Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29378 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29378 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Catania Il 24/09/1962
avverso l’ordinanza del 17/03/2025 del Tribunale del Riesame di Catania
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Procuratore Generale presso la Corte di cassazione dr. NOME COGNOME che ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria di replica alle conclusioni del Procuratore Generale, depositata dalla difesa.
Ritenuto in fatto
È stata impugnata da COGNOME Giuseppe l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catania, che ne ha rigettato l’istanza ex art. 309 cod. proc. pen. avverso l’ordinanza di misura cautelare della custodia in carcere emanata dal giudice per le indagini preliminari distrettuale in data 28 gennaio 2025, perché gravemente indiziato del delitto di cui agli artt. 110, 416 ter cod. pen. a lui ascritto in veste di intermediario, per conto del
candidato NOME NOME, nell’accettazione di promesse di voti, da parte di affiliati a Cosa Nostra catanese e anche con l’adozione di modalità mafiose, in vista delle elezioni regionali siciliane indette nel settembre 2022, in cambio della disponibilità a favorirne gli interessi nell’assegnazione futura di appalti, lavori e servizi pubblici, tra cui quello dei servizi funebri connessi alla gestione del cimitero di Catania e del l’apertura di una agenzia di onoranze funebri a vantaggio di Bucolo Rosario.
Il ricorso, a firma di difensore abilitato, si è affidato a due motivi, di seguito enunciati nei limiti di stretta necessità, a norma dell’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Il primo motivo ha denunciato inosservanza della legge penale e vizio di motivazione con riferimento ai gravi indizi e al ruolo assunto dal Coco nell’ambito dell’accordo tra il politico COGNOME Giuseppe e gli associati a Cosa Nostra; quando Coco è intervenuto le intese erano già state definitivamente concluse grazie a COGNOME NOME, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, che già nel 2021 si era concretamente attivato per i contatti tra il mafioso COGNOME Rosario e il COGNOME, anche a riguardo di alcuni lavori urbanistici a Librino; COGNOME, estraneo all’associazione ed ai rapporti con gli appartenenti a Cosa Nostra, non avrebbe realizzato o promesso alcuna utilità ai malavitosi e a suo carico vi sarebbero solo quattro conversazioni intercettate, nemmeno correttamente interpretate dai giudici; non avrebbe mai conosciuto COGNOME, avrebbe agito, eventualmente, per scopi personali; ha partecipato a cene, ma non vi sarebbe prova che ne sia stato lui l’organizzatore e le persone interessate alle vicende penalmente rilevanti non avrebbero avuto bisogno della sua presenza, perché privo di qualsiasi peso od autorità; dopo una sua ultima apparizione nel maggio 2022, gli accordi affaristici di tipo politico sarebbero proseguiti senza di lui, anche con riguardo al regolamento cimiteriale, approvato in base ad atti amministrativi regolari, che non avrebbero prodotto favori a mafiosi.
2.2. Il secondo motivo ha lamentato la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per quanto concerne le esigenze cautelari e l’utilizzabilità di atti di indagine svolti nel 2025. Da un lato, la difesa avrebbe addotto diversi elementi comprovanti l’insussistenza delle esigenze cautelari, come le dichiarazioni dell’indagato, il ruolo marginale, il lasso di tempo trascorso tra i fatti e l’applicazione della misura, le prove fornite circa l’insussistenza di precedenti penali per droga e per omicidio colposo, la praticabilità degli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico. Dall’altro, il Tribunale del riesame avrebbe valorizzato una intercettazione del 9 febbraio 2025, tra COGNOME -detenuto e COGNOME, sulla base di brogliacci depositati all’udienza di riesame in data 13 marzo 2025, dopo l’intervento del difensore, che non avrebbe in tal modo potuto replicare, né muovere eccezioni. Tali brogliacci sarebbero stati depositati al TIAP il 6 marzo 2025, privi dei decreti autorizzativi, inseriti a TIAP solo il 21 marzo 2025,
quando la decisione di riesame era già stata emessa, il 17 marzo 2025. La mancata trasmissione al Tribunale del riesame degli atti di indagine -come previsto dall’art. 309 comma 10 cod. proc. pen. -determinerebbe la perdita di efficacia della misura.
