Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13841 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13841 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Paternò il 16/10/1960;
avverso l’ordinanza emessa il 26/09/2024 dal Tribunale di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
In data 16 gennaio 2024 il Pubblico Ministero del Tribunale di Catania ha chiesto, tra gli altri, l’applicazione della misura coercitiva della custodia cautela in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione al delitto di cui all’ar 416-ter cod. pen.
Secondo l’ipotesi di accusa, COGNOME infatti, sfruttando la propria posizione di vertice nel clan mafioso COGNOMECOGNOME–COGNOME avrebbe promesso
sostegno elettorale al sindaco di Paternò, NOME COGNOME per le elezioni comunali del 2022, in cambio di promesse di assunzioni presso la società di raccolta e di smaltimento dei rifiuti comunali e di un assessorato reputato cruciale per le attività economiche del sodalizio criminoso. In particolare, COGNOME avrebbe subordinato il proprio appoggio elettorale al sindaco COGNOME alla condizione che due persone, parenti di appartenenti alla consorteria mafiosa (NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME, fossero assunti presso la RAGIONE_SOCIALE con la qualifica di operatori ecologici, e che il coindagato NOME COGNOME uomo di fiducia di NOME COGNOME fosse nominato assessore.
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, con ordinanza emessa in data 24 aprile 2024, ha rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare nei confronti di NOME COGNOME in quanto la promessa dell’assunzione di soggetti vicini all’associazione mafiosa e la nomina di COGNOME ad assessore non sarebbero «”utilità” suscettibili di essere oggetto di immediata monetizzazione» e, dunque, irrilevanti ai sensi del primo comma dell’art. 416-ter cod. pen.
Il Pubblico Ministero ha interposto appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc, pen. e, con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catania, in accoglimento del gravame, ha applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME in quanto ritenuto gravemente indiziato del reato di scambio elettorale politico-mafioso.
L’avvocato NOME COGNOME ricorre avverso questa ordinanza e ne chiede l’annullamento, deducendo due motivi.
4.1. Con il primo motivo il difensore censura l’inosservanza dell’art. 416-ter cod. pen., in quanto non sarebbe configurabile il delitto di scambio elettorale politico-mafioso in assenza della promessa di «una utilità suscettiva di essere oggetto di immediata monetizzazione», e il vizio di motivazione sul punto.
Secondo il Tribunale di Catania, infatti, la promessa del sindaco di influire sull’assunzione avrebbe assunto la valenza di “controprestazione economica, suscettiva di immediata monetizzazione” e la nomina di COGNOME quale assessore avrebbe integrato il concetto di «altra utilità» di cui all’art. 416-ter cod. pen.
Il difensore, tuttavia, rileva che nel reato di ‘scambio elettorale’ corrispettivo della promessa dei voti può essere rappresentato da qualsiasi bene che rappresenti un ‘valore’ in termini di immediata commisurazione economica, restando escluse dalla portata precettiva altre “utilità” che solo in via mediata, possono essere trasformate in ‘utili’ monetizzabili e quindi economicamente
quantificabili (Sez. 2, n. 47405 del 30/11/2011, COGNOME, Rv. 251609-01).
Pur ammettendo l’esistenza di un sinallagma tra il sostegno elettorale promesso e le utilità, le promesse del sindaco sarebbero rimaste prive di specificazione, in quanto non sarebbe stato definito l’esatto ammontare delle retribuzioni da corrispondere ai lavoratori, la durata del loro contratto e l’indicazione dell’assessorato che sarebbe spettato a Comis.
Ad avviso del difensore, la promessa non accompagnata dalla dazione di danaro o dall’indicazione di altro bene immediatamente qualificabile in termini economici, non potrebbe essere considerata come “utilità monetizzabile”.
Il Tribunale, inoltre, non avrebbe chiarito quale utilità sarebbe derivata alla consorteria mafiosa dall’assunzione di soggetti estranei alla stessa.
Non vi sarebbe prova che COGNOME abbia garantito a COGNOME che i voti gli sarebbero stati procurati ricorrendo alla forza intimidatrice del metodo mafioso.
4.2. Con il secondo motivo il difensore censura il travisamento della prova nell’interpretazione dell’intercettazione prog. 99726 del 24 aprile 2021.
Il Tribunale, infatti, per dimostrare la sussistenza del delitto contestato, avrebbe fatto ricorso a tale intercettazione telefonica asseritamente intercorsa tra il sindaco COGNOME e COGNOME nel corso della quale quest’ultimo avrebbe chiesto espressamente al sindaco di adoperarsi per fare assumere un soggetto presso la RAGIONE_SOCIALE
Nonostante l’individuazione di COGNOME quale interlocutore fosse stata messa in dubbio da una consulenza tecnica svolta dalla difesa di COGNOME, il Tribunale avrebbe, tuttavia, ritenuto questa trascrizione irrilevante e non avrebbe disposto una perizia sulla stessa.
