Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14011 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14011 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ALCAMO il 22/01/1955
avverso l’ordinanza del 03/10/2024 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME Il P.G. conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
L’avv. COGNOME NOME conclude chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.
L’avv. COGNOME NOME conclude associandosi alle conclusioni del codifensore
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con ordinanza del 03/10/2024, il Tribunale del riesame di Palermo – adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. – ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo del 5 settembre 2024, di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME in quanto gravemente indiziato del reato di cui agli artt. 110, 416 ter cod. pen. perché, in concorso con NOME COGNOME ex senatore della Repubblica e fondatore del movimento VIA, fungendo da intermediario, accettava la promessa da parte di NOME COGNOME, appartenente alla famiglia mafiosa di Alcamo, di procurare voti ad NOME COGNOME, coordinatore provinciale del predetto movimento politico nonché candidato alle elezioni regionali siciliane del 25/09/2022, in cambio della somma di € 2.000, di altre utilità nonché della disponibilità a soddisfare gli interessi, anche occupazionali, della predetta associazione mafiosa.
Il Tribunale ha, invece, in parziale accoglimento della richiesta di riesame, annullato l’indicata ordinanza del G.I.P. limitatamente all’applicazione della misura custodiale con riferimento al capo di imputazione n. 7, attinente alla contestazione di estorsione aggravata commessa in danno di NOME COGNOME.
1.1. Con riferimento al contestato reato di scambio elettorale politico mafioso, di cui al capo di imputazione n. 16, il Tribunale del riesame ha condiviso la disamina operata dal Giudice per le indagini preliminari, ritenendo sussistente la gravità indiziaria desunta dall’esito della più ampia attività di indagine avente ad oggetto la famiglia mafiosa di Alcamo, che consentiva di seguire, in diretta, la stipula di un patto elettorale politico mafioso tra NOME COGNOME, esponente di Cosa nostra, e NOME COGNOME per il tramite di NOME COGNOME.
Il Tribunale evidenziava innanzitutto come dalle conversazioni intercettate emergesse nitidamente il risalente ruolo di vertice assunto dal COGNOME nell’ambito della famiglia mafiosa di Alcamo, unitamente al coindagato NOME COGNOME; si sottolineava come, dalla seconda metà di agosto e sino alle elezioni del 25 settembre 2022, fossero stati monitorati numerosi incontri tra COGNOME e COGNOME; già il 17 agosto 2022 veniva captata una conversazione nella quale COGNOME si rivolgeva a COGNOME Gregorio facendo chiaro riferimento alle elezioni regionali ed al comune interesse per le stesse, ottenendo dall’interlocutore una risposta che alludeva a dinamiche consolidate nel tempo; il successivo 23 agosto 2022 COGNOME si recava a casa di COGNOME, il quale, alla sua presenza, chiamava NOME COGNOME, già consigliere comunale di Salemi, fissando un appuntamento; ed ancora, nel corso di una conversazione intercettata al 31 agosto 2022, espressamente COGNOME riferiva al suo interlocutore che il COGNOME gli aveva mandato NOMECOGNOME). Il 4 settembre 2022 veniva documentato un incontro tra COGNOME e COGNOME, nel
corso del quale i due conversanti non portavano il cellulare per evitare di essere intercettati; il contenuto del colloquio tuttavia emergeva dalla successiva conversazione che COGNOME intratteneva con il fratello NOME, nel corso della quale il primo spiegava come nel predetto incontro, COGNOME, su mandato del COGNOME, gli avesse dato l’incarico di sostenere la campagna elettorale del Rocca, promettendogli la consegna della somma di denaro di euro 2000; a comprova, le telecamere di videosorveglianza installate nelle immediate vicinanze dell’abitazione del COGNOME consentivano di accertare che il 11/09/2022 COGNOME consegnava al predetto la somma di C 1.500 a titolo di acconto, concordando una successiva consegna dei volantini, come acclarato dalla conversazione progr. 7143; tale conversazione consentiva anche di accertare che, come controprestazione del procacciamento di voti in favore del COGNOME, oltre alla somma di euro 2.000 pattuita, COGNOME otteneva la disponibilità ad assecondare ogni richiesta in favore dei sodali garantendo ad esempio posti di lavoro ai soggetti che lui avrebbe indicato.
Nell’avvicinarsi delle elezioni, si accertava come il 16 settembre 2022, COGNOME avesse inviato presso il Bis Bar di Alcamo, vero e proprio quartier generale di NOME COGNOME e luogo ove gli esponenti alcamesi di Cosa nostra, tra cui COGNOME erano soliti incontrarsi, il suo autista NOME COGNOME il quale in quel luogo incontrò COGNOME per discutere di una cena ove avrebbe partecipato il candidato alle elezioni. Tale cena, come accertato dagli inquirenti, si svolse effettivamente il 21 settembre 22 presso il ristorante INDIRIZZO di Trapani, alla presenza di una ventina di persone tra cui COGNOME ed il candidato NOME COGNOME
Quest’ultimo non fu poi eletto; tuttavia, anche le conversazioni intercettate in epoca successiva alle elezioni, confermano l’accordo concluso nella fase pre-elettorale tra COGNOME e COGNOME, per il tramite di COGNOME
In particolare, COGNOME il 12 ottobre 2022 si raccomandava con l’interlocutore di non dire a COGNOME che non si era recato da lui per chiedere i voti per il Rocca; nel corso di una conversazione captata il 24 novembre 2022, COGNOME parlando con NOME COGNOME, confermava di aver ricevuto dei soldi come controprestazione al suo impegno di procacciamento di voti per il COGNOME, precisando come quest’ultimo lo avesse anche ringraziato; ed ancora nel corso di un’ulteriore conversazione con COGNOME, COGNOME si lamentava dell’operato del COGNOME, che gli aveva fatto spendere C 2.000 per reperire al più 30 voti, dicendo espressamente di aver elargito un mare di soldi a NOME COGNOME.
Secondo la valutazione dei Giudici della cautela, la consapevolezza della caratura mafiosa del COGNOME in capo al COGNOME emergeva dal contenuto di numerose conversazioni, riportate in seno all’ordinanza; ad esempio nella conversazione intercettata il 4 dicembre 2022 il COGNOME, sempre parlando con COGNOME, non solo rimpiangeva le persone serie che in altri tempi caratterizzavano
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quello che egli definiva il “mondo collaterale”, ma si mostrava ancora deluso e, riferendosi a COGNOME, precisava di non aver voluto avere rapporti con quest’ultimo; nella conversazione intercettata il 8 dicembre 2022 con COGNOME, COGNOME commentava come il Bis Bar di Alcamo fosse il quartiere generale di Coppola e fosse il luogo ove si incontrava abitualmente NOME COGNOME, commentando conclusivamente come fosse meglio evitare di recarsi in quel bar per il rischio di poter essere segnalati da giovani agenti in servizio al commissariato di polizia di Alcamo. La caratura mafiosa di COGNOME era certamente nota anche al COGNOME, il quale, durante la campagna elettorale, si era rivolto al primo proprio perché, nella sua veste di esponente della famiglia mafiosa di Alcamo, risolvesse, avvalendosi della forza di intimidazione tipica del sodalizio mafioso, una questione insorta con NOME COGNOME nella gestione di un’azienda di Alcamo: si tratta del capo di imputazione n. 7, in relazione al quale, il Riesame ha annullato l’ordinanza cautelare emessa dal GIP; sottolinea tuttavia il Tribunale come, a prescindere della correttezza della qualificazione giuridica del fatto, fosse comunque emerso che COGNOME aveva chiesto l’intervento del COGNOME, soggetto del tutto estraneo ai fatti, in quanto ben consapevole della fama criminale dello stesso e confidando sul suo potere di controllo del territorio e sulla capacità di avvalersi della forza di intimidazione tipica del sodalizio mafioso. D’altronde, argomentavano i Giudici della cautela, proprio la consapevolezza della caratura mafiosa del COGNOME era alla base della decisione di COGNOME di avvalersi della intermediazione del COGNOME al fine di evitare contatti diretti con l’esponente mafioso.
1.2. In punto di esigenze cautelari, il Riesame evocava la duplice presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc., osservando come non fossero emerse in atti circostanze rappresentative dell’insussistenza del pericolo di reiterazione; anzi evidenziava il Tribunale come la stabile e non episodica relazione intrattenuta da COGNOME con un soggetto organico al sodalizio mafioso ed il contributo offerto per l’esecuzione di uno scambio elettorale politico mafioso finalizzato a far ottenere vantaggi per il sodalizio, inducessero a formulare una prognosi negativa sulla ricaduta nel delitto.
Il Tribunale ha infine osservato come, stante la pervicacia manifestata dall’indagato nel coltivare nel tempo ad uso indebito le proprie relazioni, del tutto inadeguata si rilevasse essere la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari anche con l’ausilio di dispositivi di controllo elettronici.
GLYPH Ricorre NOME COGNOME a mezzo dei difensori avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, articolando due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia carenza e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen., avuto particolare riguardo alla supposta consapevolezza da parte del ricorrente della mafiosità di NOME COGNOME, ai fini della ritenuta configurabilità del reato di scambio elettorale politico mafioso di cui all’art. 416 ter cod. pen..
Premessa la centralità del tema, atteso che gli stessi Giudici della cautela hanno escluso che COGNOME avesse fatto ricorso alle modalità di cui al terzo comma dell’art. 416 bis cod. pen. nell’attività di procacciamento dei voti in favore del candidato, osserva innanzitutto la Difesa come, in ordine alla mafiosità del COGNOME, il Tribunale abbia omesso di considerare che nei confronti del predetto sono stati acquisiti elementi utili a dimostrare la sua supposta intraneità nella consorteria mafiosa solo nell’ambito del presente procedimento penale.
COGNOME e COGNOME si erano conosciuti durante una comune detenzione, in carcere nel 2016, ed il di COGNOME era ivi ristretto per reati comuni.
Difetta, nell’impugnata ordinanza, l’indicazione di elementi dimostrativi della consapevolezza da parte dell’indagato delle attività criminali del Di COGNOME.
Gravemente viziata è l’ordinanza nella parte individua elementi indiziari in ordine alla ritenuta consapevolezza della mafiosità del COGNOME in capo al COGNOME dalle circostanze inerenti la vicenda originariamente contestata a titolo di estorsione ai danni di COGNOME, ed in ordine alla quale lo stesso Tribunale aveva ritenuto insussistente il requisito della gravità indiziaria: i giudici palermitani hanno infatti omesso di confrontarsi sul punto con quanto ampiamente evidenziato in sede di memoria difensiva, in cui si sottolineava come il racconto che COGNOME aveva fatto a COGNOME in ordine al tenore del suo colloquio con il COGNOME non fosse affatto veritiero, come comprovato dalla registrazione effettuata dagli operanti del colloquio tra COGNOME e COGNOME stesso. La mancata disamina di tali argomentazioni difensive, ed il conseguente travisamento delle relative risultanze di prova, finiscono inevitabilmente per disarticolare il ragionamento inferenziale dell’ordinanza impugnata laddove ha ritenuto che COGNOME, su incarico del COGNOME, avesse gravemente minacciato COGNOME, esercitando il potere di intimidazione connesso alla sua appartenenza al sodalizio mafioso.
Anche la circostanza che sarebbe stato COGNOME a rivolgersi a COGNOME per risolvere la questione COGNOME è priva di riscontri, dal momento che, come affermato dall’indagato nel suo interrogatorio e ribadito in sede di memoria difensiva, l’iniziativa non era originata dal COGNOME, essendo invero insorta il 15 settembre 2022 casualmente nel corso di un incontro tra COGNOME e COGNOME finalizzata alla campagna elettorale del Rocca, nel corso della quale COGNOME si era spontaneamente offerto di parlare con COGNOME esclusivamente in virtù di un rapporto
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di previa conoscenza, e non già in ragione del supposto controllo da parte del medesimo del territorio in quanto esponente di un clan mafioso.
Quanto alle cautele adottate dal ricorrente e dagli altri coindagati nel corso dei loro colloqui, il Tribunale non ha considerato che esse trovavano una logica spiegazione nel fatto che il contributo economico corrisposto al COGNOME era comunque irregolare.
Con riferimento agli elementi indiziari tratti dalle intercettazioni dei colloqui tra COGNOME e COGNOME, dai quali emergerebbe che, essendo COGNOME consapevole della mafiosità di NOME COGNOME, ed avendo poi collegato lo stesso COGNOME al COGNOME, ciò dimostrerebbe che COGNOME sapesse della mafiosità del COGNOME, trattasi di argomentazione suggestiva e congetturale: sottolinea la difesa come COGNOME non sia mai stato coinvolto nella vicenda in esame, nè risulta che COGNOME abbia mai comunicato a COGNOME le proprie considerazioni sul COGNOME e sui collegamenti tra quest’ultimo e il COGNOME: manca quindi qualsiasi elemento dimostrativo che COGNOME sapesse che COGNOME era mafioso, ed ancor più che lo stesso fosse stato collegato al COGNOME dal COGNOME.
Il Tribunale ha inoltre omesso di considerare come il coinvolgimento del COGNOME nella campagna elettorale del Rocca fosse stato previsto non già in ragione della sua mafiosità bensì per il fatto che egli aveva ha avviato una fiorente attività di ristorazione; la circostanza che solo al COGNOME fosse stata consegnata la somma di € 2.000 era stata giustificata dal COGNOME dal fatto che egli, fra i sostenitori del Rocca, era stato l’unico a chiedere un rimborso spese anche in considerazione della cena elettorale che avevo organizzato.
2.2. Con il secondo motivo denuncia erronea applicazione della legge processuale penale ex art. 606 lett. c) cod. proc. pen., in relazione all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen., nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen., avendo la decisione impugnata ritenuto sussistente una presunzione assoluta di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura intramuraria, benché il reato per il quale è riconosciuta la gravità indiziaria di scambio elettorale politico mafioso non ne preveda all’operatività.
In relazione al delitto di cui all’art. 416 ter cod. pen., opera infatti una presunzione relativa tanto in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari quanto in ordine all’adeguatezza della custodia cautelare in carcere, come desumibile dalla chiara lettera del terzo comma dell’articolo 275 cod. proc. pen..
Quanto alle argomentazioni successivamente svolte dal Tribunale in ordine alla sussistenza di elementi dai quali trarre un concreto pericolo di reiterazione del reato, la difesa censura la motivazione dell’impugnata ordinanza contenente passaggi argomentativi lacunosi e congetturali laddove indicano il COGNOME come stabilmente in relazione con COGNOME.
L’ulteriore elemento richiamato in motivazione, relativo al contributo offerto dall’indagato nel reato per il quale è stata ravvisata la gravità indiziaria, ha natura tautologica, oltre che erronea in punto di diritto, dal momento che in tal modo il Tribunale confonde la rilevanza concorsuale della condotta del soggetto agente con il pericolo di reiterazione delle medesime condotte.
Censurabile è anche la motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto inidonea a garantire le esigenze cautelari la misura degli arresti domiciliari: gli argomenti relativi al pericolo di elusione del divieto di comunicazione con terze persone sono meramente congetturali, e non tengono conto del fatto che i rapporti tra coindagato sono stati rescissi proprio in virtù delle misure cautelari emesse.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, riportandosi alla memoria scritta depositata.
La Difesa dell’imputato ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Occorre premettere, in via generale, che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976). Il ricorso è pertanto inammissibile quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito. (Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
2.1. Va ancora premesso che l’art. 416-ter cod. pen. configura un reato di pericolo (Sez. 6, n. 37374 del 06/05/2014, COGNOME, Rv. 260167; Sez. 1, n. 19092 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 281410); la norma incriminatrice, già modificata nel 2014, è stata ulteriormente modificata dalla legge 21 maggio 2019 n. 43 ed ora
recita testualmente: «Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’art. 416-bis cod. pen. o mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416bis cod. pen., in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa, è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’art. 416-bis cod. pen. La stessa pena si applica a chi promette, direttamente o a mezzo di intermediari, di procurare voti nei casi di cui al primo comma (…)». A seguito della novella del 2019, pertanto, il procacciamento di voti penalmente sanzionato non è soltanto quello ottenuto con l’impiego del “metodo mafioso”, bensì anche quello, effettivo o promesso, che provenga «da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’art. 416-bis cod. pen.».
Secondo il condivisibile principio affermato da Sez. 6, n. 43186 del 11/09/2024, COGNOME, Rv. 287271 – 02, ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge 21 maggio 2019, n. 43, non è necessario che il procacciamento dei voti avvenga con metodo mafioso laddove il procacciatore sia un appartenente ad associazione mafiosa, anche laddove l’agente operi “uti singulus”; si esplicita in motivazione che la nuova disposizione rimodula, quindi, la condotta penalmente rilevante, «spostando il fuoco dell’attenzione – o, meglio, estendendolo – dalle modalità del condizionamento del consenso al profilo soggettivo di chi tale operazione compia o s’impegni a compiere nell’interesse del candidato».
La modifica normativa del 2019, inoltre, è intervenuta anche sull’importante profilo della utilità oggetto dell’erogazione o della promessa in alternativa al danaro. Se il vecchio testo dell’art. 416-ter cod. pen., infatti, parlava di «altra utilità», per nuovo rileva, invece, «qualunque altra utilità». Tale modifica non può che essere intesa nel senso che il Legislatore ha voluto ampliare il novero delle condotte penalmente significative, facendo rientrare nel concetto di “utilità” qualsiasi effetto vantaggioso e non soltanto, come in passato, i beni traducibili in valori di scambio immediatamente quantificabili in termini economici.
GLYPH Così chiarito il quadro normativo all’interno del quale deve essere ricondotta la fattispecie contestata al ricorrente, va rilevato che nella concreta fattispecie sottoposta al vaglio della Corte, l’ordinanza esaminata risulta avere adeguatamente sviscerato tutti gli elementi indiziari gravanti su NOME COGNOME averli ricondotti ad unità concettuale in coerenza con la loro concordanza e – adottando una motivazione del tutto logica – avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente.
La caratura mafiosa di NOME COGNOME, non specificatamente posta in dubbio in ricorso, che al primo motivo ne lamenta la mancata consapevolezza in capo al COGNOME, è argomento ampiamente scrutinato dal Tribunale del riesame. Giova qui solo sottolineare come la circostanza che solo nel presente procedimento penale siano stati acquisiti elementi indicativi dell’appartenenza mafiosa del COGNOME, è irrilevante, dal momento che proprio dal tenore delle conversazioni intercettate e debitamente riportate in seno all’impugnato provvedimento, è emerso come il COGNOME fosse intraneo a “Cosa Nostra” fin dai tempi della cosiddetta guerra di mafia scatenata da NOME COGNOME, quindi negli anni ’80, nel corso della quale egli, ad Alcamo, si era schierato con i COGNOME, contrapposti ai COGNOME.
Ciò premesso, il provvedimento impugnato è adeguatamente motivato in ordine alla consapevolezza, da parte dell’indagato, dell’appartenenza del COGNOME al sodalizio mafioso di Alcamo. Contrariamente a quanto opinato in ricorso, il Tribunale ha correttamente richiamato, valorizzandola proprio in relazione al tema in oggetto, inerente la consapevolezza del Perricone della mafiosità del COGNOME, la vicenda intercorsa con NOME COGNOME in merito alla gestione dell’azienda “RAGIONE_SOCIALE“; pur avendo il Tribunale escluso la configurabilità del reato di estorsione (per mancanza della costrizione nei confronti della persona offesa e dell’ingiusto profitto), da tale vicenda era indubitabilmente emerso, come giustamente sottolineato dai Giudici della cautela, che il COGNOME si era rivolto al COGNOME, del tutto estraneo ai fatti, affinché questi, nella sua qualità di esponente della famiglia mafiosa di Alcamo, avente il controllo sul territorio, intervenisse avvalendosi della forza di intimidazione dell’associazione mafiosa; osserva il Tribunale sul punto (pag. 22) come «risulta, invero, che il COGNOME, alla sola richiesta di incontro da parte del COGNOME, si terrorizzò, ben conoscendo la caratura mafiosa dello stesso, così come al COGNOME raccontato dallo stesso COGNOME».
La circostanza, evidenziata dalla difesa in ricorso, per cui il COGNOME avrebbe enfatizzato la propria forza intimidatrice, appare irrilevante dal momento che l’aspetto saliente della vicenda è il fatto che COGNOME si inserisce nella vicenda che riguarda un contrasto originariamente insorto tra il genero di COGNOME, COGNOME ed il socio COGNOME: cdme anche sottolineato dal P.G. presso questa Corte in seno alla sua requisitoria, ciò che conta è che, se il COGNOME riferisce al COGNOME determinate minacce, enfatizzandole, lo fa perché questo si aspettava da lui il COGNOME, il che conferma la consapevolezza, in capo all’indagato, della forza intimidatrice promanante dal COGNOME.
Va ancora osservato come, contrariamente a quanto affermato nel ricorso, il COGNOME non agiva esclusivamente nel proprio interesse, ma anche in favore della famiglia mafiosa di Alcamo, della quale era esponente di vertice, come si evince dalla conversazione intrattenuta dal COGNOME con il fratello NOME, il 11/09/2022
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(pagg. 10-12), nel corso della quale emergeva come l’impegno del COGNOME fosse finalizzato non solo in virtù della controprestazione di 2.000 C in contanti, ma anche, al fine di «garantirsi la disponibilità del COGNOME e del Rocca, laddove eletto, a soddisfare le sue richieste di assunzione o ad assecondare qualsivoglia istanza da lui rivolta nell’interesse della famiglia mafiosa di Alcamo». Con tale argomento, invero, il ricorso non si confronta compiutamente, limitandosi a ribadire che il contributo di C 2.000 doveva essere inteso quale mero rimborso delle spese sostenute dal COGNOME (circostanza che peraltro non trova riscontro negli atti), ma obliterando del tutto l’ulteriore aspetto, rappresentato appunto dalle ulteriori utilità oggetto dello scambio politico elettorale mafioso, come ben delineato in ordinanza.
GLYPH Non hanno pregio neppure le doglianze versate nell’ultimo motivo, afferenti alle esigenze cautelari. L’ordinanza impugnata, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, ha fornito ampia e congrua motivazione del proprio decisum, indicando puntualmente gli elementi di fatto da cui ha tratto l’intensità del pericolo di reiterazione.
Va innanzitutto chiarito che, per il reato di cui all’art. 416 ter cod. pen., opera la doppia presunzione relativa – di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere – prevista dall’art. 275, comma 3, terzo periodo, cod. proc. pen.. Pur avendo il Tribunale erroneamente ritenuto operante una presunzione assoluta di adeguatezza della massima misura carceraria, ha poi, di fatto, correttamente valutato in concreto la sussistenza del pericolo di recidiva.
Sono stati in particolare evidenziati gli indici di concreta pericolosità sociale rappresentati dalla «stabile e non episodica relazione intrattenuta dal COGNOME con un soggetto organico al sodalizio mafioso ed il contributo offerto per l’esecuzione di uno scambio elettorale politico mafioso finalizzato a far ottenere vantaggi per il sodalizio», osservandosi come «l’accertato legame fiduciario tra il COGNOME e l’esponente di rilievo della famiglia mafiosa di Alcamo, rendono concreto ed attuale il pericolo di occasioni prossime favorevoli alla commissione di quel di reati della stessa specie di quello in esame, ciò a prescindere l’imminenza di nuove consultazioni elettorali».
Va sul punto osservato come gli argomenti valorizzati dal Tribunale per ritenere concreto il pericolo di recidivanza, lungi dall’essere tautologici, come affermato dalla difesa in ricorso, appaiono del tutto rispettosi dei consolidati principi già affermati da questa Corte per cui gli indici di pericolosità concreta ed attuale di ricaduta nel delitto possono essere desunti dalle modalità del fatto per cui si procede (cfr. ex pluris, Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, COGNOME, Rv. 271216 – 01).
Nell’ordinanza impugnata, ha trovato ragionevole scrutinio anche il tema dell’adeguatezza della misura di massimo rigore applicata, in considerazione
dell’inidoneità di altre soluzioni a tutelari i pericoli cautelari, essendo stato anche evidenziato come l’applicazione del braccialetto elettronico possa scongiurare
l’allontanamento dal domicilio, ma non garantisce il rispetto di altre prescrizioni
(aspetto niente affatto congetturale), quali il divieto di cpmuMcare e avere contatti con persone diverse dai conviventi.
5. GLYPH
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Non comportando la presente decisione la rinnessione in libertà del ricorrente, segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della Cancelleria, di copia del
provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario di riferimento, ai sensi dell’art.
94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti previsti dall’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 9 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente