Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1009 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1009 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SCIACCA il 27/12/1969
avverso l’ordinanza del 26/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME sentite le conclusioni del PG, NOME COGNOME che, riportandosi alla requisitoria già depositata e notificata alle parti, ha chiesto il rigetto del ricorso. udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso, insistendo per l’accoglimento del ricorso e riportandosi ai motivi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 26 luglio 2024, il Tribunale del riesame di Palermo ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo, con la quale era stata applicata a NOME COGNOME la misura degli arresti domiciliari in relazione al reato di cui all’art. 416 ter cod. pen., commesso in Sciacca da epoca anteriore e comunque fino al 12/06/2022.
NOME COGNOME avrebbe fatto da intermediario in favore di NOME COGNOME candidato alle elezioni comunali di Sciacca, con NOME COGNOME, appartenente all’associazione mafiosa ‘cosa nostra’, accettandone la promessa di procurargli voti.
Gli elementi a suo carico erano costituiti dalle intercettazioni del 22 e del 26/05/2022, dalle quali emerge che Catanzaro prima preannuncia a COGNOME la richiesta di un incontro con lui da parte di un candidato della lista ‘Onda’ e poi gli comunica luogo, ora e modalità dell’incontro con COGNOME. Viene poi captato il colloquio al quale partecipano COGNOME e COGNOME, nel corso del quale COGNOME gli promette l’appoggio ma gli chiede di rendersi disponibile dopo la sua elezione.
Il Tribunale del riesame riteneva Catanzaro sicuramente consapevole della caratura criminale di COGNOME in ragione della conversazione intercorsa tra loro l’11/04/2022, nella quale COGNOME gli chiedeva di contattare tale ‘NOME‘, non meglio identificato, perchØ assecondasse le sue direttive per i lavori in un cantiere edile. COGNOME impartiva a Catanzaro il compito di spiegare a costui che
doveva affidare i lavori non ad un’impresa ma ad un’altra da lui segnalata, aggiungendo la frase «uomo avvisato mezzo salvato».
Avverso l’ordinanza il difensore dell’indagato ha proposto ricorso, formulando censure di violazione di legge ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. e 416 ter cod. pen., inosservanza o erronea applicazione di norme penali, carente valutazione degli indizi, valutazione illogica della prova e travisamento della prova contenuta nell’intercettazione ambientale dell’11/04/2022.
Agli atti vi Ł solo la prova del fatto che Catanzaro aveva organizzato un incontro con COGNOME su richiesta di COGNOME ma non che egli avesse accettato la promessa di voti o avesse in qualche modo partecipato all’accordo ipotizzato tra i due. COGNOME era stato all’epoca assolto dal reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. e dal tenore della conversazione dell’11/04/2022 non si poteva ricavare alcuna consapevolezza della sua mafiosità visto che non sono identificati i soggetti con cui COGNOME doveva mettersi in contatto e con cui, peraltro, egli stesso dice di non essere riuscito a parlare.
La difesa lamenta anche violazione di legge ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 274 cod. proc. pen., poichØ nella valutazione di adeguatezza della misura in atto il Tribunale ha attribuito al Catanzaro profili di pericolosità non appropriati ad un soggetto incensurato, che svolge a Palermo attività di applicato di segreteria, protagonista solo di alcune generiche discussioni e di fatti risalenti al 2022 e comportatosi in maniera del tutto collaborativa al momento dell’applicazione della misura cautelare.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore dell’indagato ha chiesto procedersi a discussione in udienza pubblica e ha poi illustrato il ricorso insistendo nelle ragioni in esso articolate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
Il giudizio di legittimità relativo alla verifica della sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 cod. proc. pen.), oltre che delle esigenze cautelari (ex art. 274 cod. proc. pen.), deve riscontrare – entro il perimetro circoscritto dalla devoluzione – la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Esso, dunque, non può intervenire nella ricostruzione dei fatti, nØ sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, bensì deve dirigersi a controllare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza o meno della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l’apprezzamento delle risultanze analizzate (cfr. Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, rv. 215828 e le successive, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, rv. 276976; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, rv. 255460).
E’ pertanto consequenziale il principio, secondo il quale «in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, Ł ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito» (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
Il giudizio di legittimità ha come ambito elettivo di verifica quello del controllo che l’ordinanza del Tribunale per il riesame (gravata da ricorso per cassazione) sia stata emessa nel rispetto degli obblighi gravanti sul giudice cautelare di secondo grado, secondo il principio per il quale «in tema di procedimento di riesame di misure cautelari personali, sussiste l’obbligo del tribunale di esaminare compiutamente ogni censura difensiva sollevata all’udienza ex art. 309 cod. proc. pen., con la conseguenza che Ł da ritenersi affetta da vizio di motivazione l’ordinanza che, a fronte di un’eccezione ritualmente proposta, non contenga una compiuta disamina della stessa» (Sez. 4, n. 21374 del 11/06/2020, Davis, rv. 279297).
Non Ł consentito assolvere all’obbligo di offrire un adeguato e congruo apparato motivazionale (sia dell’ordinanza applicativa di misure coercitive, sia di quella di conferma in sede di riesame), attraverso la mera riedizione del compendio raccolto in sede di indagini preliminari, facendo affidamento sul requisito dell’autoevidenza dello stesso (Sez. 6, n. 27928 del 14/06/2013, Ferrara, rv. 256262).