Ancora , si tratterebbe di atti di indagine compiuti tre anni dopo l’iscrizione dell’indagato nel registro ex art. 335 cod. proc. pen., dopo la scadenza dei termini delle indagini preliminari, dunque inutilizzabili. Infine, la conversazione in questione nulla dimostrerebbe in punto di esigenze cautelari, non potendo dalla medesima trarsi un pericolo attuale di commissione di nuovi reati di voto di scambio politico-mafioso, quando la competizione elettorale si è esaurita e il Castiglione non potrebbe comunque più candidarvisi.
Considerato in diritto
Il ricorso, a tratti inammissibile, è nel complesso infondato.
Occorre premettere, innanzitutto, che in materia di misure cautelari personali il giudizio di legittimità relativo alla verifica della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen. deve avere ad oggetto la violazione di norme di legge ovvero la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, senza potersi estendere alla ricostruzione dei fatti o all’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori; apprezzamento che, ove non manifestamente illogico, si sottrae a qualunque possibilità di censura nel giudizio di cassazione.
Ne consegue che non è consentito dedurre profili di doglianza che, pur investendo, in apparenza, la motivazione, si risolvono, in realtà, nella richiesta di una diversa valutazione di circostanze fattuali esaminate dal giudice di merito, il quale abbia dato adeguato conto delle ragioni poste a fondamento della decisione sulla gravità del quadro indiziario attraverso una congrua motivazione degli elementi indizianti, la quale risponda ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828 – 01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460 – 01; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 01); analogo principio vale a riguardo della deduzione di assenza o di inattualità delle esigenze cautelari ( ex multis , Sez. 4, n. 45528 del 01/12/2022, N.C., n.m.).
1.1. Ne consegue che al giudice di legittimità è precluso il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, così come la
prospettazione di una diversa lettura o interpretazione delle risultanze poste a fondamento della decisione impugnata ( ex multis , Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976). Ed in tal senso costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni intercettate, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. U, Sentenza n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
1.2. Va poi ancora chiarito che la nozione di gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare non è omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale (Sez. 5 n. 36079, del 5/06/2012, COGNOME, Rv. 253511 – 01). Al fine dell’adozione della misura cautelare, infatti, è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare «un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato» in ordine ai reati addebitati. In altri termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., ove occorre, invece, la prova critica, logica e indiretta del fatto, contrapposta alla prova diretta acquisibile con i mezzi previsti dal codice di rito (Sez. 2, n. 48276 del 24/11/2022, COGNOME, Rv. 284299 – 02).
1.3. Sotto altro profilo, deve osservarsi che l’ordinanza cautelare adottata dal tribunale del riesame non richiede, a pena di nullità, l’autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, in quanto tale requisito è previsto dall’art. 292, comma 2, cod. proc. pen. con riguardo alla sola decisione adottata dal giudice che emette la misura inaudita altera parte, essendo funzionale a garantire l’equidistanza tra l’organo requirente che ha formulato la richiesta e l’organo giudicante (così Sez. 1, n. 8518 del 10/09/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280603 – 01; Sez. 6, n. 1016 del 22/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278122 – 01).
Il reato di cui all’art. 416-ter cod. pen. (scambio elettorale politico-mafioso) -reato di pericolo – per i requisiti della condotta era caratterizzato, fino all’avvento della legge n. 43 del 2019, unicamente del procacciamento dei voti attuato o promesso “mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416-bis cod. pen.” ( id est , col metodo mafioso). La nuova formulazione ha esteso – puramente e semplicemente – la punibilità a qualsiasi accordo stipulato con l’appartenente ad un’associazione mafiosa; inoltre, tra gli elementi della corrispettività accanto all’erogazione o alla promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità – ha inserito la disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa (in motivazione, sez. 5, n. 42227 del 03/09/2021, COGNOME).
E ancora, il secondo comma della norma, come interpolata dalla novella legislativa, ha espressamente previsto che l’indebita promessa possa provenire anche da ‘intermediari’, estranei alla consorteria criminosa, che agiscano per conto di soggetti appartenenti all’associazione mafiosa (in motivazione, sez. 5, n. 42651 del 03/10/2024, Ponticelli). D’altro canto, in tema di scambio elettorale politico-mafioso, l’esistenza di un’intesa per il procacciamento di consensi elettorali con modalità mafiose può desumersi anche in via indiziaria, mediante la valorizzazione di indici fattuali della natura dell’accordo, quali la fama criminale del procacciatore, l’assoggettamento alla forza intimidatrice promanante dagli affiliati ad associazione di tipo mafioso e l’utilità del loro apporto per il reclutamento elettorale nella zona d’influenza dell’organizzazione criminale (sez. 5, n. 42651 del 03/10/2024, Ponticelli, cit., che ha richiamato sez. 6, n. 9442 del 20/02/2019, COGNOME, Rv. 275157 e sez. 5, n. 26426 del 07/05/2019, COGNOME, Rv. 275638).
In tema di prova del concorso di persone nel reato, può ancora aggiungersi che qualsiasi significativo apporto individuale , quand’anche realizzato in fase di ‘subentro’, alla reiterazione, alla dilatazione ed al rafforzamento delle reciproche promesse, prima della consultazione elettorale, valga ad integrare concorso personale nel delitto di cui all’art. 416 ter cod. pen.; e tale pregnanza possiede, di tutta evidenza, l’efficace affiancamento di altri nell’ iter del perfezionamento dell’accordo e del proficuo perseguimento dei rispettivi obbiettivi, la fruizione di voti nella competizione politica da una parte e il conseguimento dei vantaggi corrispettivi dall’altra. In definitiva, è ben possibile il concorso nell’illecito di terze persone, sia nel caso in cui il contributo di queste si realizzi nella forma della determinazione o del suggerimento fornito al privato o al soggetto pubblico, sia nell’ipotesi in cui i concorrenti eventuali svolgano una funzione di intermediazione, per realizzare il collegamento tra gli autori necessari del reato, di natura plurisoggettiva e a struttura bilaterale.
3. Orbene -incontestati dai motivi di ricorso l’esistenza e l’operatività dell’associazione mafiosa di Cosa Nostra SantapaolaErcolano, predominante nell’area geografica di interesse , e l’intraneità, nel fenomeno delinquenziale, di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Antonio e COGNOME NOME – osserva il collegio come la motivazione del provvedimento impugnato, nei limiti del sindacato pertinente alla fase incidentale de libertate , si riveli convincente ed immune da vizi di logicità inferenziale nella ricostruzione del quadro gravemente indiziario e delle esigenze cautelari a carico del ricorrente.
Come emerge in dettaglio dall’ordinanza del Tribunale del riesame, nel periodo compreso tra maggio e giugno 2021, le captazioni intercettive hanno consentito di accertare che COGNOME Giuseppe -candidato alle elezioni dell’Assemblea Regionale Siciliana del settembre 2022, poi effettivamente eletto -si stava attivando per risolvere la questione dell’installazione abusiva di un chiosco riconducibile a Bartolotta, presso il quale lavorava
COGNOME NOME, figlio di NOME classe 1979, figura apicale del clan mafioso di riferimento. In tale contesto, COGNOME NOME -indagato per appartenenza alla medesima consorteria criminale -risultava essere stato ripetutamente contattato da COGNOME COGNOME moglie di COGNOME NOME, al fine di ottenere l’intervento del Castiglione.
Le risultanze investigative hanno inoltre evidenziato che COGNOME era solito ‘mettersi a disposizione’ di COGNOME e, per suo tramite, dei COGNOME, anche per agevolare l’espletamento di pratiche amministrative di carattere marginale, chiedendo in cambio favori personali, tra cui un prestito di denaro per un viaggio a Malta.
A partire da ottobre 2021, COGNOME si è attivato, nell’interesse del Castiglione, per garantirgli un sostegno elettorale da parte del sodalizio mafioso. A tal fine, sono stati documentati numerosi e inequivoci contatti tra COGNOME -che agiva non in proprio, ma per conto del clan (‘stiamo portando lui’) e COGNOME NOME, titolare di un’agenzia di pompe funebri a Catania; tra COGNOME e COGNOME NOME; e successivamente tra Colombo, Castiglione, Bucolo e Bergamo, nonché tra COGNOME e COGNOME.
Tali interlocuzioni hanno delineato con chiarezza il perfezionamento di intese illecite finalizzate al procacciamento di voti, richiesto da COGNOME, in cambio della promessa di favori e agevolazioni, cui il medesimo si mostrava disponibile in caso di elezione. Le utilità promesse erano destinate sia a singoli affiliati all’organizzazione mafiosa, sia al sodalizio nel suo complesso.
In tale univoco e inconfondibile contesto, si inscrive la figura complementare del ricorrente COGNOME il quale -come risulta alle pagine 25 e seguenti dell’ordinanza impugnata, con particolare riferimento al compendio intercettivo -ha affiancato l’originario e fattivo promittente, COGNOME Domenico. Mosso anche -ma non esclusivamente -dalla prospettiva di una possibile riassunzione presso l’azienda di distribuzione del gas di Catania, o persino di una nomina a consigliere comunale, in vista dell’acquisizione di maggiore autorevolezza nel procacciamento di favori a terzi, il ricorrente ha sfruttato, a sua volta, una rete di amicizie e relazioni in ambienti mafiosi, tra cui quelle con soggetti in grado di garantire una più ampia platea di voti al Castiglione (come il capoclan COGNOME COGNOME, da poco scarcerato, interessato al settore delle onoranze funebri e all’assegnazione di una delle nuove aree edificabili nel cimitero di Catania).
Ha inoltre direttamente rivendicato -nel dialogo con COGNOME -un proprio ruolo di ‘intermediazione’ penalmente rilevante tra Marletta e Castiglione, esprimendosi al plurale e dimostrando consapevolezza del proprio contributo all’agire della consorteria mafiosa (‘gli facciamo stringere la mano a NOME!’).
Coerente con tale chiave di lettura è poi il prosi eguo delle vicende illustrate dall’ordinanza -pag. 27 e segg. -che dà conto di un incontro cruciale tra Castiglione e Marletta –
organizzato appunto da COGNOME e COGNOME (‘ ti dobbiamo presentare a quello…della croce rossa’ ), in uno ai convegni successivi, da interpretarsi tutti in piana, vicendevole sinergia, tra COGNOME e COGNOME -nel cui frangente quest’ultimo si è mostrato al corrente della pregressa riunione tra COGNOME, COGNOME e Marletta -organizzata anche da COGNOME -ed in occasione del quale i due hanno parlato dell’impegno del politico a soddisfare gli interessi a cui teneva COGNOME, quello, in primo luogo, di aprire una nuova agenzia di pompe funebri. Vi sono, poi, gli appuntamenti conviviali a scopo elettorale con affiliati della malavita organizzata, a cui ha partecipato anche COGNOME, alla presenza di COGNOME e COGNOME, preceduti e succeduti da conversazioni intercettate, appropriatamente interpretate come strumentali a pianificare il ‘voto di scambio’ politico -mafioso nei termini più volte vagliati , di cui l’attuale ricorrente era partecipe consapevole, anche alla luce delle ‘raccomandazioni’ fatte a COGNOME di ‘non pubblicare’ sui ‘social’ le fotografie delle cene. Sono state richiamate, a quest’ultimo proposito, le conversazioni relative all’ennesimo incontro tra Bucolo e Castiglione organizzato da COGNOME e COGNOME -e le successive reazioni di costoro a riguardo dell’evidente contributo, cosciente e volontario, apportato dal ricorrente al buon esito del patto illecito, garantito dalla forza d’intimidazione del sodalizio mafioso a cui Castiglione e familiari avrebbero dovuto soggiacere (pag. 30: ‘ si debbono mettere lui e suo papà a pecorina’ ).
Sono stati ampiamente scandagliati, in tale ottica, i profili non esclusivamente personali delle utilità perseguite dal ricorrente, chiaramente riferibili alla organizzazione criminale, come il materiale indiziario che promana dalle conversazioni rivelatrici di un suo diretto interessamento al soddisfacimento delle promesse fatte ai vertici del gruppo di Cosa Nostra ( come detto, l’assegnazione di un’area edificabile nel cimitero di Catania, aspirazione di Marletta -pag. 26 dell’ordinanza e l’approvazione del regolamento dei servizi cimiteriali , significativamente seguita da COGNOME nell’interlocuzione con COGNOME, indagato nell’ambito del procedimento penale, emissario di COGNOME e COGNOME, direttamente interessati quali esponenti dell’aggregazione criminale ) , con l’invito , sintomatico, a Colombo di ‘lasciare i telefoni in macchina’ in occasione di uno dei vari incontri compromettenti.
E chiosa non irrilevante, evidentemente, è l’avvenuta approvazione del nuovo regolamento dei servizi cimiteriali in data 12 ottobre 2022 da parte del Consiglio Comunale presieduto proprio dal Castiglione, neo-eletto, nel frattempo, tra i componenti del nuovo Consiglio regionale; di rilievo, in particolare, è l’emendamento n. 14, apportato al provvedimento, che stabiliva ‘l’obbligo per la P.A. di affidamento delle attività di tumulazione ai privati entro due anni, ad evidente soddisfazione dei desiderata di COGNOME e COGNOME‘ (pag.38).
4. La molteplicità, nitidezza e convergenza degli elementi indiziari così fedelmente assemblati ed incastonati dal corredo espositivo del provvedimento impugnato travolgono nell’alveo dell’inammissibilità tutte le note di dissenso agitate nel primo motivo di ricorso, globalmente volte a stimolare una mera rivisitazione del sostrato indiziario e della sua interpretazione, ovvero del significato da attribuire alla ricostruzione del fatto e al contenuto delle conversazioni, operazione non consentita nel giudizio di legittimità.
COGNOME non agiva per conto proprio, ma, unitamente a COGNOME, annoverato tra i partecipi dell’organizzazione mafiosa, svolgeva un’attività di mediazione tra il clan e l’uomo politico ed il suo contributo concorsuale è consistito nell’agevolazione dei collegamenti tra le parti del pactum sceleris ; il quale, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non si era affatto definitivamente perfezionato nel 2021 con l’intervento del COGNOME, ma si è ampliato ed arricchito anche in virtù dell’ausilio fornito dal Coco, con particolare riferimento alle richieste di intervento di COGNOME NOME dopo la sua scarcerazione, all’implementazione e consolidamento delle intese già pianificate, ai contatti proattivi con Interlandi a riguardo della pratica di approvazione del nuovo regolamento cimiteriale.
Non ha rilevanza che COGNOME non sia un affiliato di Cosa nostra, perché gli è attribuito il ruolo di concorrente ‘intermediario’ nella pattuizione politico-mafiosa; non è importante che la manutenzione di una piazza del quartiere Librino non costituisca concreta od immediata utilità per l’associazione mafiosa, perché ciò che rileva anche per l’esplicita formulazione del capo d’incolpazione è l’impegno assunto dal soggetto pubblico, Castiglione, a ‘soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa’ a fronte della promessa dei voti elettorali.
Non è da dimenticare, invero, che il reato di scambio elettorale politico-mafioso si consuma al momento delle reciproche promesse, indipendentemente dalla materiale esecuzione della prestazione promessa, perché la condotta penalmente illecita – per quanto attiene all’uomo politico -è integrata dalla sua disponibilità a venire a patti con la consorteria mafiosa, in vista del futuro e concreto adempimento dell’impegno assunto in cambio dell’appoggio elettorale (sez. 1, n. 32820 del 02/03/2012, Battaglia, Rv. 253740).
Né rileva, in disparte la marginalità del dato, che COGNOME abbia riferito a COGNOME che Castiglione si era verbalmente espresso per la non accoglibilità delle istanze di COGNOME a riguardo della possibilità di costruire in area cimiteriale, perché -subito dopo -a conferma della fermezza del ricorrente e delle risolute finalità del sodalizio, egli ha insistito per l’opportunità di saldarne il rapporto con espressioni di lampante perentorietà. E precipitano nella patologia le argomentazioni, in parte orientate a frammentare un tessuto indiziario omogeneo, secondo cui COGNOME non conoscesse personalmente NOME prima di incontrarlo, non fosse presente a taluni appuntamenti, non avesse organizzato le cene, non fosse più apparso nelle captazioni successive al mese di maggio 2022.
5. Il secondo motivo, in parte di natura processuale, è aspecifico e comunque infondato.
5.1. Esso è affetto da insanabile genericità, perché non compete alla Corte di cassazione, in mancanza di specifiche deduzioni, verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che non appaiano manifeste, in quanto implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente (Sez. U n. 39061 del 16/07/2009, COGNOME, Rv. 244328).
E ancora, in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (sez. U n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, Rv.243416).
Ha eccepito il ricorrente che l’ordinanza restrittiva sarebbe divenuta inefficace, ex art. 309 comma 10 cod. proc. pen., perché il pubblico ministero avrebbe trasmesso al Tribunale del riesame un verbale di intercettazione telefonica del 9 febbraio 2025, valorizzato ai fini della sussistenza e persistenza delle esigenze cautelari a carico del prevenuto , che la difesa medesima riconosce ‘captata dopo l’emissione dell’ordinanza che ha disposto la misura’.
L’art. 309 comma 10 cod. proc. pen. sancisce che l’ordinanza che dispone la misura coercitiva, per quanto di interesse per il presente scrutinio, perde efficacia soltanto ‘se la trasmissione degli atti non avviene nel termine di cui al comma 5’ e tale comma prescrive che l’autorità giudiziaria procedente, non oltre il quinto giorno successivo all’avviso pervenuto dal Presidente del collegio della cautela, trasmetta al Tribunale del riesame ‘gli atti presentati a norma dell’art. 291 comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini’ ; dunque, in definitiva, soltanto gli atti allegati a corredo della originaria richiesta di misura cautelare personale, salve le emergenze sopravvenute a favore dell’indagato, qui non conferenti.
Ha eccepito ancora il ricorrente che non sarebbero stati in toto trasmessi al Tribunale del riesame i decreti autorizzativi di tale novum intercettivo, ma si dimentica che, per consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, la mancata allegazione, da parte del Pubblico Ministero, dei relativi provvedimenti autorizzativi a corredo della richiesta di applicazione di misure cautelari e la loro mancata trasmissione al Tribunale del riesame a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo non determina l’inefficacia della misura ex art. 309, comma 10, cod. proc. pen., in quanto atti non trasmessi ex art. 291 cod. proc. pen., né l’inutilizzabilità delle intercettazioni, che invece consegue all’adozione dei decreti fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni previste
dagli artt. 267 e 268 cod. proc. pen., obbligando solo il Tribunale ad acquisire i detti provvedimenti a garanzia del diritto di difesa della parte che ne abbia fatta richiesta, ai fini del controllo in merito alla loro sussistenza e alla legittima adozione (si vedano sul punto, ex plurimis : Sez. 4, n. 26297 del 15/05/2024, C., Rv. 286817; Sez. 1, n. 823 del 11/10/2016, dep. 2017, COGNOME Rv. 269291; Sez. 3, n. 42371 del 12/10/2007, COGNOME, Rv. 238059; Sez. 1 n. 8806, del 15/02/2005, COGNOME, Rv. 231083; Sez. 4, n. 4631 del 01/12/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 230685).
Nel caso di specie, i decreti autorizzativi non riguardano gli atti d’indagine posti a fondamento della richiesta di misura cautelare, ma investigazioni successive, i cui esiti ben possono essere offerti nel corso dell’udienza dinanzi al Tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 309, nono comma, cod. proc. pen. .
Non consta, in ogni caso, che la difesa abbia in proposito formulato al Tribunale del riesame un’esplicita richiesta di acquisizione dei medesimi , né risulta documentato e dunque dimostrato che ‘i relativi brogliacci sono stati depositati nell’udienza del riesame in data 13.03.2025 e solo a conclusione dell’intervento del difensore’ , sì da vulnerare l’esercizio del diritto di difesa, anche in considerazione della nota, di tutt’altro tenore, redatta dal pubblico ministero in risposta ad un’istanza difensiva in data 2 aprile 2025, in base alla quale ‘… questo pubblico ministero ha condiviso per tempo con la difesa tutte le prove depositate al Tribunale del Riesame’ .
Ed infine -e l’osservazione assumerebbe in ogni caso carattere assorbente – avendo la difesa certamente preso visione dei decreti prima della proposizione del ricorso per cassazione (cfr. pag.18-19 del ricorso), non sono state indicate nell’atto di impugnazione le ipotetiche violazioni di legge che renderebbero inutilizzabili i risultati delle intercettazioni.
Quanto, da ultimo, alla questione di inutilizzabilità delle registrazioni sul presupposto della tardività dell’iniziativa investigativa rispetto alla scadenza dei termini delle indagini preliminari, la difesa non ha assolto all’onere di specificazione, e di relativa allegazione documentale, della sequenza delle pertinenti date di iscrizione nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen., così da consentire al collegio di esercitare il proprio sindacato; non è stato chiarito quando -e per quali reati –COGNOME NOME sia stato iscritto nel registro degli indagati; se, una volta iscritto il suo nominativo, siano state disposte a suo carico ulteriori, autonome iscrizioni di nuovi reati, con la decorrenza di un nuovo termine d’indagine per ciascuna successiva iscrizione ( ex pluribus , sez. 2, n.22016 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276965); se siano state chieste e disposte proroghe del termine previsto dall’art. 405 cod. proc. pen..
5.2. Parimenti generica e di pura disapprovazione è la porzione del motivo di ricorso che censura la motivazione del provvedimento impugnato in punto di esigenze cautelari, assistite da ‘doppia presunzione’ di natura relativa, e sulla cui concretezza ed attualità il
Tribunale (pag.42) si è profuso, focalizzando l’attenzione sui conducenti contenuti della conversazione tra NOME e COGNOME, intercettata il 9 febbraio 2025 in costanza di detenzione carceraria del secondo.
Con proposizioni razionali e persuasive il Tribunale ha osservato che l’interlocuzione ‘ dimostra come ancora a febbraio 2025 non solo COGNOME NOME intrattenesse rapporti con NOME Domenico, partecipe del clan COGNOME e detenuto in carcere, ma anche che egli ancora pretendesse dal deputato NOME NOME, quale conseguenza immediata e diretta dell’accordo concluso per le elezioni regionali del 2022, utilità a proprio vantaggio’ ; in altre parole, conservasse i rapporti illeciti con i correi ed esigesse anche per sé il ‘corrispettivo’ del paniere di voti che ne avevano permesso l’elezione a consigliere regionale.
La prognosi di attualità della pericolosità si allinea e si conforma, pertanto, al principio di diritto più garantista in virtù del quale, anche ove si discetti dei reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., deve essere attribuita rilevanza al tempo trascorso dai fatti contestati se significativo, sempre che non siano ravvisabili ulteriori condotte sintomatiche di perdurante perniciosità (in tal senso, tra le tante, Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, COGNOME, Rv. 286202; Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272; Sez. 3, n. 6284 del 16/01/2019, Pianta, Rv. 274861).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di reiezione del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
7 . Ai sensi dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen., va disposta la comunicazione del provvedimento alla Direzione dell’istituto penitenziario per gli adempimenti di competenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 17/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME