Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31232 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31232 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME nato a Soverato il 22/08/1994
avverso la ordinanza del 27/02/2025 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio in relazione al reato di cui al capo 15;
udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro ha confermato l’ordinanza cautelare emessa il 17 gennaio 2025 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale con la quale a NOME COGNOME è stata applicata la misura degli arresti domiciliari in relazione alla ritenuta gravità indiziaria in ordin ai reati di cui ai capi 2) (art. 390 aggravato ex art. 416-bis.1. cod. pen.) e 15) (art. 416-ter cod. pen.).
Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME che con atto di ricorso deduce i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo erronea applicazione dell’art. 416-bis.1 cod. pen. in relazione al reato di cui al capo 2 e vizio cumulativo della motivazione.
L’assunto posto a base del riconoscimento della aggravante mafiosa mancando l’emersione dell’esercizio, in tale frangente, di funzioni direttive da parte del latitante – fa riferimento a dati neutri, che non inducono a dimostrare che il ricorrente conoscesse le ragioni della ipotizzata ospitalità del latitante di cui unico artefice era NOME COGNOME in presenza della inconsapevolezza della agevolazione di incontri aventi ad oggetto illecito, ovvero involgenti soggetti gravati da pregiudizi precipuamente mafiosi, adducendosi semplicisticamente l’appartenenza dei soggetti giunti presso l’impianto dei Paparo alla famiglia COGNOME.
Cosicché la aggravante è attribuita al ricorrente unicamente in ragione della ritenuta e indimostrata sua consapevolezza della condizione soggettiva della persona ospitata.
2.2. Con il secondo motivo erronea applicazione degli artt. 273 cod. proc. pen. e 416-ter cod. pen. e vizio cumulativo della motivazione in ordine all’intervenuto patto di scambio politico-mafioso tra il ricorrente e suo padre NOME COGNOME
L’assunto si fonda su uno sparuto compendio captativo che oblitera taluni eclatanti contenuti (v. conversazione di cui al RIT 52128 n. 611/20, come pure quella n.52237 RIT 611/20 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME), desumendo l’utilizzo del metodo mafioso attraverso il richiamo a conversazioni che non coinvolgono il ricorrente e che incidono – specie quando il soggetto agisce uti singulus sulla consapevolezza del ricorrente sull’utilizzo del metodo mafioso.
Ancor di più nel contesto elettorale dato, in cui vi era una sola effettiva lista e quella “civetta” da questa dipendente con un inevitabile risultato elettorale, cosicché nessun rilievo poteva avere la indimostrata levatura mafiosa di NOME COGNOME.
Ma v’è di più: manca nel caso in esame la necessaria esistenza di un rapporto sinallagmatico, risultando apodittico l’argomentare del Tribunale sulla “condizionabilità” o “disponibilità” del Paparo quale “estrinsecazione del patto”.
2.3. Con il terzo motivo erronea applicazione dell’art. 274 cod. proc. pen. in ordine alla concretezza e attualità delle esigenze cautelari in relazione alla personalità non recidivante del ricorrente e al tempo silente dalla commissione dei fatti delittuosi (2021) e tenuto conto del regolare rapporto di lavoro di cui era titolare il ricorrente con il definitivo allontanamento di questi da Badolato.
2.4. Sono stati depositati motivi nuovi a sostegno del terzo motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è in parte fondato.
Il primo motivo è genericamente proposto per questioni in fatto rispetto all’incensurabile valutazione in fatto espressa dal provvedimento impugnato in ordine al pieno coinvolgimento del ricorrente nel complesso apparato, appositamente costruito, che aveva come centro logistico lo stabilimento della famiglia COGNOME e facente capo alla sua famiglia, volto a garantire la latitanza del COGNOME, noto soggetto apicale, e il proseguimento del suo ruolo mafioso attraverso gli incontri con altri sodali, oltre quelli con la sua compagna. Non illogicamente la ordinanza impugnata desume la ricorrenza della gravità indiziaria della aggravante mafiosa contestata dalla piena partecipazione del ricorrente all’univoco contesto che ha generato il complesso apparato posto a disposizione del latitante, con la finalità agevolatrice alla quale era destinato.
3. Il secondo motivo è fondato.
3.1. La ricostruzione fattuale posta a base della gravità indiziaria del reato di cui al capo 15 si incentra sul protagonismo elettorale di NOME COGNOME volto a definire i componenti delle liste elettorali e prefigurare gli incarichi amministrativi all’esito delle elezioni, di cui è previsto il risultato. All’interno di questo quadro, colloca l’attuale ricorrente, destinatario dei progetti politico-amministrativi del padre sul Comune di Badolato.
Il patto elettorale politico-mafioso è individuato sulla base delle conversazioni – da un lato – collocate nella fase di predisposizione delle liste e – dall’altro – s quelle successive che documentano l’informazione del figlio al padre dell’andamento dell’attività del Consiglio comunale al fine di consentirgli l’ingerenza nelle vicende amministrative comunali.
Il Tribunale ritiene che nel patto intercorso tra il padre e il figlio sia ricompreso anche il procacciamento dei voti con metodo mafioso, desumendolo da una captazione intervenuta tra il padre e NOME (v. pg. 13 della ordinanza), assumendosi che tutti i . partecipi della vicenda fossero consapevoli della capacità del COGNOME (padre) di incidere sul territorio con metodi tipici della mafiosità.
3.2. Ritiene questo Collegio che la ricostruzione fattuale posta a base della gravità indiziaria esuli dalla fattispecie di cui all’art. 416-ter cod. pen. ascrit secondo il quale il reato di scambio elettorale politico mafioso ha per oggetto la «promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’articolo 416-bis o mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis» e si consuma con la mera stipulazione dell’intesa illecita.
Il Tribunale, come il Giudice per le indagini preliminari che ha emesso la misura, non si è attenuto al richiamato parametro di legittimità in quanto, non solo non ha dato conto della personale consapevolezza del ricorrente dell’intento di NOME COGNOME di ricorrere all’uso della forza mafiosa per procacciare voti alla lista “Vivi Badolato” in cui il ricorrente era stato inserito, ma neanche ha individuato la pattuizione di alcuno scambio elettorale politico-mafioso da parte dello stesso ricorrente e i presupposti fattuali del concorso alla realizzazione dello stesso o essersi attivato per la sua esecuzione, non valendo a tal riguardo soltanto il suo essersi prestato allo scopo perseguito dal padre di utilizzarlo come strumento per intervenire sulle vicende amministrative del Comune, una volta insediatasi l’Amministrazione.
La estraneità della fattispecie concreta all’ipotesi di cui all’art. 416-ter cod. pen. determina l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata e di quella genetica limitatamente al reato di cui al capo 15.
Quanto al terzo motivo, proposto in relazione ad entrambi i reati ascritti in via cautelare, il disposto annullamento comporta il rinvio al Tribunale del riesame, dovendosi riesaminare il profilo cautelare in relazione al residuo reato di cui al capo 2.
Deve essere disposta l’immediata cessazione della misura cautelare nei confronti del ricorrente in relazione al reato di cui al capo 15) con immediata remissione in libertà del ricorrente, se non detenuto per altra causa.
Devono essere disposti gli adempimenti di Cancelleria in relazione alla immediata comunicazione al Procuratore generale in sede ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Annulla senza rinvio nei confronti di COGNOME COGNOME l’ordinanza impugnata, nonché l’ordinanza emessa il 17 gennaio 2025 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, limitatamente al reato di cui al capo 15). Annulla altresì l’ordinanza impugnata in relazione al capo 2), limitatamente alle esigenze cautelari, e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Rigetta nel resto il ricorso. Dispone la cessazione della misura cautelare nei confronti di COGNOME COGNOME limitatamente al reato di cui al capo 15) e ne dispone l’immediata liberazione se non detenuto per altra causa. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 14/07/2025