Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14010 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14010 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ALCAMO il 16/08/1959
avverso l’ordinanza del 03/10/2024 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME Il P.G. conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
L’avv. NOME COGNOME conclude chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.
L’avv. COGNOME Vito conclude associandosi alle conclusioni del codifensore.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH 1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale del riesame di Palermo adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. – ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo del 4 settembre 2024, di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME in quanto gravemente indiziato del reato di cui agli artt. 110, 416 ter cod. pen. perché, quale ex senatore della Repubblica e fondatore del movimento VIA, in concorso con NOME COGNOME (che fungeva da intermediario), accettava la promessa da parte di NOME COGNOME, appartenente alla famiglia mafiosa di Alcamo, di procurare voti ad NOME COGNOME, coordinatore provinciale del predetto movimento politico nonché candidato alle elezioni regionali siciliane del 25/09/2022, in cambio della somma di C 2.000, di altre utilità, nonché della disponibilità a soddisfare gli interessi, anche occupazionali, della predetta associazione mafiosa.
1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici della fase cautelare è stata ritenuta la gravità indiziaria dell’indicato delitto sulla base di quanto emerso nel corso della più ampia attività di indagine avente ad oggetto la famiglia mafiosa di Alcamo, che consentiva di seguire, in diretta, la stipula di un patto elettorale politico mafioso tra NOME COGNOME, esponente di Cosa nostra, e NOME COGNOME per il tramite di NOME COGNOME.
Il Tribunale evidenziava innanzitutto come dalle conversazioni intercettate emergesse nitidamente il risalente ruolo di vertice assunto dal COGNOME nell’ambito della famiglia mafiosa di Alcamo, unitamente al coindagato NOME COGNOME; si sottolineava come, dalla seconda metà di agosto e sino alle elezioni del 25 settembre 2022, fossero stati monitorati numerosi incontri tra COGNOME e COGNOME; già il 17 agosto 2022 veniva captata una conversazione nella quale COGNOME si rivolgeva a COGNOME Gregorio facendo chiaro riferimento alle elezioni regionali ed al comune interesse per le stesse, ottenendo dall’interlocutore una risposta che alludeva a dinamiche consolidate nel tempo; il successivo 23 agosto 2022 COGNOME si recava a casa di COGNOME, il quale, alla sua presenza, chiamava NOME COGNOME, già consigliere comunale di Salemi, fissando un appuntamento; ed ancora, nel corso di una conversazione intercettata al 31 agosto 2022, espressamente COGNOME riferiva al suo interlocutore che il COGNOME gli aveva mandato NOME (COGNOME). Il 4 settembre 2022 veniva documentato un incontro tra COGNOME e COGNOME, nel corso del quale i due conversanti non portavano il cellulare per evitare di essere intercettati; il contenuto del colloquio tuttavia emergeva dalla successiva conversazione che COGNOME intratteneva con il fratello NOME, nel corso della quale il primo spiegava come nel predetto incontro, COGNOME, su mandato del COGNOME, gli avesse dato l’incarico di sostenere la campagna elettorale del Rocca,
promettendogli la consegna della somma di denaro di euro 2000; a comprova, le telecamere di videosorveglianza installate nelle immediate vicinanze dell’abitazione del Di Gregorio consentivano di acclarare che il 11/09/2022 COGNOME consegnava al predetto la somma di C 1.500 a titolo di acconto, concordando una successiva consegna dei volantini, come risultante dalla conversazione progr. 7143; tale conversazione consentiva anche di accertare che, come controprestazione del procacciamento di voti in favore del Rocca, oltre alla somma di euro 2.000 pattuita, COGNOME otteneva la disponibilità ad assecondare ogni richiesta in favore dei sodali garantendo ad esempio posti di lavoro ai soggetti che lui avrebbe indicato.