Al contempo, il Tribunale avrebbe accordato fiducia incondizionata ai brogliacci redatti dalla polizia giudiziaria solo perché gli agenti avrebbero ascoltato le conversazioni di COGNOME per lungo tempo e, dunque, ne avrebbero conosciuto la voce. In questa intercettazione, peraltro, l’interlocutore di COGNOME avrebbe richiesto al sindaco di adoperarsi per l’assunzione non di due soggetti, ma di un solo “giovane”.
Il Tribunale, dunque, avrebbe travisato le dichiarazioni del ricorrente, attribuendo alle stesse un significato del tutto arbitrario.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 30 dicembre 2024, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
v
Con il primo motivo il difensore censura l’inosservanza dell’art. 416-ter cod. pen., in quanto non sarebbe configurabile il delitto di scambio elettorale politico-mafioso in assenza della promessa di «una utilità suscettiva di essere oggetto di immediata monetizzazione», e il vizio di motivazione sul punto.
3. Il motivo è fondato quanto al dedotto vizio di motivazione.
3.1. Nella formulazione originaria del delitto di scambio elettorale politicomafioso, introdotta dall’art. 11-ter, decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, recante «Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa», convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, il reato di cui all’art. 416-ter cod. pen. puniva la condotta del soggetto che, aspirando a vincere una competizione elettorale, avesse ottenuto dall’appartenente all’associazione mafiosa la promessa di voti in cambio della erogazione di denaro.
Il soggetto attivo del reato, dal lato dei soggetti politici, era, dunque, solo candidato e la controprestazione del patto illecito di procacciamento dei voti era costituito solo dalla dazione di danaro.
L’art. 1 della legge 17 aprile 2014, n. 62 ha, tuttavia, riformulato l’art. 416ter cod. pen., ampliando l’oggetto della controprestazione rilevante ai fini della configurazione della fattispecie, sino a ricomprendere la corresponsione o la promessa di «altre utilità» e, dunque, ha eliso il riferimento esclusivo al denaro quale controprestazione per l’associazione mafiosa.
Il legislatore, in questo modo, ha inteso ovviare a uno dei principali difetti dell’originaria formulazione del delitto, che ne frustrava l’efficacia punitiva, quanto, nella realtà effettuale, la controprestazione da parte dei politici della promessa di procacciamento di voti non sempre e non solo era costituita dalla promessa o dalla dazione di danaro.
Con questa modifica della disposizione, inoltre, il legislatore ha positivizzato un orientamento della giurisprudenza di legittimità, fortemente criticato dalla dottrina, in quanto ritenuto radicalmente contrastante con il divieto di analogia in malam partem; questo orientamento riteneva che l’oggetto materiale dell’erogazione offerta in cambio della promessa di voti potesse essere costituito non solo dal denaro, ma anche da beni traducibili in valori di scambio immediatamente quantificabili in termini economici, quali i mezzi di pagamento diversi dalla moneta, i preziosi, i titoli o i valori mobiliari, restando invece escl dal contenuto precettivo della norma incriminatrice le altre “utilità”, suscettibili essere oggetto di monetizzazione solo in via mediata (ex plurimis: Sez. 6, n. 20924 del 11/04/2012, COGNOME, Rv. 252788 – 01; Sez. 2, n. 47405 del 30/11/2011,
COGNOME Rv. 251609 – 01; Sez. 2, n. 46922 del 30/11/2011, COGNOME, Rv. 251374 – 01).
Il legislatore, dopo aver elevato la cornice edittale della fattispecie di cui al primo comma dell’art. 416-ter cod. pen. con l’art. 1, comma 5, della legge 23 giugno 2017, n. 103 («Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario»), è tornato nuovamente sulla formulazione dell’oggetto del reato di scambio elettorale politico-mafioso.
L’art. 1 della legge 21 maggio 2019, n. 43 («Modifica all’articolo 416ter del codice penale in materia di voto di scambio politico-mafioso») ha, infatti, ulteriormente ampliato l’oggetto della controprestazione del reclutatore dei voti, facendo riferimento a «qualunque altra utilità» e alla «disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa».
La giurisprudenza di legittimità, anche dopo questo intervento di riforma, ha ribadito il proprio orientamento in ordine alla necessità che l’utilità corrisposta o promessa dal politico sia suscettiva di “immediata monetizzazione” (Sez. 2, n. 51659 del 17/11/2023, Bianco, Rv. 285679 – 01, che ha escluso che l’utilità potesse rinvenirsi nel cambio di destinazione urbanistica di un fondo, finalizzato a consentire alla locale parrocchia la realizzazione di una mensa per poveri, dalla quale non derivava alcun vantaggio economica per l’imputato; più di recente, non massimate sul punto, Sez. 1, n. 46006 del 01/06/2023, COGNOME, Sez. 1, n. 17455 del 30/01/2018, COGNOME).
