu all’articolo 416-bis o mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articol 416-bis », subordinando la punibilità di tali comportamenti criminosi ineludibili indici soggettivi o metodologici, che, almeno al momento, non appaiono riscontrabili.
Né era possibile desumere la partecipazione di NOME COGNOME a intese elettorali politico-mafiose, rilevanti ai sensi dell’art. 416-ter cod. pen., circostanza che NOME COGNOME era a conoscenza delle iniziative elettorali assunte da NOME COGNOME per sostenere NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME in occasione delle competizioni elettorali del 2020 e del 2021, in ragione del fatt che né l’indagato né lo stesso COGNOME – è il dato processuale non è contestato facevano parte del Clan COGNOME.
Sotto questo profilo, le conclusioni raggiunte dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria, tenuto conto dell’assenza di vincoli consortili tra NOME COGNOME NOME NOME COGNOME e il Clan COGNOME, appaiono rispettose del compendio
iv
indiziario e conformi al principio di diritto affermato da Sez. 6, n. 43186 del 11/09/2024, COGNOME, Rv. 287271 – 01, secondo cui: «Ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge 21 maggio 2019, n. 43, non è necessario che il procacciamento dei voti avvenga con metodo mafioso laddove il procacciatore sia un appartenente ad associazione mafiosa, anche laddove l’agente operi “uti singulus”».
Non può, per altro verso, non rilevarsi che l’assenza di prove del collegamento consortile – associativo o concorsuale – esistente tra NOME COGNOME e NOME COGNOME con il Clan COGNOME assumeva un rilievo ulteriormente negativo alla luce del fatto che, nel caso di specie, non era stata acquisita la prova che il sostegno elettorale fornito alle candidature di NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME fosse stato fornito con una metodologia mafiosa. Sul punto, non si può che richiamare il principio di diritto affermato da Sez. 6, n. 15425 del 12/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284583 – 01, secondo cui: «Ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge 21 maggio 2019, n. 43, ove il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi, Pur essendo intraneo ad una consorteria mafiosa, operi “uti singulus”, è necessaria la prova che l’accordo contempli l’attuazione, o la programmazione, di un’attività di procacciamento di voti con metodo mafioso».
Tale ultima opzione ermeneùtica, del resto, si muove nel solco, condivisibile, di Sez. 6, n. 25302 del 19/05/2015, Policastro, Rv. 263845 – 01, che precede la riformulazione dell’art. 416-ter cod. pen. da parte della legge n. 43 del 2019, in cui si affermava il seguente principio di diritto: «Ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, come previsto dall’art. 416-ter cod. pen. nel testo vigente dopo le modifiche introdotte dalla I. n. 62 del 2014, solo quando il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi è persona intranea ad una consorteria di tipo mafioso, ed agisce per conto e nell’interesse di quest’ultima, non è necessario che l’accordo concernente lo scambio tra voto e denaro o altra utilità contempli l’attuazione, o l’esplicita programmazione, di una campagna elettorale mediante intimidazioni, poiché esclusivamente in tal caso il ricorso alle modalità di acquisizione del consenso tramite la modalità di cui all’art. 416-bis, terzo comma, cod. pen. può dirsi immanente all’illecita pattuizione».
Tutto questo comporta che, ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso previsto dall’art. 416-ter cod. pen., nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge n. 43 del 2019, occorre enucleare preliminarmente, sulla base degli elementi probatori acquisiti, il rapporto i/
funzionale esistente tra il procacciatore di voti e la consorteria mafiosa riferimento.
Infatti, laddove il soggetto che si impegna a procacciare i voti è un associato a una consorteria mafiosa, nell’interesse della quale opera, non occorre che l’acquisizione del consenso abbia luogo con le modalità di cui all’art. 416-bis terzo comma, cod. pen.; viceversa, quando il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi è estraneo a un’organizzazione mafiosa o comunque opera uti singulus è necessaria la prova che l’accordo contempli un’attività di procacciamento svolta con le modalità di cui all’art. 416-bis, terzo comma, cod. pen.
Ne discende che, allo stato degli atti, pur dovendosi ritenere acquisita l prova del coinvolgimento di NOME COGNOME – e, come detto, di NOME COGNOME – nelle attività di sostegno alle candidature di NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME in occasione delle competizioni elettorali del 2020 e del 2021, la configurazione del reato di cui all’art. 416-ter cod. pen., così come contestata NOME COGNOME ai capi C e F dell’originaria rubrica, non può trovare accoglimento per la contestuale presenza di due elementi negativi. È pacifico, infatti, che, all’epoca dei fatti, l’indagato non era un esponente del Clan Aran (Sez. 6, n. 43186 del 11/09/2024, COGNOME, cit.) e che il sostegno al candidature elettorali di NOME COGNOME e NOME Francesco COGNOME non veniva fornito con una metodologia mafiosa riconducibile, direttamente o indirettamente, allo stesso sodalizio ‘ndranghetistico (Sez. 6, n. 15425 del 12/12/2022, dep. 2023, COGNOME, cit.).
In questa, univoca, cornice ermeneutica, appaiono pienamente condivisibili le conclusioni alle quali giungeva il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, che, a pagina 25 dell’ordinanza impugnata, osservava: «Le conversazioni, se confermano ancora una volta il fattivo coinvolgimento del COGNOME nelle strategie elettorali tessute dal COGNOME in vista delle elezioni comunali, alcun d di conoscenza offrono in relazione alla partecipazione dell’appellato ad accordi criminali, nonché in ordine alla consapevolezza in capo allo stesso di contribuire all’attuazione di simili accordi, non potendo tale consapevolezza inferirsi dall mera presa d’atto che l’COGNOME fosse reso partecipe delle iniziative assunte d genero».
Occorre, pertanto, ribadire che il compendio indiziario esaminato, quantomeno allo stato, non consente di ritenere dimostrati gli elementi costitutivi del reato di Cui all’art. 416-ter cod. pen., non risultando acquisit prova della natura politico-mafiosa del sostegno elettorale fornito dal ricorrente NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME in occasione delle campagne elettorali
svoltesi nel 2020 e nel 2021, così come contestato ai capi C e F dell’originari rubrica.
4. Non è, per altro verso, possibile operare una reinterpretazione complessiva del contenuto delle conversazioni acquisite nei confronti di NOME COGNOME in sede di legittimità, nei termini prospettati dal Procuratore del Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria nel suo atto di impugnazione, essendo una tale operazione di ermeneutica processuale preclusa a questo Collegio. Se così non fosse, si demanderebbe alla Corte di cassazione il compimento di un’operazione ermeneutica, involgente questiones facti, palesemente estranea all’ambito valutativo proprio de giudizio di legittimità come quella della reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice cautelare di merito ai fini della formulazione del giudizio di gravità indiziar dell’indagato.
In questo contesto, occorre ribadire il consolidato principio di diritto second cui, a seguito della riformulazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio d travisamento della prova, non è consentito dedurre il vizio di travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la pro valutazione a quella compiuta dal giudice di merito. A opinare diversamente, infatti, si finirebbe per consentire al giudice di legittimità di reinterpretar elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione censura (tra le altre, Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, COGNOME, Rv. 244623 -01; Sez. 5 n. 39048 del 25/09/2007, COGNOME, Rv. 238215 – 01; Sez. 1, n. 25117 del 60 14/07/2006, COGNOME, Rv. 234167 – 01; Sez. 4, n. 117 del 28/10/2005, COGNOME, Rv. 232626 – 01).
Discorso, questo, che vale anche con riferimento alla lettura del contenuto delle conversazioni e delle comunicazioni captate durante le indagini preliminari, rispetto alle quali è stato tratteggiato nella gran parte dei ricorsi in esam termini sostanzialmente assimilabili, un mero problema di interpretazione delle frasi e del linguaggio usato dai soggetti interessati a quelle intercettazioni, costituisce una questione esclusivamente fattuale, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, che si sottrae al giudizio di legittimità se e nella misura in le valutazioni effettuate dai giudici di merito risultano logiche e coerenti rapporto alle massime di esperienza utilizzate per l’interpretazione di ta captazioni. Sul punto, allo scopo di circoscrivere con maggiore puntualità gli ambiti di intervento del giudice di legittimità in relazione all’operazione ermeneutica processuale compiuta dai Giudici di merito catanzaresi sui risultati delle intercettazioni oggetto di vaglio, si ritiene utile richiamare il segu
principio di diritto: «In tema di valutazione della prova, con riferimento ai risultati delle intercettazioni di comunicazioni, il giudice di merito deve accertare
che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilità dei significati e assenza di ambiguità, di modo che la
ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione» (Sez. 6, n. 29530 del 03/05/2006,
COGNOME, Rv. 235088 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche
Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, COGNOME, Rv. 278611 – 01; Sez. 5, n. 48286 del
12/07/2016, COGNOME Rv. 268414 – 01; Sez. 6, n. 17619 dell’08/01/2008,
COGNOME, Rv. 239724 – 01).
Questa posizione ermeneutica, da ultimo, è stata ribadita dalle Sezioni
Unite, che, in tema di interpretazione delle intercettazioni di comunicazioni o conversazioni, hanno affermato il seguente principio di diritto: «In tema di
intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato,
costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità» (Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
GLYPH Le conclusioni esposte nei paragrafi precedenti impongono conclusivamente di rigettare il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 18 marzo 2025.