Nell’avvicinarsi delle elezioni, si accertava come il 16 settembre 2022, COGNOME avesse inviato presso il Bis Bar di Alcamo, vero e proprio quartier generale di NOME COGNOME e luogo ove gli esponenti alcamesi di Cosa nostra, tra cui COGNOME erano soliti incontrarsi, il suo autista NOME COGNOME il quale in quel luogo incontrò COGNOME per discutere di una cena ove avrebbe partecipato il candidato alle elezioni. Tale cena, come accertato dagli inquirenti, si svolse effettivamente il 21 settembre 22 presso il ristorante INDIRIZZO di Trapani, alla presenza di una ventina di persone tra cui COGNOME ed il candidato NOME COGNOME
Quest’ultimo non fu poi eletto; tuttavia, anche le conversazioni intercettate in epoca successiva alle elezioni, confermano l’accordo concluso nella fase pre-elettorale tra COGNOME e COGNOME, per il tramite di COGNOME
In particolare, COGNOME il 12 ottobre 2022 si raccomandava con l’interlocutore di non dire a COGNOME che non si era recato da lui per chiedere i voti per il Rocca; nel corso di una conversazione captata il 24 novembre 2022, COGNOME parlando con NOME COGNOME, confermava di aver ricevuto dei soldi come controprestazione al suo impegno di procacciamento di voti per il COGNOME, precisando come quest’ultimo lo avesse anche ringraziato; ed ancora nel corso di un’ulteriore conversazione con COGNOME, COGNOME si lamentava dell’operato del COGNOME, che gli aveva fatto spendere C 2.000 per reperire al più 30 voti, dicendo espressamente di aver elargito un mare di soldi a NOME COGNOME.
Secondo la valutazione dei Giudici della cautela, la consapevolezza della caratura mafiosa del COGNOME in capo al COGNOME emergeva dal contenuto di numerose conversazioni, riportate in seno all’ordinanza; ad esempio nella conversazione intercettata il 4 dicembre 2022 il COGNOME, sempre parlando con COGNOME, non solo rimpiangeva le persone serie che in altri tempi caratterizzavano quello che egli definiva il “mondo collaterale”, ma si mostrava ancora deluso e, riferendosi a COGNOME, precisava di non aver voluto avere rapporti con quest’ultimo; nella conversazione intercettata il 8 dicembre 2022 con COGNOME, COGNOME commentava come il Bis Bar di Alcamo fosse il quartiere generale di Coppola e fosse il luogo ove si incontrava abitualmente NOME COGNOME, commentando
conclusivamente come fosse meglio evitare di recarsi in quel bar per il rischio di poter essere segnalati da giovani agenti in servizio al commissariato di polizia di Alcamo. La caratura mafiosa di COGNOME era certamente nota anche al COGNOME, il quale, durante la campagna elettorale, si era rivolto al primo proprio perché, nella sua veste di esponente della famiglia mafiosa di Alcamo, risolvesse, avvalendosi della forza di intimidazione tipica del sodalizio mafioso, una questione insorta con NOME COGNOME nella gestione di un’azienda di Alcamo: si tratta del capo di imputazione n. 7, in relazione al quale, il Riesame ha annullato l’ordinanza cautelare emessa dal GIP; sottolinea tuttavia il Tribunale come, a prescindere della correttezza della qualificazione giuridica del fatto, fosse comunque emerso che COGNOME aveva chiesto l’intervento del COGNOME, soggetto del tutto estraneo ai fatti, in quanto ben consapevole della fama criminale dello stesso e confidando sul suo potere di controllo del territorio e sulla capacità di avvalersi della forza di intimidazione tipica del sodalizio mafioso. D’altronde, argomentavano i Giudici della cautela, proprio la consapevolezza della caratura mafiosa del COGNOME era alla base della decisione di COGNOME di avvalersi della intermediazione del COGNOME al fine di evitare contatti diretti con l’esponente mafioso.
Ad ulteriore dimostrazione della vicinanza al contesto mafioso di Alcamo del Papania, il Tribunale richiamava le risultanze dell’attività di indagine da cui emergeva un progetto di ritorsione ai danni di NOME COGNOME in occasione delle elezioni comunali di Castellammare del Golfo tenutesi il 28 e 29 maggio 2023, acclarate alla luce di una conversazione captata il 6 aprile 2023, nel corso della quale COGNOME, parlando con il suo autista COGNOME, dopo aver stigmatizzato il comportamento tenuto da COGNOME, manifestava l’intendimento di rivolgersi personalmente a COGNOME, noto pregiudicato mafioso alcamese, per un’azione violenta i danni del COGNOME.
1.2. In punto di esigenze cautelari, il Riesame evocava la duplice presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc., osservando come non fossero emerse in atti circostanze rappresentative dell’insussistenza del pericolo di reiterazione; anzi evidenziava il Tribunale come il rapporto di reciproco scambio di favori tra COGNOME e l’esponente di rilievo della famiglia mafiosa di Alcamo, nonché la vicinanza ad altri esponenti del sodalizio, rendessero concreto ed attuale il pericolo di occasioni prossime favorevoli alla commissione di reati della stessa specie di quello in esame, a prescindere dalle imminenza di nuove consultazioni elettorali.
Il Tribunale ha infine osservato come, stante la pervicacia manifestata dall’indagato nel coltivare nel tempo ad uso indebito le proprie relazioni, del tutto inadeguata si rilevasse essere la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari anche con l’ausilio di dispositivi di controllo elettronici.
GLYPH Ricorre NOME COGNOME a mezzo dei difensori avv. NOME COGNOME e COGNOME che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, articolando tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione ed errata applicazione degli art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 416 ter cod. pen., per motivazione apparente, alla stregua di quella inesistente, circa la ritenuta sussistenza dell’elemento materiale del patto corruttivo politico mafioso con COGNOME, quale appartenente all’associazione di cui all’art. 416 bis cod. pen.
Il Tribunale del riesame ha eluso l’onere di motivazione circa la specificità del metodo descritto dal terzo comma dell’art. 416 bis cod. pen., dal momento che non ha spiegato i segni esteriori della supposta intraneità del COGNOME, tali da poter essere percepiti dal COGNOME: osserva in particolare la Difesa come non fossero mai emersi rapporti diretti tra COGNOME e COGNOME, sicché la verifica dei requisiti oggettivi e soggettivi del contestato scambio politico mafioso andava compiuto alla stregua del rapporto mediato dal COGNOME; quest’ultimo tuttavia, nel suo interrogatorio di garanzia, riferiva di aver informato COGNOME e COGNOME della disponibilità del COGNOME, del quale tuttavia ignorava la contiguità con gli ambienti mafiosi, e della sua pretesa di un fondo spese per l’organizzazione degli eventi elettorali, di talchè l’accertata consegna di denaro a quest’ultimo non si poneva in un rapporto sinallagmatico per il suo impegno di procacciare il consenso in favore del COGNOME, ma come rimborso del suo onere economico; ciò trova riscontro nell’effettiva organizzazione della cena elettorale svoltasi presso il ristorante La Pergola e videoregistrata dagli inquirenti: lo stesso svolgimento di tale evento elettorale si pone in termini antitetici rispetto al paradigma del metodo mafioso tendenzialmente di tipo impositivo e non di tipo persuasivo.
Anche la richiamata conversazione n. 7143 del 11/09/2022 dimostra come la consegna del denaro a COGNOME da parte di COGNOME fosse destinata non già agli interessi della consorteria mafiosa ma nell’esclusivo interesse del COGNOME, che si trovava in pessime condizioni economiche.
Nel chiedere voti in favore del COGNOME, il COGNOME millanta i rapporti con Papania, col quale non vi è mai stato alcun rapporto diretto.
Il Tribunale ha compiuto una lettura parcellizzata dell’intero compendio probatorio conseguito alle intercettazioni; ad esempio nella conversazione del 4 dicembre 2022, peraltro successiva alla competizione elettorale, COGNOME precisava di non aver mai avuto rapporti con NOME COGNOME; tale conversazione non può quindi essere messa in relazione al rapporto elettorale con COGNOME, dal momento che nel precedente dialogo tra i due fratelli COGNOME si era chiarito come il denaro ricevuto da NOME fosse destinato a lui personalmente e non al sodalizio, e nel corso della conversazione COGNOME evoca il suo fermo rifiuto alla sollecitazione per il tramite
del COGNOME di aiutare il figlio di NOME COGNOME. Anche la conversazione del 4 dicembre 2022 tra COGNOME e COGNOME evidenzia solo la condivisa necessità di evitare il bar ove COGNOME ha il suo quartiere generale, a dimostrazione dell’assenza di rapporti tra COGNOME e COGNOME, peraltro non coinvolto nell’impegno elettorale del Di Gregorio.
In definitiva la motivazione del provvedimento impugnato è meramente apparente ed inesistente, non rinvenendosi in essa alcun elemento dimostrativo dell’idoneità del metodo di procacciamento del voto utile ad assicurare l’appoggio elettorale nelle forme, nei modi e con gli scopi previsti dall’art. 416 bis cod. pen..
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione ed errata applicazione degli artr 606 lett. b) ed e) e 273 cod. proc. pen., in relazione all’art. 416 ter cod. pen., per motivazione manifestamente illogica circa la ritenuta consapevolezza in capo al ricorrente della contestata appartenenza del COGNOME alla consorteria mafiosa, nonché del metodo di procacciamento del consenso secondo le forme di cui al terzo comma.
Il Tribunale desume la consapevolezza del COGNOME circa la caratura mafiosa del COGNOME da conversazioni intercettate successivamente alla tornata elettorale in questione.
La sedicente appartenenza del COGNOME al clan mafioso dei COGNOME, come da conversazione intercettata il 1° dicembre 2022 tra COGNOME e COGNOME, nel corso della quale i due parlavano della guerra di mafia scatenata ad Alcamo da NOME COGNOME, non risulta tuttavia oggetto di verifica da parte del Tribunale del riesame, non rinvenendosi nel corpo della motivazione alcun elemento da cui desumere che essa non fosse una mera millanteria. A margine di tale aspetto, tuttavia, ciò che è completamente mancante nella motivazione del Tribunale è la valutazione dell’apparenza esteriore dell’appartenenza del COGNOME al sodalizio criminoso, non rinvenendosi alcuno degli indicatori sintomatici indicati dalla giurisprudenza quali la fama criminale del procacciatore, la forza intimidatoria promanante dagli affiliati ad associazione mafiosa reclutati per la raccolta dei consensi e la valutazione di utilità del loro apporto nella zona di influenza delle preferenze. Anzi numerosi sono gli elementi che escludono tale esteriorizzazione: quanto alla fama criminale del COGNOME, la difesa ricorda come questi avesse scontato una lunghissima detenzione per reati concernenti spaccio di stupefacenti, non essendo mai stato invece condannato per reati di mafia. Quanto poi alla forza di intimidazione promanante dai collettori del consenso, la difesa del ricorrente richiama la più volte citata intercettazione 7143 del 11/09/2022 tra i fratelli COGNOME e COGNOME laddove NOME COGNOME chiede alla cognata COGNOME di verificare la disponibilità al voto dei suoi genitori se non impegnati; la conversazione del 23/08/2022, nel corso della quale COGNOME riferisce a NOME COGNOME che la richiesta di raccogliere voti per il
COGNOME gli era giunta non da COGNOME ma da COGNOME; infine i anche la conversazione del 12 ottobre 2022, nel corso della quale COGNOME chiede agli interlocutori di non riferire al COGNOME che non si era recato da loro per chiedere i voti per il COGNOME, dimostra come l’attività di questi, lungi dall’essere di tipo intimidatorio, era una mera attività di propaganda elettorale.
Infine, evidenzia la difesa come il consenso del Rocca nella città di Trapani si fosse attestato in appena 271 voti, dato che smentisce l’effettività dell’impegno profuso.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione ed errata applicazione degli arte. 606 lett. b) ed e), 274 e 275 comma 3 cod. proc. pen., per motivazione apparente alla stregua di quella inesistente in ordine al requisito legale della sussistenza delle esigenze cautelari.
Contrariamente a quanto scritto dal Tribunale in seno impugnata ordinanza, non emergono ulteriori rapporti rispetto a quelli con COGNOME e quindi con COGNOME del COGNOME con altri soggetti intranei al sodalizio criminoso mafioso, emergendo al contrario l’unicità del fatto contestato.
Del tutto eccentrica rispetto all’imputazione risulta la presunta ritorsione che COGNOME avrebbe pensato di realizzare contro un avversario politico di cui alla conversazione del 6 aprile 2023, svoltasi diversi mesi dopo lo svolgimento delle elezioni regionali: si tratta infatti di una questione del tutto estranea alle vicende elettorali di cui all’imputazione e che attiene ad una presunta offesa personale, che in ogni caso non ha avuto alcun esito.
Il Tribunale ha quindi omesso di valutare l’episodicità del fatto contestato e come, nel corso delle conversazioni intercettate, COGNOME avesse più volte manifestato la volontà di evitare ogni sorta di incontro con COGNOME.
In tale contesto, in assenza di imminenti appuntamenti elettorali, la Difesa evidenzia l’insussistenza del pericolo di reiterazione del medesimo reato; insussistente è anche il pericolo di inquinamento probatorio, atteso che l’esito delle conversazioni telefoniche non possono essere alterate; né infine sussiste pericolo di fuga tenuto conto dell’età avanzata.
Il Tribunale, infine, non spiega perché la diversa misura degli arresti domiciliari con ausilio del braccialetto elettronico debba considerarsi insufficiente stante l’impossibilità sotto quel regime di coltivare relazioni attese il divieto di comunicazione con l’esterno,
GLYPH Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME ha concluso chiedendo la declaratoria GLYPH di inammissibilità del ricorso, riportandosi alla memoria scritta depositata.
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COGNOME La Difesa dell’imputato ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso, ed ha depositato note scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che presenta tratti di inammissibilità, è nel complesso infondato.
2. I primi due motivi sono infondati.
2.1. Si ricorda che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976). Il ricorso è pertanto inammissibile quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito. (Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
2.2. L’art. 416-ter cod. pen. configura un reato di pericolo (Sez. 6, n. 37374 del 06/05/2014, COGNOME, Rv. 260167; Sez. 1, n. 19092 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 281410); la norma incriminatrice, già modificata nel 2014, è stata ulteriormente modificata dalla legge 21 maggio 2019 n. 43 ed ora recita testualmente: «Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’art. 416-bis cod. pen. o mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416-bis cod. pen., in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa, è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’art. 416-bis cod. pen. La stessa pena si applica a chi promette, direttamente o a mezzo di intermediari, di procurare voti nei casi di cui al primo comma (…)». A seguito della novella del 2019, pertanto, il procacciamento di voti penalmente sanzionato non è soltanto quello ottenuto con l’impiego del “metodo mafioso”, bensì anche quello, effettivo o promesso, che provenga «da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’art. 416-bis cod. pen.».
Secondo il condivisibile principio affermato da Sez. 6, n. 43186 del 11/09/2024, COGNOME, Rv. 287271 – 02, ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge 21 maggio 2019, n. 43, non è necessario che il procacciamento dei voti avvenga con metodo mafioso laddove il procacciatore sia un appartenente ad associazione mafiosa, anche laddove l’agente . operi “uti singulus”; si esplicita in motivazione che la nuova disposizione rimodula, quindi, la condotta penalmente rilevante, «spostando il fuoco dell’attenzione – o, meglio, estendendolo – dalle modalità del condizionamento del consenso al profilo soggettivo di chi tale operazione compia o s’impegni a compiere nell’interesse del candidato».
La modifica normativa del 2019, inoltre, è intervenuta anche sull’importante profilo della utilità oggetto dell’erogazione o della promessa in alternativa al danaro. Se il vecchio testo dell’art. 416-ter cod. pen., infatti, parlava di «altra utilità», per nuovo rileva, invece, «qualunque altra utilità». Tale modifica non può che essere intesa nel senso che il Legislatore ha voluto ampliare il novero delle condotte penalmente significative, facendo rientrare nel concetto di “utilità” qualsiasi effetto vantaggioso e non soltanto, come in passato, i beni traducibili in valori di scambio immediatamente quantificabili in termini economici.
2.3. Così chiarito il quadro normativo all’interno del quale deve essere ricondotta la fattispecie contestata al ricorrente, va rilevato che, nel caso in esame, non si riscontra alcuna violazione di legge né vizio motivazionale rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.: l’ordinanza esaminata risulta avere adeguatamente sviscerato tutti gli elementi indiziari gravanti sul Papania, averli ricondotti ad unità concettuale in coerenza con la loro concordanza e – adottando una motivazione del tutto logica – avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente.
I Giudici della cautelarn· ) 10, con motivazione logicamente articolata ed ancorata alle risultanze probatorie, dopo avere ricordato (pag. 4) che «nel caso in cui l’accordo con la parte politica venga stipulato da un esponente dell’associazione yì criminale, l’acquisizione del consenso tramite ì e modalità di cui all’art. 416 bis c.p. .no.p comma 3 è immanente all’illecita pattuizione> , nl 1 evato come l’illecito scambio politico elettorale mafioso, come contestato, si fosse realizzato in virtù dell’appartenenza del COGNOME alla famiglia mafiosa di Alcamo; le argomentazioni contenute in ricorso circa l’assenza di alcun elemento dimostrativo dell’idoneità del metodo di procacciamento del voto utile ad assicurare l’appoggio elettorale nelle forme, nei modi e con gli scopi previsti dall’art. 416 bis c. 3 cod. pen., si appalesa quindi aspecifico.
Il Tribunale ha quindi ampiamente argomentato, contrariamente a quanto dedotto in ricorso, in ordine alla caratura mafiosa del COGNOME, soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno (della
quale egli stesso si vantava, affermando essere circostanza nota a tutti («io sono sorvegliato speciale lo sapete tutti qua», pag. 8), ed al suo risalente inserimento in ruolo di vertice nella famiglia mafiosa di Alcamo (come si evince dalla conversazione nella quale parla della guerra di mafia scatenata ad Alcamo da y Riina (pag. 5). I Giudici della cautela hanno in particolare evidenziato come, dalle intercettazioni disposte nel medesimo procedimento (nell’ambito del quale il COGNOME è stato attinto da misura custodiale in relazione al reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.) fosse emerso «l’inserimento strutturale del COGNOME in seno alla consorteria criminale, le plurime relazioni dallo stesse intrattenute con associati mafiosi anche di indiscusso rango elevato, la peculiarità degli argomenti trattati con i coindagati, la partecipazione a riunioni tra gli stessi, nonché la pianificazione delle iniziative intimidatorie e di imposizione attraverso le quali “cosa nostra” consegue il proprio fondamentale obiettivo di affermazione e consolidamento sul territorio». In tal senso, il Tribunale ha riportato le conversazioni maggiormente rilevanti (pagg 6 – 9), da cui emerge l’attivismo del COGNOME nei vari settori criminali della consorteria, alla cura dei cui interessi egli era interessato; basti sul punto richiamare il contenuto della conversazione intrattenuta il 01/03/2024 dal COGNOME con un sodale (pag. 6), nel corso della quale il primo faceva riferimento alle “entrate” dell’organizzazione mafiosa («ogni mese ci dovrebbero entrare ventimila.., trentamila euro al mese»), non lesinando critiche nei confronti del sovraordinato NOME COGNOME che, «per mantenere la pace», aveva ordinato di non recarsi da alcuni imprenditori per riscuotere il dovuto; l’intercettazione del 10 agosto 2022 (pag. 7) dalla quale emerge il coinvolgimento del COGNOME in diverse estorsioni realizzate con metodo mafioso, oltre alla «stabile ed incondizionata disponibilità manifestata dal Di NOME per la risoluzione delle questioni insorte nel territorio di competenza che gli venivano sottoposte proprio in ragione della sua riconosciuta autorità mafiosa». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
L’assenza di rapporti diretti tra COGNOME e COGNOME, rimarcata dalla difesa dell’indagato in sede di ricorso, lungi dal costituire elemento tale da inficiare la piattaforma probatoria a suo carico, colora ulteriormente di illiceità la triangolazione, evidenziando le cautele che COGNOME, ex senatore, adotta nel contattare esponenti mafiosi; peraltro che COGNOME fosse intermediario tra COGNOME e COGNOME non solo emerge con chiarezza dalle intercettazioni riportate nell’ordinanza, ma è stato ammesso dallo stesso COGNOME in sede di interrogatorio di garanzia.
Contrariamente a quanto affermato nel ricorso, il COGNOME non agiva esclusivamente nel proprio interesse, ma anche in favore della famiglia mafiosa di Alcamo, della quale era esponente di vertice, come si evince dalla conversazione intrattenuta dal COGNOME con il fratello NOME, il 11/09/2022 (pagg. 10-12), nel corso della quale emergeva come l’impegno del COGNOME fosse finalizzato non solo in virtù della controprestazione di 2.000 C in contanti, ma anche, al fine di «garantirsi
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la disponibilità del COGNOME e del COGNOME, laddove eletto, a soddisfare le sue richieste di assunzione o ad assecondare qualsivoglia istanza da lui rivolta nell’interesse della famiglia mafiosa di Alcamo».
Con tale argomento, invero, il ricorso non si confronta compiutamente, parcellizzando l’esame delle conversazioni significative commentate, nel loro insieme, dal Tribunale del riesame, peraltro proponendo una diversa, alternativa lettura significato dei colloqui, inibita a questa Corte. Su tale punto, infatti, il Collegio osserva che, in materia di intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite, non evincibile nella specie (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784). Anche l’interpretazione del linguaggio dei conversanti, quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. cit.).
