Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21961 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21961 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI PALERMO nel procedimento a carico di: COGNOME NOME, nato a Enna il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/04/2023 della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME, di replica al ricorso del Procuratore generale presso la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata venga annullata con rinvio;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME, di replica alla requisitoria del Pubblico Ministero;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale si è riportato alla propria requisitoria scritta e ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata venga annullata con rinvio;
udito lAVV_NOTAIO, in difesa delle parti civili RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE,
il quale si è associato ai motivi di ricorso e alle conclusioni del Pubblico Ministero e ha depositato conclusioni e note spese per tutte le menzionate parti civili; udito l’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME, il quale ha insistito per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24/04/2023, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della sentenza del 11/12/2020 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE – cori la quale NOME COGNOME era stato condannato per il reato di scambio elettorale politico-mafioso di cui all’art. 416-ter cod. pen. -, previa riqualificazione del fatto attribuito stesso COGNOME come corruzione elettorale di cui all’art. 96 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, dichiarava non doversi procedere in ordine a tale reato per essere lo stesso estinto per prescrizione in data anteriore alla sentenza di primo grado, revocando, per l’effetto, le statuizioni civili di tale sentenza.
Secondo il capo d’imputazione, il reato di scambio elettorale politico-mafioso era stato contestato allo COGNOME per avere ottenuto, in concorso con NOME COGNOME, in occasione delle consultazioni amministrative regionali siciliane del 2012, la promessa di voti in cambio della consegna di € 8.000,00 alla famiglia mafiosa di RAGIONE_SOCIALE, nelle persone di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
All’esito del giudizio di secondo grado, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE riteneva che fossero rimaste dubbie sia la consapevolezza, da parte dell’imputato, dell’intraneità del COGNOME al sodalizio mafioso, sia che lo stesso COGNOME, al momento della conclusione dell’accordo che era stata raggiunto con la mediazione del COGNOME, avesse agito per conto della famiglia mafiosa di RAGIONE_SOCIALE, la quale si era impegnata a fornire appoggio ad altri candidati, con la conseguente ritenuta riqualificazione del fatto attribuito allo COGNOME come corruzione elettorale.
Avverso tale sentenza del 24/04/2023 della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione «in relazione alla esclusa consapevolezza da parte dell’imputato della caratura mafiosa del soggetto al quale ha corrisposto 8000 euro per l’acquisto di voti, in occasione delle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea della regione Siciliana, nonché in relazione alla esclusa consapevolezza da parte dell’imputato dell’utilizzo del metodo mafioso per il reperimento dei voti; con violazione anche del principio della motivazione rafforzata».
Dopo avere premesso che la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha riqualificato il fatto ascritto all’imputato nei termini che si sono detti in ragione dell’esclusione della consapevolezza, da parte dello stesso, sia della caratura mafiosa del soggetto al quale egli corrispose C 8.000,00 «per l’acquisto di voti» (così il ricorso) sia dell’utilizzo del metodo mafioso per procurarli, il ricorrente lamenta che la stessa Corte d’appello, nel motivare ciò, avrebbe completamente trascurato di sottoporre a critica alcune delle principali considerazioni che avevano indotto il giudice di primo grado a ritenere il contrario – segnatamente, le considerazioni, riportate nel ricorso, che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aveva esposto, rispettivamente, alla pag. 74 e alla pag. 80 della propria sentenza – con la conseguente violazione del principio della motivazione rafforzata.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE avrebbe altresì ignorato la circostanza, che era stata messa in risalto dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE (sempre a pag 74 della sentenza di primo grado), che lo COGNOME era stato vice-sindaco di Villabate, comune contiguo a quello di RAGIONE_SOCIALE. Secondo il ricorrente, ignorare tale circostanza «equivale a sostenere la tesi che l’aspirante parlamentare, nonostante anni di significativa esperienza proprio in quel territorio, fosse del tutto ignaro dei trascors giudiziari del COGNOME». In ogni caso, la mancata considerazione della stessa circostanza integrerebbe ancora la violazione del principio della motivazione rafforzata.
In particolare, quanto alla ritenuta mancanza di prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della consapevolezza, da parte dello COGNOME, della caratura mafiosa del COGNOME, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE avrebbe ignorato trascurando del tutto di confutarla – la considerazione del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in ordine all’inverosimiglianza di una tale inconsapevolezza in quanto, se l’imputato non fosse stato consapevole del fatto che il COGNOME era un esponente di spicco dell’associazione mafiosa che operava nel territorio di RAGIONE_SOCIALE, sarebbero risultate «inspiegabili le ragioni per cui si sarebbe rivolto, a meno di un mese dal voto, ad un perfetto sconosciuto il quale non risultava, fra l’altro, a capo di alcuna influente associazione legalmente riconosciuta e di cui, a suo dire, non sapeva neppure che attività svolgesse» (pag. 74 della sentenza di primo grado). Secondo il ricorrente, sarebbe «el tutto illogico ipotizzare che un aspira parlamentare regionale , con significative pregresse esperienze elettorali, possa immaginare che uno sconosciuto disoccupato di RAGIONE_SOCIALE sia un interlocutore in grado di garantire i voti che ha messo in vendita», trattandosi di un soggetto non in grado di disporre, in ragione di un proprio impegno nella società o nella politica, di alcun bacino di voti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto alla ritenuta mancanza di prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il candidato COGNOME fosse consapevole del metodo di procacciamento dei voti
che sarebbe stato utilizzato da chi aveva promesso di procuraglieli, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE avrebbe ignorato le considerazioni che erano state svolte, in senso contrario, dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con riguardo, in particolare: alla ragionevolezza di ritenere che l’imputato, il quale era pienamente a conoscenza della realtà della politica locale, fosse consapevole che il COGNOME, il quale era noto nell’ambiente bagherese solo per la sua fama criminale, «si sarebbe impegnato a cercare voti per lo COGNOME appunto avvalendosi delle modalità tipiche dell’agire mafioso»; all’impossibilità di comprendere per quale ragione lo COGNOME si sarebbe rivolto al COGNOME, soggetto totalmente privo di competenza in materia di elezioni, corrispondendogli del denaro, «se non fosse stato pienamente consapevole del ruolo della caratura mafiosa del predetto COGNOME e della capacità dello stesso di fornirgli, per quanto sopra rappresentato, l’appoggio richiesto»; alla ragionevolezza di ritenere che lo COGNOME si fosse rivolto al COGNOME «non quale interlocutore politico con il quale stringere alleanze, ma per la sua capacità di condizionamento degli elettori mediante l’intimidazione e l’assoggettamento, derivanti non dall’esercizio di forme di coercizione materiale, ma dalla sua notorietà delinquenziale di capomafia e dalla forza repressiva esercitata in passato e, per alcuni, dalla condivisione del progetto illecito dell organizzazione e dai vincoli di appartenenza».
Il ricorrente conclude che i principi affermati, in tema di prova indiziaria dell’accordo per il procacciamento di consensi elettorali con il ricorso a modalità mafiose, proprio dalla sentenza della Corte di cassazione, citata dalla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, n. 18844 del 23/02/2018, COGNOME, non massimata, deporrebbero nel senso ritenuto dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo non è consentito in quanto generico e aspecifico.
Secondo il ricorrente, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, nel ribaltare la decisione di condanna del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, non avrebbe motivato in chiave adeguatamente critica, nei termini che sono richiesti dall’obbligo della motivazione rafforzata, in ordine agli elementi che avevano indotto lo stesso Tribunale a ritenere l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 416-ter cod. pen., particolare, la consapevolezza, da parte dell’imputato: a) della caratura mafiosa del soggetto (NOME COGNOME) al quale aveva corrisposto C 8.000,00 in cambio della promessa di procuragli voti; b) dell’utilizzo, da parte dello stesso COGNOME, del metodo mafioso per il procacciamento dei medesimi voti.
In ordine a tali due elementi, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aveva motivato sulla base di un ragionamento in gran parte presuntivo, come risulta dai passaggi della sentenza di primo grado che sono stati riportati nel ricorso.
In realtà, il Collegio reputa che non corrisponda al vero che la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE non abbia adeguatamente giustificato, sulla base di elementi probatori dotati di decisiva persuasività, la diversa scelta da essa operata in ordine ai due elementi sopra menzionati.
Essa ha anzitutto argomentato come la prova che l’imputato fosse consapevole della caratura mafiosa del COGNOME fosse, quanto meno, dubbia.
Ciò in quanto, posto che la chiamata in correità de relato da parte di NOME COGNOME – il quale aveva dichiarato che il COGNOME e NOME COGNOME gli avevano riferito che NOME COGNOME aveva presentato allo Sc:rivano il COGNOME come appartenente alla famiglia mafiosa di RAGIONE_SOCIALE – non era stata né confermata dalle fonti dirette di conoscenza dei fatti (cioè dal COGNOME e dal COGNOME, i quali pure avevano reso dichiarazioni) né riscontrata da altri elementi di prova, alla luce degli atti processuali, i quali sono stati diffusamente e precisamente indicati dalla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE (pagg. 30-38 della sentenza impugnata), se non vi era dubbio che il “mediatore” NOME COGNOME fosse a conoscenza dello spessore criminale mafioso del COGNOME, la stessa cosa non era possibile affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, per quanto riguarda l’imputato COGNOME, il quale aveva incaricato il COGNOME di “cercare voti” a RAGIONE_SOCIALE, essendo stato poi lo stesso COGNOME, di propria iniziativa, a contattare il COGNOME, coà come diversi altri soggetti del tutto estranei ad ambienl:i criminali. Né era possibile, sempre sulla base di precisi indicati atti processuali (pagg. 32-34 della sentenza impugnata), desumere logicamente la consapevolezza, in capo all’imputato, della caratura mafiosa del COGNOME, dalla consapevolezza che di ciò aveva invece certamente il “mediatore” COGNOME. Anche il tenore dell’intercettata conversazione tra presenti del 22/10/2012 (pag. 36 della sentenza impugnata) appariva escludere che lo COGNOME fosse consapevole della caratura criminale del COGNOME, non apparendo l’imputato adeguatamente sensibile e “ossequioso” rispetto alla forza intimidatrice che sarebbe derivata dalla stessa caratura. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha altresì argomentato come si dovesse ritenere dubbia anche la prova che la pattuizione illecita includesse anche che il consenso elettorale sarebbe stato acquisito con il metodo mafioso.
Ciò in quanto, da un lato, l’intervento del NOME era risultato sopravvenuto quando l’accordo tra lo COGNOME e il COGNOME, con la mediazione del COGNOME, si era già concluso (nel corso dell’incontro del 09/10/2012 a “Villa Cavarretta”) e, dall’altro lato, per ammissione dello stesso NOME, questi si era impegnato ad appoggiare un altro candidato, che gli era stato indicato da NOME COGNOME,
mentre NOME COGNOME aveva sostenuto la campagna elettorale di un altro soggetto ancora. Si doveva, perciò, ritenere residuare il dubbio che il COGNOME, al momento della conclusione dell’accordo con lo COGNOME, stesse agendo non in nome e per conto della famiglia mafiosa di RAGIONE_SOCIALE – la quale, come si è detto, si era impegnata a sostenere altri candidati – ma uti singulus. Ciò che richiedeva la prova che la pattuizione illecita includesse anche la modalità di acquisizione del consenso costituita dall’utilizzo del metodo mafioso; la quale prova, tuttavia – anche alla luce delle dichiarazioni del COGNOME, secondo cui il COGNOME si era adoperato per procurare voti allo COGNOME senza fare in alcun modo ricorso al metodo mafioso, oltre che del contenuto dell’intercettata conversazione del 22/10/2012 tra il COGNOME e il COGNOME – non era emersa.
A fronte di ciò, si deve rilevare come le censure che sono state avanzate nel ricorso si appalesino come del tutto generiche easpecifiche, atteso che il ricorrente non si è in alcun modo confrontato con la pur ampia motivazione con la quale la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto, sulla base di precisi indicati atti processuali, che non vi fosse la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, né della consapevolezza, in capo all’imputato, che il promittente COGNOME fosse un mafioso né che fosse stato pattuito che questi, per procurare voti allo NOME, avrebbe fatto uso del metodo mafioso.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile ricorso. Così deciso il 21/03/2024.