Secondo una recente sentenza della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, ne testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge 21 maggio 2019, n. 43, l’oggetto materiale dell’erogazione offerta in cambio della promessa di voti può essere costituito da «qualunque altra utilità», termine che ricomprende qualsiasi effetto vantaggioso, anche non quantificabile economicamente (Sez. 6, n. 43186 del 11/09/2024, COGNOME, Rv. 287271 – 02, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il delitto nella promessa di un candidato sindaco di promuovere presso un magistrato di sua conoscenza la scarcerazione anticipata di uno dei componenti del clan, in cambio dell’impegno da parte dei membri del gruppo criminale di procacciare voti in suo favore nella competizione elettorale).
In questa sentenza la Corte ha rilevato che, se nella formulazione previgente il legislatore definiva l’utilità oggetto dell’erogazione o della promessa alternativa al danaro quale «altra utilità», nella formulazione attuale il legislatore ha fatt riferimento a «qualunque altra utilità».
Questa interpolazione, altrimenti inutile, non può spiegarsi se non con l’intento del legislatore – in coerenza, del resto, con la ragione dell’intervent normativo di riforma – di ampliare il novero delle condotte penalmente rilevanti,
ricomprendendovi qualsiasi effetto vantaggioso e superando, quindi, la precedente giurisprudenza per la quale potevano rilevare, sotto il profilo in esame, soltanto i beni traducibili in valori di scambio immediatamente quantificabili in termini economici.
3.2. Il Collegio ritiene di dare continuità a questo ultimo orientamento, ribadendo che la nozione di «qualunque altra utilità» di cui al primo comma dell’art. 416-ter cod. pen. ricomprende qualsiasi vantaggio, patrimoniale o non patrimoniale, diverso dal danaro, che abbia valore per l’associazione di tifo mafioso i cui esponenti abbiano promesso il procacciamento dei voti.
Il legislatore, infatti, anteponendo l’aggettivo indefinito «qualunque» alla locuzione «altra utilità», ha inteso superare ogni distinzione operata dalla giurisprudenza di legittimità in ordine al carattere patrimoniale o non patrimoniale della stessa, alla sua idoneità a essere “monetizzata” immediatamente o in via solo mediata.
Questa «altra utilità» può, dunque, essere rappresentata anche dalla promessa di comportamenti indebiti e vantaggiosi per l’associazione di tipo mafioso, come l’assegnazione di appalti, l’assunzione di lavoratori e l’adozione di provvedimenti favorevoli (quali la nomina ad assessore in settori nevralgici nella gestione politica del territorio di un soggetto succube ai dettami dell’associazione mafiosa o, comunque, contiguo alla stessa).
Parimenti può integrare la promessa di utilità rilevante ai sensi del primo comma dell’art. 416-ter cod. pen. la “raccomandazione” o, comunque, l’impegno del politico di spendere il proprio specifico potere di influenza nell’interesse dell’associazione mafiosa (come nel caso deciso da Sez. 6, n. 43186 del 11/09/2024, COGNOME, Rv. 287271 – 02, sopra citato).
Ritiene, tuttavia, il Collegio che la generica e indeterminata promessa da parte dell’esponente politico “di interessarsi” per l’assunzione di lavoratori, direttamente evocata dal Tribunale di Catania in alcuni punti dell’ordinanza impugnata, non possa integrare la promessa di altra utilità nel significato precisato dal primo comma dell’art. 416-ter cod. pen.
Questa promessa, infatti, non implicando ancora l’assunzione di un impegno di specifica attivazione da parte del contraente politico, non può risolversi in alcun effettivo vantaggio per l’associazione mafiosa, né integra, stante la vaghezza del suo contenuto, «la disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa», contemplata dalla formulazione vigente dal primo comma dell’art. 416-ter cod. pen.
Questa disponibilità, infatti, pur destinata a concretizzarsi in futuro, in relazione alle mutevoli esigenze dell’associazione, è già vincolante e precettiva all’atto della stipulazione del patto illecito e comporta l’onere, per l’attore pubblico,
di attivare i propri poteri o, comunque, di spendere la propria influenza nell’interesse dell’associazione di tipo mafioso.
3.3. Sul punto della prestazione asseritamente promessa da COGNOME, il
Tribunale di Catania ha, peraltro, motivato contraddittoriamente, in quanto ha individuato, di volta in volta, la stessa nella promessa di interessarsi per
l’assunzione di congiunti dei mafiosi locali, nella promessa di influire sull’assunzione di lavoratori subordinati e nella promessa di assunzione dei
lavoratori.
Queste espressioni, tuttavia, non sono equivalenti, in quanto designano pattuizioni con un diverso grado di precettività per il promittente e che, come
rilevato, non tutte sussumibili nell’ambito applicativo del primo comma dell’art.
416-ter cod. pen.
L’accoglimento di questa censura, in ragione della sua valenza preliminare, determina l’assorbimento delle ulteriori censure proposte da parte del ricorrente.
N
Alla stregua di tali rilievi l’ordinanza impugnata deve essere annullata e deve essere disposto il rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Catania, che dovrà nuovamente motivare sull’appello proposto dal Pubblico Ministero, uniformandosi ai principi stabiliti da questa Suprema Corte.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catania.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2025.