Per quanto attiene all’elemento soggettivo è pacifico che il reato sia punito a titolo di dolo generico, con la conseguenza che nell’ipotesi – come quella in esame in cui il soggetto che si impegna a procurare voti sia un componente di un sodalizio mafioso e agisca (anche) nell’interesse dello stesso, il dolo è integrato dalla consapevolezza dell’appartenenza del promittente all’associazione.
Anche su questo punto, il provvedimento impugnato è motivato adeguatamente, muovendo dalla conoscenza che aveva il Papania delle vicende riguardanti gli esponenti della famiglia mafiosa di Alcamo (conversazione del 16 aprile 2023 con COGNOME, p. 16-17), della contrapposta famiglia dei COGNOME, del vuoto di potere creatosi in conseguenza delle condizioni di salute del COGNOME, del fatto che i membri della famiglia di Alcamo si riunissero al “Bis Bar”, e tra essi vi fosse proprio il COGNOME. Evidenzia inoltre l’ordinanza che il COGNOME evitò appositamente di frequentare il “Bis Bar”, onde evitare controlli di polizia, nonché di incontrare personalmente il COGNOME, avvalendosi pertanto della intermediazione di COGNOME Pasquale. Inoltre, successivamente alle elezioni, lamentandosi dello scarso risultato ottenuto, il COGNOME accomunava il COGNOME al COGNOME – del cui ruolo mafioso, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ha ammesso di essere a conoscenza – e affermava che nessuno dei due aveva il carisma e lo spessore criminale dei mafiosi di un tempo. D’altronde, osserva conclusivamente l’ordinanza impugnata, il COGNOME svolgeva l’attività di cuoco e, come tale, non avrebbe avuto la capacità di procurare voti, cosa che invece poteva fare avvalendosi della sua posizione di esponente della
famiglia mafiosa di Alcamo, facendo percepire all’esterno l’indicazione di voto come proveniente da “Cosa Nostra.
GLYPH Non hanno pregio neppure le doglianze versate nell’ultimo motivo, afferenti alle esigenze cautelari. L’ordinanza impugnata, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, ha fornito ampia e congrua motivazione del proprio decisum, indicando puntualmente gli elementi di fatto da cui ha tratto l’intensità del pericolo di reiterazione, (modalità della vicenda in esame e dal complesso dei rapporti col COGNOME e con altri esponenti dell’associazione).
Va innanzitutto chiarito che, per il reato di cui all’art. 416 ter cod. pen., opera la doppia presunzione relativa – di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere – prevista dall’art. 275, comma 3, terzo periodo, cod. proc. pen.. Pur avendo il Tribunale erroneamente ritenuto operante una presunzione assoluta di adeguatezza della massima misura carceraria, ha poi, di fatto, correttamente valutato in concreto la sussistenza del pericolo di recidiva.
Sono stati in particolare evidenziati gli indici di concreta pericolosità sociale rappresentati dalla relazione intrattenuta dall’indagato con soggetto organico al sodalizio mafioso nonché con altri soggetti del pari intranei, ai quali il COGNOME non ha esitato a rivolgersi perché esercitassero violenza nei confronti di un avversario politico; il richiamo è alla vicenda inerente un progetto di ritorsione da parte dell’indagato ai danni di NOME COGNOME che, contrariamente a quanto dedotto in ricorso, pur collocandosi temporalmente in epoca successiva ai fatti contestati, è stata correttamente rilevata ai fini della valutazione della personalità dell’indagato, necessaria per lo scrutinio in tema di pericolo di recidivanza.
Nell’ordinanza impugnata, ha trovato ragionevole scrutinio anche il tema dell’adeguatezza della misura di massimo rigore applicata, in considerazione dell’inidoneità di altre soluzioni a tutelari i pericoli cautelari, essendo stato anche evidenziato come l’applicazione del braccialetto elettronico possa scongiurare l’allontanamento dal domicilio, ma non garantisce il rispetto di altre prescrizioni, quali il divieto di comunicare e avere contatti con persone diverse dai conviventi.
GLYPH Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della Cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario di riferimento, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti previsti dall’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 9 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presi. -nte