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Scambio elettorale politico-mafioso: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di arresti domiciliari per il reato di scambio elettorale politico-mafioso. La Corte ha chiarito che, per configurare tale delitto, non è sufficiente essere il beneficiario di un progetto politico-amministrativo ideato da un familiare, ma è necessaria la prova di un patto specifico e della consapevolezza del candidato di ricorrere a metodi mafiosi per ottenere voti. L’ordinanza è stata invece annullata con rinvio per la riqualificazione delle esigenze cautelari relative a un’altra accusa di favoreggiamento aggravato.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Scambio elettorale politico-mafioso: quando il patto non sussiste

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31232/2025, offre un’importante chiave di lettura sul delitto di Scambio elettorale politico-mafioso, delineando con precisione i confini tra un progetto politico familiare e un vero e proprio patto illecito. La pronuncia chiarisce che per integrare il reato non basta essere il destinatario di manovre elettorali altrui, ma è indispensabile dimostrare la stipulazione di un accordo e la piena consapevolezza del candidato circa l’uso di metodi mafiosi.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che aveva confermato la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un soggetto, indagato per due distinti reati. Il primo, un delitto aggravato dall’agevolazione mafiosa (art. 416-bis.1 c.p.), legato al presunto aiuto fornito a un latitante. Il secondo, il reato di Scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.), relativo alla sua candidatura nelle elezioni comunali.

Secondo l’accusa, il padre dell’indagato avrebbe orchestrato la sua carriera politica, stringendo un patto con ambienti criminali per garantirgli i voti necessari, promettendo in cambio futuri favori e ingerenze nell’amministrazione comunale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha impugnato l’ordinanza cautelare dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando tre motivi principali:

1. Erronea applicazione dell’aggravante mafiosa: Si contestava che l’aggravante fosse stata applicata sulla base di una presunta e non dimostrata consapevolezza del ricorrente circa la caratura criminale delle persone frequentate dal padre.
2. Insussistenza dello scambio politico-mafioso: La difesa ha sostenuto la mancanza di prove di un patto diretto tra il candidato e la criminalità organizzata. Le intercettazioni non lo coinvolgevano direttamente e il contesto elettorale, con una sola lista competitiva, rendeva superfluo un accordo per la raccolta di voti.
3. Mancanza di esigenze cautelari: Si evidenziava l’assenza di attualità e concretezza del pericolo, dato il tempo trascorso dai fatti, la personalità non recidivante dell’indagato e il suo stabile rapporto di lavoro lontano dal paese d’origine.

L’analisi della Corte sullo Scambio elettorale politico-mafioso

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso, centrato proprio sulla configurabilità del reato di Scambio elettorale politico-mafioso. I giudici hanno ribadito che la fattispecie prevista dall’art. 416-ter c.p. richiede elementi precisi: la “promessa di procurare voti” da parte di soggetti mafiosi o con metodo mafioso, che si perfeziona con la semplice stipulazione dell’accordo illecito.

Nel caso specifico, la Cassazione ha rilevato come il Tribunale non sia riuscito a dimostrare due elementi cruciali:
– La consapevolezza personale del candidato riguardo all’intenzione del padre di usare la forza di intimidazione mafiosa per raccogliere consensi.
– L’esistenza di una pattuizione o di un concorso del candidato stesso nella realizzazione dell’accordo.

Essere semplicemente lo strumento utilizzato dal padre per infiltrarsi nell’amministrazione comunale non è sufficiente, secondo la Corte, a integrare gli estremi del reato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha operato una netta distinzione tra le due accuse. Per quanto riguarda il favoreggiamento aggravato, ha ritenuto logica la valutazione del Tribunale circa il pieno coinvolgimento del ricorrente nel contesto che garantiva la latitanza di un soggetto di spicco, confermando la gravità indiziaria.

Tuttavia, sul reato di Scambio elettorale politico-mafioso, la motivazione è stata radicalmente diversa. La Corte ha stabilito che la ricostruzione dei fatti esulava dalla fattispecie contestata. Non è emersa alcuna prova di un patto sinallagmatico in cui il candidato si impegnava in prima persona. Mancava l’elemento soggettivo, ovvero la consapevolezza e la volontà di accettare voti procurati con metodo mafioso. Per questo motivo, la Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza cautelare limitatamente a questo capo d’imputazione, ordinando l’immediata cessazione della misura per tale reato.

Per il reato residuo, la Corte ha disposto l’annullamento con rinvio, incaricando il Tribunale di rivalutare la necessità delle misure cautelari alla luce del quadro indiziario ridimensionato.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di diritto fondamentale in materia di reati elettorali: la responsabilità penale è personale e non può essere dedotta da legami familiari o da contesti ambientali. Per contestare il grave reato di Scambio elettorale politico-mafioso, l’accusa deve fornire la prova rigorosa di un accordo specifico, a cui il candidato partecipi consapevolmente. Essere il beneficiario inconsapevole o un mero “prestanome” in un progetto politico altrui, per quanto torbido, non è sufficiente a configurare questo specifico delitto, che richiede un coinvolgimento attivo e volontario nella stipulazione del patto illecito.

Quando si configura il reato di scambio elettorale politico-mafioso secondo la Corte?
Il reato si configura quando viene stipulata un’intesa illecita che ha per oggetto la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti ad associazioni mafiose o mediante modalità mafiose, in cambio di un’utilità. È necessaria la prova di questo specifico patto.

È sufficiente essere candidato in una lista sostenuta da un familiare con presunti legami illeciti per essere accusati di questo reato?
No. Secondo la sentenza, non è sufficiente essere il beneficiario di un progetto politico altrui. La Corte ha stabilito che devono essere provati la personale consapevolezza del candidato dell’uso di metodi mafiosi e il suo concorso diretto nella stipulazione del patto di scambio.

Cosa ha deciso la Corte in merito all’accusa di favoreggiamento aggravato dal metodo mafioso?
La Corte ha rigettato il ricorso su questo punto, ritenendo che la valutazione del giudice di merito sul pieno coinvolgimento dell’indagato nel contesto volto a garantire la latitanza di un esponente criminale fosse immune da censure. Tuttavia, ha rinviato al Tribunale il compito di rivalutare le esigenze cautelari solo per questo reato residuo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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