Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43186 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43186 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Siracusa DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/03/2024 del Tribunale di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi i difensori del ricorrente, AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO COGNOME, che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Attraverso il proprio difensore, NOME COGNOME impugna l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catania del 21 marzo scorso, che ha confermato l’applicazione nei suoi confronti degli arresti domiciliari, in relazione al delitto scambio elettorale politico-RAGIONE_SOCIALE, previsto e punito dall’art. 416-ter, cod. pen., in concorso con NOME COGNOME ed il figlio di questi, di nome NOME.
Al ricorrente si addebita, nella sua qualità di candidato alla carica di sindaco nelle elezioni comunali di Melilli del giugno 2022, di avere dato la somma di 500 euro ai COGNOME, esponenti di un RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della zona, nonché di aver promesso loro di attivarsi presso un magistrato di sua conoscenza, al fine di ottenere la scarcerazione anticipata del predetto NOME, in cambio del loro impegno per il procacciamento di voti in suo favore in quella competizione elettorale.
Il ricorso è sorretto da due motivi.
2.1. Con il primo si deducono violazione di legge e vizi di motivazione in punto di gravità indiziaria, contestandosi – con ampi richiami di giurisprudenza di legittimità – la configurabilità della fattispecie incriminatrice.
2.1.1. Quanto alla corresponsione della somma di denaro, si sostiene che il Tribunale sia incorso in errore allorché ha ritenuto non necessaria la destinazione della stessa all’intero RAGIONE_SOCIALE, peraltro smentendosi nel successivo passaggio della motivazione in cui – citando giurisprudenza di legittimità – ha ritenuto che la promessa della relativa prestazione debba avvenire «in favore del sodalizio RAGIONE_SOCIALE».
Tale dazione – si adduce – è stata intesa dal Tribunale come remunerazione per il procacciamento di voti soltanto in conseguenza dell’erronea interpretazione di una conversazione intercettata, dalla quale emergerebbe, invece, che si sarebbe trattato piuttosto di un rimborso di spese, elargito al singolo individuo per una legittima attività di sostegno elettorale; tanto si evincerebbe, d’altronde, dall’esiguità di essa rispetto alle esigenze di una tale RAGIONE_SOCIALE, dall’impiego di quella somma esclusivamente da parte della famiglia COGNOME per necessità familiari, dal fatto che nessuno degli appartenenti alla cosca ne abbia mai fatto menzione.
2.1.2. Riguardo, poi, alla promessa del COGNOME di attivarsi per ottenere la scarcerazione del giovane NOME, rileva la difesa che, valorizzando la stessa, il Tribunale del riesame abbia anzitutto modificato l’incolpazione, trattandosi di condotta differente dalla manifestazione di disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione RAGIONE_SOCIALE, tipizzata dalla norma incriminatrice nonché ipotizzata dal Pubblico ministero nell’addebito provvisorio.
Un siffatto impegno – si rileva – anzitutto non risulta munito degli imprescindibili connotati della serietà e della realizzabilità, essendo rimasti ignoti l’identità del presunto magistrato da contattare, le sue funzioni ed il titolo d custodia in atto nei confronti del COGNOME COGNOME, tanto che lo stesso padre di quest’ultimo si mostrava dubbioso sulle effettive possibilità di realizzazione dell’obiettivo.
In ogni caso, non v’è alcun elemento da cui poter inferire che l’auspicata scarcerazione interessasse l’intero gruppo criminale e non soltanto il detenuto e la sua famiglia: di essa, infatti, non parla alcuno dei sodali intercettati.
Da ultimo, consistendo in un beneficio di natura soltanto ideale, la stessa non potrebbe integrare la “utilità” richiesta dall’art. 416-ter cit., la quale d consistere in un bene traducibile in un valore di scambio immediatamente quantificabile in termini economici, perciò non rilevando agli effetti penali quei benefici che solo in via mediata possono essere oggetto di monetizzazione.
2.1.3. Infine, la difesa ricorrente lamenta l’assertività dell’assunto del Tribunale per cui il procacciamento dei voti da parte dei COGNOME sarebbe avvenuto mediante intimidazioni di tipica matrice RAGIONE_SOCIALE, note a COGNOME: tale affermazione, infatti, non sarebbe sorretta dall’indicazione di alcun elemento, anche soltanto di tipo logico, da cui poter desumere che il patto tra costoro avesse previsto anche l’impiego di quei metodi.
Non concludente, in proposito, sarebbe il riferimento operato dal Tribunale alle rampogne minacciose effettuata dai COGNOME COGNOME a tale COGNOME, che non sarebbero state destinate a condizionarne la libertà di voto, ma a rimproverarlo per alcune sue esternazioni compiute su un social network.
2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge processuale e vizi della motivazione in punto di esigenze cautelari.
Il Tribunale ha ravvisato il pericolo di reiterazione criminosa, dando valore, a tal fine, ad un precedente procedimento subìto dal COGNOME per corruzione elettorale aggravata dal metodo RAGIONE_SOCIALE, che però si è concluso con sentenza di prescrizione previa esclusione di tale aggravante.
Inoltre, quei giudici ipotizzano l’anzidetto pericolo perché l’indagato potrebbe appoggiare, con i medesimi metodi, altri candidati a lui vicini in diverse competizioni elettorali, ma non adducono alcun elemento concreto a sostegno di una siffatta ipotesi.
Infine, l’ordinanza non tiene conto della lontananza dei fatti nel tempo e della possibilità del tutto remota che COGNOME possa nuovamente impegnarsi in una qualsiasi campagna elettorale prossima.
Il difensore del ricorrente ha depositato motivi aggiunti, essenzialmente riproponendo gli argomenti dedotti in ricorso.
In particolare, poi, in punto di gravità indiziaria, ha osservato che l’interpretazione della norma incriminatrice nel senso che il patto debba interessare l’intero RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e non singoli esponenti sia imposta dalla natura di reato-contratto della condotta tipizzata e dal corretto approccio sociologico al
fenomeno RAGIONE_SOCIALE; inoltre, ha lamentato l’assenza di motivazione sulla causale alternativa e tutta personale della dazione, proposta dalla difesa.
Quanto, poi, alle esigenze cautelari, ha posto l’attenzione sul risentimento maturato da COGNOME verso COGNOME successivamente alla competizione elettorale, che è attestato da alcune conversazioni intercettate e che si presenterebbe logicamente incompatibile con il pericolo di recidiva ipotizzato dall’ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
La legge n. 43 del 2019 ha profondamente modificato la fattispecie incriminatrice dell’art. 416-ter cod. pen., applicabile alla vicenda in esame ratione temporis, rendendo ormai non più attuale un’ampia parte della giurisprudenza formatasi nella vigenza del precedente testo e richiamata dal ricorrente a sostegno delle proprie deduzioni.
Secondo il previgente testo normativo, il procacciamento di voti doveva avvenire «mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità».
Il condizionamento del voto, dunque, doveva essere attuato attraverso l’impiego del c.d. “metodo RAGIONE_SOCIALE“: vale a dire, se non necessariamente mediante minacce o violenze fisiche, comunque sfruttando la capacità intimidatrice che promana dall’esistenza di tal genere di sodalizio, nella consapevolezza di questa capacità da parte della comunità sociale del territorio di riferimento.
Questo implicava, in base alla giurisprudenza di questa Corte sedimentatasi negli anni, la necessità che il promittente fosse un intraneo alla cosca RAGIONE_SOCIALE ed agisse in rappresentanza e nell’interesse di questa, spendendone il nome presso il politico od i suoi rappresentanti: solo in questo caso, infatti, il ricorso alle modali mafiose per l’acquisizione del consenso elettorale poteva dirsi immanente all’illecita pattuizione e la scelta di un simile interlocutore da parte del candidat poteva razionalmente ritenersi determinata dalla fama criminale dello stesso e dalle modalità che, di conseguenza, egli avrebbe adottato per il reclutamento elettorale, occorrendo altrimenti la prova della specifica pattuizione anche di tali metodi di procacciamento del consenso (Sez. 6, n. 16397 del 03/03/2016, COGNOME, Rv. 266738; Sez. 1, n. 19230 del 30/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266794; Sez. 6, n. 25302 del 19/05/2015, COGNOME, Rv. 263845).
Altrettanto consolidata, poi, era la lettura normativa in punto di prestazione erogata o promessa dal candidato o dai suoi emissari, la quale doveva consistere
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in denaro od in beni comunque traducibili in valori di scambio immediatamente quantificabili in termini economici, quali i mezzi di pagamento diversi dalla moneta, i preziosi, i titoli o i valori mobiliari, restando invece escluse dal contenut precettivo della norma eventuali “utilità” suscettibili di monetizzazione solo in via mediata (tra altre: Sez. 2, n. 51659 del 17/11/2023, COGNOME, Rv. 285679; Sez. 1, n. 46006 del 01/06/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 20924 del 11/04/2012, COGNOME, Rv. 252788; Sez. 2, n. 46922 del 30/11/2011, COGNOME, Rv. 251374).
A seguito della novella del 2019, invece, il procacciamento di voti penalmente sanzionato non è soltanto quello ottenuto con l’impiego del “metodo RAGIONE_SOCIALE“, bensì anche quello, effettivo o promesso, che provenga «da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’art. 416-bis cod. pen.».
Si coglie agevolmente, dunque, come la nuova disposizione ampli notevolmente lo spettro delle condotte penalmente rilevanti, spostando il fuoco dell’attenzione – o, meglio, estendendolo – dalle modalità del condizionamento del consenso al profilo soggettivo di chi tale operazione compia o s’impegni a compiere nell’interesse del candidato.
Non sfugge al Collegio l’esistenza di un precedente di legittimità secondo cui anche la nuova disposizione imporrebbe che, qualora l’intraneo ad una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE operi uti singulus, l’accordo debba contemplare l’attuazione o la programmazione di un’attività di procacciamento di voti con metodo RAGIONE_SOCIALE. (Sez. 6, n. 15425 del 12/12/2022, dep. 2023, Lombardo, Rv. 284583).
Si tratta di un’opzione esegetica che non può essere condivisa, poiché muove da una premessa non verificata, ovvero quella che la nuova formulazione normativa abbia inteso codificare la precedente giurisprudenza. Così, invece, non è, poiché il nuovo testo ha lasciato intatto il riferimento al “metodo” e vi ha aggiunto quello ai «soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’art. 416-bis, cod. pen.», senza altro specificare. D’altronde, è evidente che una tale interpolazione testuale, se non funzionale all’ampliamento dell’area di penale rilevanza, sarebbe stata del tutto inutile, potendo giungersi al risultato interpretativo della “sentenza Lombardo” già in base al testo normativo anteriore.
Peraltro, l’interpretazione qui sostenuta non solo si coniuga senza forzature con la maggiore ampiezza semantica del nuovo testo normativo, ma, anche in chiave assiologica, risulta coerente con la natura di reato di pericolo della fattispecie incriminatrice in esame, rendendola maggiormente idonea ad impedire ogni tipo di contatto in ambito elettorale con soggetti intranei a sodalizi mafiosi, nella ragionevole probabilità che costoro, se sollecitati od assecondati a farlo, svolgano l’attività di orientamento del voto con le modalità comportamentali
tipiche del loro status, derivando essenzialmente da quest’ultimo la loro capacità di condizionamento dell’altrui volontà.
La modifica normativa del 2019, inoltre, è intervenuta anche su altri aspetti qualificanti della fattispecie nonché rilevanti ai fini del presente giudizio.
4.1. Tanto vale, anzitutto, per quel che attiene alla remunerazione del RAGIONE_SOCIALE.
Secondo il testo previgente, infatti, essa consisteva nella «erogazione o (…) promessa di erogazione di denaro o di altra utilità». Oggi, invece, rileva anche il procacciamento di voti realizzato o promesso, in alternativa, «in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione RAGIONE_SOCIALE» da parte del candidato.
Se, dunque, neppure nella vigenza del testo normativo precedente era necessario che la dazione o la promessa fossero effettuate in favore del RAGIONE_SOCIALE nel suo complesso e non soltanto del singolo agente per conto di esso, non contenendo la legge l’indicazione di uno specifico destinatario, tanto deve ritenersi a maggior ragione in base alla norma attuale, in cui nulla è stato aggiunto in ordine al destinatario della prestazione e la disponibilità in favore della RAGIONE_SOCIALE nel suo complesso è prevista quale forma di remunerazione alternativa rispetto all’erogazione di denaro od alla relativa promessa.
4.2. Infine, l’ulteriore novum normativo immediatamente incidente sulla vicenda in esame è quello relativo all’utilità oggetto dell’erogazione o della promessa in alternativa al danaro.
Se il vecchio testo, infatti, parlava di «altra utilità», per il nuovo rileva, invece, «qualunque altra utilità».
Anche questa interpolazione, altrimenti inutile, non può spiegarsi se non con l’intento del legislatore – in coerenza, del resto, con la ragione di tutto l’intervento normativo nel suo complesso – di ampliare il novero delle condotte penalmente significative, ricomprendendovi qualsiasi effetto vantaggioso e superando, quindi, la precedente giurisprudenza per la quale potevano rilevare, sotto il profilo in esame, soltanto i beni traducibili in valori di scambio immediatamente quantificabili in termini economici.
Se questo è il perimetro normativo di riferimento, le doglianze difensive in punto di gravità indiziaria non colgono nel segno.
5.1. Quella relativa all’interpretazione, asseritannente erronea, della conversazione riguardante il versamento dei cinquecento euro non solo è infondata (come si evince nitidamente dal testo del dialogo, riportato a pag. 10 dell’ordinanza), ma, ancor prima, attiene al merito della decisione, in quanto
riguardante il significato dell’elemento probatorio, e quindi esula dalla cognizione del giudice di legittimità.
Per il resto, non essendo necessario che detta elargizione fosse effettuata nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE, restano prive di significato sia la misura della stessa, sia l’utilizzazione di essa da parte della sola famiglia COGNOME.
5.2. Quanto, poi, alla promessa del ricorrente di impegnarsi per la scarcerazione di uno dei componenti di quella famiglia, va anzitutto esclusa la denunciata mutatio libelli.
In primo luogo, ed in linea AVV_NOTAIO, in tema di misure cautelari, il requisito della descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate, previsto dall’art. 292, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., ha la funzione di informare l’indagato circa il tenore delle accuse, al fine di consentirgli il pieno esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che esso può dirsi soddisfatto allorché le condotte addebitate siano indicate in modo tale che l’interessato ne abbia immediata e sicura conoscenza, essendo perciò sufficiente una sintetica enunciazione dei lineamenti essenziali della contestazione, senza la necessità di specificare eventuali elementi di dettaglio, come invece richiede per la formulazione dell’imputazione l’art. 417 cod. proc. pen., il quale parla di enunciazione dell’addebito «in forma chiara e precisa» (così, tra tante, Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, Di Maggio, Rv. 279505).
Nello specifico, poi, è agevole osservare che tale promessa è stata solamente individuata dal Tribunale quale forma di manifestazione della condotta tipica ed oggetto d’incolpazione provvisoria, della disponibilità, cioè, dell’indagato a soddisfare gli interessi della cosca.
5.3. Sempre con riferimento a detta promessa, nulla più di una pura asserzione è quella riguardante la non serietà dell’impegno assunto dal COGNOME: basti considerare, in proposito, il ristretto contesto socio-territoriale in cui maturato il patto, il consapevole coinvolgimento del capo-cosca nel medesimo e la personale esposizione del ricorrente con il diretto interessato, al quale ha addirittura telefonato mentre lo stesso si trovava detenuto in carcere (pagg. 10 s., ord.).
Inoltre, nessuna rilevanza può attribuirsi al fatto che la situazione vantaggiosa promessa avesse o meno un’effettiva e concreta probabilità di realizzazione, essendo sufficiente, ai fini del perfezionamento del reato, la serietà dell’impegno assunto dal promittente per la sua realizzazione.
Ed ancora: indiscutibilmente ragionevole si presenta la deduzione del Tribunale per cui la scarcerazione anticipata di un membro di rilievo del sodalizio criminale fosse oggetto di un interesse collettivo di quest’ultimo, tanto più perché
richiesta quale prestazione all’interno di un patto che il ricorrente sapeva essere noto anche al capo-cosca e da questi assentito.
Da ultimo, è indiscutibile che anche un siffatto vantaggio, quantunque di non immediato rilievo economico, rientri nella nozione di “utilità”, sì come dianzi illustrata (§ 4.2.).
5.4. Infine, fermo quanto s’è detto con riferimento alla sufficienza, per la configurabilità del reato, della qualità di “appartenente” ad associazione RAGIONE_SOCIALE del procacciatore di voti, nello specifico va comunque osservato che si è trattato di un patto concluso con il benestare del capo della cosca e da un soggetto, come COGNOME, intraneo alla stessa. Risulta perciò ragionevole la deduzione del Tribunale per cui costui abbia agito nell’interesse e per conto del sodalizio e non solo nomine proprio, non essendo perciò necessario – neppure secondo la giurisprudenza maturata nella vigenza del precedente testo normativo – che l’accordo si estendesse specificamente anche al metodo di condizionamento del consenso elettorale.
Pertinente, allora, si presenta il richiamo operato nell’ordinanza alle intimidazioni operate dal più giovane dei COGNOME COGNOME nei confronti di tale COGNOME, non già quale episodio dimostrativo della traduzione in atto dell’impegno da costoro assunto nei confronti di COGNOME, quanto piuttosto come logica conferma di quelli che erano i modi di condizionamento del diritto di voto da essi utilizzati. Metodi che – anche qui il ragionamento del Tribunale si presenta lineare sul piano logico-deduttivo – è ragionevole supporre fossero noti a COGNOME, in quanto già Sindaco del paese e già coinvolto in una vicenda analoga in occasione delle precedenti elezioni amministrative.
6. Infondate sono pure le censure riguardanti le esigenze cautelari.
Il risentimento mostrato da NOME COGNOME non è inconciliabile con il ritenuto pericolo di reiterazione criminosa, non adducendo neppure la difesa che costui fosse il terminale esclusivo utilizzato dal ricorrente per orientare in proprio favore il consenso nelle competizioni elettorali che lo vedevano candidato od altrimenti interessato.
Irrilevante, inoltre, è la circostanza che il precedente processo per corruzione elettorale nei suoi confronti si sia concluso con una sentenza di proscioglimento per prescrizione: questa, infatti, presuppone l’assenza di cause evidenti di non colpevolezza, né la difesa risulta aver addotto elementi in tal senso, che i Giudici del merito abbiano trascurato o frainteso. Dunque, la valorizzazione di tale precedente vicenda ai fini cautelari, come sintomatica di una proclività del ricorrente al mercimonio del voto ed al condizionamento delle competizioni elettorali, non costituisce un fuor d’opera.
Peraltro, l’ordinanza impugnata pone in rilievo non soltanto l’operatività della presunzione relativa dell’esistenza di esigenze cautelari, a norma dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ma evidenzia altresì come, a quel momento, fossero imminenti nuove elezioni amministrative. Dal suo canto, invece, il ricorso neppure accenna all’abbandono dell’attività politica da parte dell’indagato, od anche soltanto ad un allontanamento da essa, pur senza l’assunzione di candidature in prima persona, limitandosi ad evocare il tempo trascorso dai fatti, tuttavia di per sé insignificante, oltre che, in termini assoluti, piuttosto breve (poco più di un anno e mezzo fino all’applicazione della misura).
Al rigetto del ricorso segue obbligatoriamente per legge la condanna alle spese di giudizio (art. 616, cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 1 1 11 settembre 2024.