Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15501 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15501 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Giuseppe Vesuviano il 02/06/1974
avverso l’ordinanza emessa in data 12/11/2024 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, con l’ordinanza impugnata, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME e ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli emessa in data 4 ottobre
2024, che ha disposto la misura coercitiva degli arresti domiciliari nei confronti di COGNOME
Nell’ordinanza impugnata COGNOME è stato ritenuto gravemente indiziato del delitto di cui agli art. 110, 416-ter, primo, secondo e terzo comma, cod. pen., in quanto, quale candidato sindaco nelle elezioni amministrative del 2020 del Comune di Poggiomarino (di seguito eletto sindaco), avrebbe stipulato un accordo politico-elettorale con NOME COGNOME, esponente apicale dell’omonimo clan camorristico operante a Poggiomarino; fatti commessi in Poggiomarino, in data antecedente e prossima al 20 settembre 2020 e aggravati dall’avvenuta elezione di COGNOME.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso avverso questa ordinanza e ne hanno chiesto l’annullamento, deducendo tre motivi.
2.1. Con il primo motivo i difensori censurano l’inosservanza dell’art. 270, comma 1, cod. proc. pen. e chiedono l’inutilizzabilità delle intercettazioni poste a fondamento del giudizio di gravità indiziaria.
I difensori rilevano che i reati per i quali sono state disposte le intercettazioni eseguite nei confronti di NOME COGNOME nel procedimento n. 2968/19 R.G.N.R., iscritto in data anteriore al 31 agosto 2020, sarebbero privi di connessione sostanziale con il reato per il quale si procede nel procedimento n. 32313/23 R.G.N.R. aperto nei confronti di COGNOME per il delitto di cui all’art. 416-ter cod. pen.
Ad avviso dei difensori, l’assenza di connessione sostanziale tra tali reati imporrebbe, secondo i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite nella sentenza COGNOME (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277395 – 01), l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, in quanto le intercettazioni telefoniche avrebbero assunto un ruolo decisivo sul piano probatorio nel riscontrare le dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia.
2.2. Con il secondo motivo i difensori deducono il vizio di manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dell’accordo elettorale politico-mafioso asseritamente intercorso tra COGNOME e la consorteria criminale riconducibile a NOME COGNOME.
Una volta dichiarare inutilizzabili le intercettazioni (e, in particolare l’intercettazione ambientale intercorsa in data 11 aprile 2021 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, intermediario con NOME COGNOME, e le intercettazioni telefoniche del R.I.T. 136/21), la motivazione relativa al reato contestato sarebbe, infatti, meramente apparente.
Ad avviso dei difensori, il giudice del rinvio dovrebbe operare la prova di resistenza al fine di verificare se le dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese in
r
data 4 ottobre 2023 da NOME COGNOME siano idonee a integrare il quadro di gravità indiziaria necessario, in quanto, una volta escluse dal quadro probatorio le intercettazioni dichiarate inutilizzabili, verrebbero meno i riscontri all dichiarazioni del collaboratore di giustizia e la c.d. convergenza del molteplice.
Il Tribunale del riesame, inoltre, non avrebbe motivato in ordine alla previsione, nel patto finalizzato all’illecito procacciamento di consensi elettorali, del ricorso alle modalità mafiose.
Gli accordi politico-elettorali, peraltro, sarebbero stati presi al più da NOME COGNOME con NOME COGNOME, assessore ai lavori pubblici, che era stato ripetutamente contattato, come risulta dai tabulati del traffico telefonico, e non con COGNOME. Sarebbe, inoltre, meramente apparente la motivazione relativa al nesso causale tra l’accordo stipulato e l’elezione di COGNOME.
2.3. Con il terzo motivo i difensori censurano la violazione dell’art. 274, comma 1, lett. a) e c), cod. proc. pen. e il vizio di motivazione sul punto e sulla scelta della misura cautelare applicata.
Il Tribunale del riesame apoditticamente avrebbe ritenuto concreti e attuali il pericolo di recidiva e di inquinamento probatorio, pur a fronte di condotte poste in essere nel settembre del 2020, e avrebbe illogicamente pretermesso l’incensuratezza del ricorrente, i provvedimenti del Prefetto, che ha sospeso COGNOME dalla carica di sindaco e ha successivamente disposto lo scioglimento del consiglio comunale e il commissariamento del Comune di Poggiomarino, e le dimissioni dalla carica rese dal ricorrente in data 6 dicembre 2024.
Attualmente sarebbero, inoltre, impossibili contatti del ricorrente con i concorrenti nel reato e, dunque, non sussisterebbero occasioni prossime per la reiterazione del reato, in quanto NOME COGNOME è detenuto e NOME COGNOME è sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari.
Le dichiarazioni dei soggetti coinvolti sarebbero, inoltre, state già verbalizzate e, dunque, non sussisterebbe alcun pericolo di inquinamento probatorio.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 31 gennaio 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con memoria di replica depositata in data 11 febbraio 2025 gli avvocati COGNOME e COGNOME hanno insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto i motivi proposti sono diversi da quelli consentiti dalla legge e, comunque, manifestamente infondati.
Con il primo motivo di ricorso i difensori censurano l’inutilizzabilità delle intercettazioni.
Il Tribunale del riesame di Napoli ha rilevato che «un fondamentale e univoco riscontro alle dichiarazioni auto e eteroaccusatorie rese da NOME COGNOME» nell’interrogatorio del 4 ottobre 2023 è costituito dall’esito delle intercettazioni ambientali eseguite nel marzo del 2021 (sei mesi dopo le elezioni comunali di cui alla provvisoria imputazione).
Queste intercettazioni sono state richieste dalla Procura distrettuale antimafia di Salerno nell’ambito del procedimento penale n. 2968/19, allo scopo di ricostruire gli assetti criminali conseguenti alla scarcerazione di Giugliano, che stava «rivoluzionando il giro degli affari illeciti su quel territorio, a cominciare Comune di Poggiomarino».
Il sindacato sull’utilizzabilità delle intercettazioni richiesto dalla difesa deve dunque, essere svolto in relazione alla formulazione dell’art. 270, comma 1, cod. proc, pen. nel testo anteriore al decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7, come stabilito dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 36764 del 18/04/2024, COGNOME, Rv. 287005 01), in quanto il procedimento penale n. 11733/2019 è stato iscritto in data anteriore al 31 agosto 2020.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno, infatti, statuito che la disciplina del regime di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi, di cui all’a 270, comma 1, cod. proc. pen. – nel testo introdotto dal decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7 e anteriore al decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 2023, n. 137 – si applica solo nel caso in cui il procedimento nel quale sono state compiute le intercettazioni sia stato iscritto successivamente al 31 agosto 2020 (Sez. U, n. 36764 del 18/04/2024, COGNOME Rv. 287005 – 01).
L’art. 270, comma 1, cod. proc. pen., nella formulazione previgente, sanciva che «I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto flagranza e dei reati di cui all’articolo 266, comma 1».
Tanto premesso, quanto alla disciplina applicabile nel caso di specie, il motivo di ricorso è inammissibile per aspecificità, in quanto non si confronta con la specifica ragione dell’utilizzabilità delle intercettazioni ritenuta sussistente da Tribunale del riesame.
Il Tribunale del riesame, in applicazione della disposizione citata, ha rilevato che le intercettazioni disposte nei confronti di NOME COGNOME nel procedimento n. 2968/19 R.G.N.R. sono utilizzabili nel presente procedimento non in ragione della connessione sostanziale tra reati, ma in quanto «rilevanti ed indispensabili per l’accertamento di un delitto che si inserisce in contesti di criminalità organizzata e per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza».
L’aggravante ad effetto speciale di cui al terzo comma dell’art. 416-ter cod. pen. comporta, infatti, l’applicazione di limiti edittali (da quindici anni a ventidu anni e sei mesi di reclusione) che rendono, ai sensi dell’art. 380, comma 1, cod. proc. pen. l’arresto obbligatorio in caso di flagranza e sul punto il ricorso è silente.
La formulazione dell’art. 270, comma 1, cod. proc. pen. contemplava, dunque, due presupposti, distinti e autonomi, di utilizzabilità delle intercettazioni in altro procedimento penale e i difensori hanno censurato il presupposto alternativo a quello posto dal Tribunale del riesame a fondamento del proprio apprezzamento, rendendo aspecifico il primo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo i difensori deducono il vizio di manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dell’accordo elettorale politico-mafioso intercorso tra COGNOME e la consorteria criminale riconducibile a NOME COGNOME una volta dichiarare inutilizzabili le intercettazioni.
Il motivo è inammissibile, in quanto muove dal presupposto, manifestamente infondato, dell’inutilizzabilità delle intercettazioni disposte nel presente procedimento e, comunque, si risolve in una sollecitazione ad una diversa valutazione delle risultanze indiziarie, non consentito in sede di legittimità.
Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260).
Il Tribunale del riesame ha, peraltro, correttamente indicato la ragione giuridica per la quale ha ritenuto superflua la motivazione relativa al ricorso al metodo mafioso.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso previsto dall’art. 416-ter cod. pen., qualora il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi sia una persona estranea alla consorteria di tipo mafioso, ovvero un soggetto intraneo che agisca uti singulus, è necessaria la prova della pattuizione delle modalità di procacciamento del consenso con metodo mafioso (ex plurimis: Sez. 1, n. 19230 del 30/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266794 – 01, in motivazione la Corte ha precisato che, diversamente, detta prova può ritenersi manifesta nel caso in cui il promittente sia un intraneo che agisce in rappresentanza e nell’interesse dell’associazione, atteso che la logica causale della scelta di quello specifico interlocutore, da parte del candidato, è determinata proprio dalla sua fama criminale e dalle modalità con cui sarà attuato il reclutamento elettorale; conf. Sez. 6, n. 15425 del 12/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284583 – 01).
Il Tribunale di Napoli ha, dunque, congruamente rilevato che NOME COGNOME è un esponente apicale di una nota associazione camorristica e non già un extraneus del sodalizio criminoso.
Le ulteriori censure proposte dai difensori in questo motivo si risolvono in una sollecitazione, non consentita nel giudizio di legittimità, a pervenire ad una lettura alternativa del compendio indiziario.
Con il terzo motivo i difensori censurano la violazione dell’art. 274, comma 1, lett. a) e c), cod. proc. pen. e il vizio di motivazione sul punto.
Il motivo è inammissibile, in quanto si risolve, comunque, in una sollecitazione ad una rinnovata valutazione di merito relativa alla configurabilità delle esigenze cautelari.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cessazione che deduca l’assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01).
Il Tribunale del riesame ha, peraltro, ritenuto, con motivazione congrua, concrete e attuali le esigenze cautelari, in ragione delle risultanze del caso di specie, in applicazione della doppia presunzione dettata dall’art. 275 comma 3, cod. proc. pen.
Il Tribunale del riesame, peraltro, non è stato investito del tema delle dimissioni dalla carica dal ricorrente, in quanto lo stesse sono state presentate in
data 14 novembre 2024 e, dunque, sono successive al deposito del dispositivo del
Tribunale del riesame (12 novembre 2024).
8. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma
1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/02/2025.