Alla luce di queste premesse il primo motivo – già esaustivamente sintetizzato in parte narrativa – appare meramente rivalutativo e si risolve nell’auspicio di una ricostruzione fenomenica radicalmente alternativa, rispetto a quella contenuta nel provvedimento impugnato; la doglianza non riesce, però, a evidenziare patologie effettivamente riconducibili al novero dei vizi indicati dall’art. 606 cod. proc. pen.
Il Tribunale ha congruamente motivato sugli indizi della partecipazione di NOME COGNOME alla preparazione dell’accordo descritto dall’art. 416 ter cod. pen., scrutinando, oltre alle conversazioni che riguardano specificamente tale condotta, anche i contenuti della trascrizione dell’intercettazione dell’11/04/2022 ed evidenziando i passaggi di essa che mostrano il modo con il quale egli si rapporta con COGNOME e la sua specifica conoscenza delle dinamiche mafiose, di cui COGNOME Ł garante.
Mentre il ricorrente interpreta gli atti di indagine sostenendo che da essi si possa trarre l’esclusiva dimostrazione dell’impegno del Catanzaro a procurare a COGNOME, su sua generica richiesta, un incontro con COGNOME, all’epoca soggetto assolto dall’imputazione di partecipazione ad associazione mafiosa e come tale conosciuto dallo stesso Catanzaro, il Tribunale ha evidenziato con un percorso argomentativo immune da fratture logiche – che dalla conversazione intrattenuta dal Catanzaro con il COGNOME il 22/05/2022 si ricavava la prova della richiesta di un incontro con specifico riferimento all’imminente competizione elettorale, che dalla conversazione del 26/05/2022, intercorsa di nuovo tra i due, si ricavava che l’appuntamento era stato combinato per il giorno successivo e che dalla conversazione del 27/05/2022, svoltasi in occasione dell’incontro tra COGNOME e COGNOME, veniva stipulato il patto illecito di cui all’art. 416 ter cod. pen.
E’ evidenziato pertanto il dato oggettivo del contributo determinante di Catanzaro alla preparazione dell’incontro dal quale doveva scaturire l’accordo e plausibilmente il Tribunale ha ritenuto evidente che Catanzaro fosse consapevole delle ragioni per le quali si sarebbe svolto quell’incontro e del motivo per il quale COGNOME era in condizione di garantire il procacciamento di voti.
Peraltro il ricorrente non si confronta con le valutazioni svolte dal Tribunale per il riesame con riguardo alla conversazione dell’01/06/2022 tra Friscia e Catanzaro, nella quale Catanzaro esplicitamente fa riferimento alle promesse fatte a COGNOME e al rispetto degli impegni che sarebbe stato garantito da entrambe le parti.
Il ricorrente svaluta anche la valenza indiziante della conversazione intercorsa tra Friscia e Catanzaro l’11/04/2022, che invece con lineare interpretazione letterale e logica il Tribunale ha letto come indicativa del fatto che il ricorrente fosse consapevole dell’esercizio di fatto di un controllo mafioso da parte di Friscia sul territorio e si prestasse ad aiutarlo quando necessario.
Poco conta il fatto che non sia chiaro chi fosse il ‘NOME‘ al quale Catanzaro doveva trasmettere il messaggio di Catanzaro su quali persone avrebbe dovuto fare lavorare; ciò che conta Ł la chiara adesione del Catanzaro ad un metodo tipicamente mafioso, che comporta l’avvertimento del rischio di subire conseguenze se non fossero state assecondate le indicazioni dell’esponente mafioso locale nella scelta dei soggetti ai quali affidare i lavori.
Si ricorda, in proposito, il consolidato principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità (si veda, tra le altre, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976), secondo il quale «in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito».
Le doglianze proposte nel ricorso in esame presentano quindi caratteristiche, che le collocano al di fuori dei confini dell’ammissibilità.
Ad analoghe conclusioni deve giungersi con riguardo al secondo motivo con il quale si lamenta il travisamento degli elementi indiziari posti a sostegno del giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari.
Il ricorrente contesta le motivazioni dell’ordinanza impugnata laddove vi si afferma che la condotta di Catanzaro risultava tutt’altro che episodica, travisando il dato dell’unicità dell’episodio, dell’incensuratezza dell’indagato e dell’occasionalità degli incontri con il COGNOME.
In realtà la difesa si limita a dare una lettura alternativa degli elementi raccolti, dai quali il Tribunale ha tratto in maniera logica la dimostrazione di un rapporto fiduciario, solidale e di durata che legava Catanzaro e Friscia, tale da renderlo intermediario affidabile e utile sia ai fini del condizionamento mafioso delle scelte degli imprenditori operanti sul territorio sia ai fini della stipulazione di patti di sostegno elettorale, con avvalimento delle prerogative mafiose.
A ciò si aggiunge che la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari (art. 275, comma 3, c.p.p.) non appare vinta da alcuna allegazione difensiva, tanto meno dal mero decorso del tempo o da ulteriori elementi neutri come la tipologia di attività lecita svolta o la sua pronta reperibilità al momento dell’esecuzione della misura cautelare (sul punto si vedano Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, Rv. 282766; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, Rv. 282004).
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esclusione della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n.186 del 07/06/2000 – anche al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME