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Scambio elettorale: la Cassazione amplia l’utilità

Un consigliere comunale era stato accusato di scambio elettorale politico-mafioso per aver promesso favori a un’associazione criminale in cambio di voti. La Corte di Cassazione ha annullato la misura cautelare, chiarendo che, ai sensi dell’art. 416-ter del codice penale, l'”utilità” promessa include qualsiasi vantaggio, anche non economico, che abbia valore per il clan, superando il precedente orientamento che richiedeva un beneficio immediatamente monetizzabile. Il caso è stato rinviato al tribunale di merito per una nuova valutazione, a causa di motivazioni contraddittorie nella precedente ordinanza.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Scambio elettorale: la Cassazione amplia la nozione di “utilità”

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha segnato un punto di svolta nell’interpretazione del reato di scambio elettorale politico-mafioso, disciplinato dall’articolo 416-ter del codice penale. Con la sentenza n. 13842/2025, la Suprema Corte ha stabilito che la controprestazione offerta dal politico al clan mafioso non deve necessariamente essere un vantaggio economico o immediatamente monetizzabile. Questa decisione amplia significativamente l’ambito di applicazione della norma, includendo qualsiasi utilità, anche non patrimoniale, che sia idonea a soddisfare gli interessi dell’associazione criminale.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un’indagine che ha coinvolto un consigliere comunale di un comune siciliano, nonché assessore alle politiche agricole. L’accusa, mossa dalla Procura, era quella di aver stretto un patto con esponenti di vertice di un clan mafioso locale. In cambio del sostegno elettorale per le elezioni comunali, il politico avrebbe promesso l’assunzione di persone vicine al clan presso una società di gestione dei rifiuti e la nomina di un uomo di fiducia dell’organizzazione come assessore in un settore strategico per le attività economiche del sodalizio.
Il Tribunale, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del consigliere. La difesa ha impugnato l’ordinanza, sostenendo, tra le altre cose, che le condotte contestate non integravano il reato di scambio elettorale perché la promessa non riguardava un’utilità suscettibile di “immediata monetizzazione”.

L’evoluzione del reato di scambio elettorale

Per comprendere la portata della decisione, è utile ripercorrere l’evoluzione dell’art. 416-ter c.p. In origine, la norma puniva solo lo scambio tra voti e “denaro”. Successive riforme, in particolare quella del 2019, hanno ampliato la controprestazione includendo prima “altre utilità” e infine “qualunque altra utilità” e la “disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa”.
Nonostante le modifiche legislative, la giurisprudenza era rimasta a lungo ancorata a un’interpretazione restrittiva, secondo cui l’utilità doveva essere un vantaggio economico quantificabile nell’immediato. La sentenza in commento rompe con questo orientamento.

Le motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha affermato un principio di diritto innovativo e di grande importanza. Ha stabilito che l’aggettivo “qualunque”, introdotto dal legislatore nel 2019, ha lo scopo di superare ogni distinzione sulla natura, patrimoniale o non patrimoniale, dell’utilità promessa.
Secondo la Corte, rientra nella nozione di “qualunque altra utilità” qualsiasi vantaggio, anche non quantificabile economicamente, che abbia un valore per l’associazione mafiosa. Questo può includere:

* L’assegnazione di appalti e l’assunzione di lavoratori segnalati dal clan.
* L’adozione di provvedimenti amministrativi favorevoli.
* La nomina di persone gradite al clan in ruoli chiave dell’amministrazione pubblica.
* L’impegno del politico a usare la propria influenza per favorire gli interessi del sodalizio, anche in ambiti non strettamente economici.

Nonostante l’affermazione di questo importante principio, la Cassazione ha comunque annullato l’ordinanza impugnata con rinvio. La ragione risiede in un vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale. Quest’ultimo, infatti, aveva descritto la promessa del politico in modi diversi e contraddittori: a volte come un generico “interessarsi per l’assunzione”, altre come un più concreto “influire sull’assunzione”, e altre ancora come una diretta “promessa di assunzione”. Poiché queste espressioni indicano gradi diversi di impegno e non tutte sono necessariamente idonee a integrare il reato, la Corte ha ritenuto la motivazione illogica e ha richiesto al Tribunale di merito di riesaminare il punto, fornendo una motivazione coerente e allineata ai nuovi principi stabiliti.

Conclusioni

La sentenza n. 13842/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un passo fondamentale nella lotta contro le infiltrazioni mafiose nella politica. Estendendo la nozione di “utilità” a qualsiasi vantaggio, anche non patrimoniale, la Corte ha fornito agli inquirenti uno strumento più efficace per colpire i patti illeciti tra politica e criminalità organizzata. La decisione chiarisce che il cuore del reato di scambio elettorale non è l’arricchimento economico, ma l’inquinamento della competizione democratica e il rafforzamento del potere mafioso attraverso l’asservimento della funzione pubblica ai suoi interessi. Il rinvio al giudice di merito sottolinea, d’altro canto, la necessità di un accertamento rigoroso e di una motivazione precisa per poter applicare misure restrittive della libertà personale.

Cosa si intende per “qualunque altra utilità” nel reato di scambio elettorale politico-mafioso?
Secondo la sentenza, l’espressione “qualunque altra utilità” ricomprende qualsiasi vantaggio, patrimoniale o non patrimoniale, diverso dal denaro, che abbia un valore per l’associazione mafiosa. Include quindi anche promesse di comportamenti come l’assegnazione di appalti, l’assunzione di lavoratori, l’adozione di provvedimenti favorevoli o l’impegno a spendere il proprio potere di influenza nell’interesse del clan.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza nonostante abbia ampliato la nozione di “utilità”?
La Corte ha annullato l’ordinanza per un vizio di motivazione. Il Tribunale di merito aveva descritto la promessa dell’indagato in modo contraddittorio, usando espressioni non equivalenti (come “promessa di interessarsi”, “promessa di influire” e “promessa di assunzione”). Poiché queste pattuizioni hanno un diverso grado di precettività e non tutte potrebbero rientrare nell’ambito del reato, la motivazione è stata ritenuta illogica e il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio sul punto.

È necessario che l’utilità promessa in uno scambio elettorale sia immediatamente convertibile in denaro?
No. La sentenza supera esplicitamente il precedente orientamento giurisprudenziale che richiedeva una “immediata monetizzazione” dell’utilità. La Corte ha chiarito che l’intento del legislatore, con le recenti riforme, è stato quello di superare ogni distinzione basata sulla natura patrimoniale o sulla possibilità di monetizzare il vantaggio promesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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