Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8392 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8392 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME Natale nato il 4/05/1962 a Catania
avverso la ordinanza del 13/11/2024 del Tribunale del riesame di Catania visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni dell’Avvocato NOME COGNOME che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Catania, in parziale accoglimento dell’appello del Pubblico ministero, ha disposto l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di COGNOME anche per i reati di cui ai capi 19) e 22).
Il Giudice delle indagini preliminari, pur avendo concesso la misura custodiale per il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso e per molti degli altri reati contestati, aveva escluso la gravità indiziaria per quelli di cui agli artt. 353 cod. pen. (capo 19) e 512-bis cod. pen. (capi 20 e 21) aggravati ex art. 416-bis. 1 cod. pen, nonché per il reato di cui all’art. 110, 416-ter cod. pen. (capo 22).
Il Tribunale del riesame ha confermato l’insussistenza della gravità indiziaria in relazione ai reati di trasferimento fraudolento di valori, ravvisandola, invece, come si è detto, con riferimento ai reati di concorso in turbativa d’asta aggravata e concorso in corruzione elettorale.
Segnatamente, con riferimento al reato di turbativa d’asta, il COGNOME, unitamente a COGNOME NOME e a COGNOME NOME, avrebbe garantito l’aggiudicazione di un immobile a quest’ultimo, debitore esecutato, ponendo in essere condotte minacciose ai danni di potenziali acquirenti interessati alla procedura di vendita e così assicurando al COGNOME – e, per lui, alla moglie COGNOME NOME COGNOME – l’aggiudicazione del capannone sito in Paternò, INDIRIZZO
Con riferimento al reato di scambio elettorale politico mafioso, il ricorrente, unitamente a COGNOME NOME, in qualità di esponenti dell’associazione mafiosa “clan Laudani” in concorso con NOME COGNOME – Consigliere comunale e assessore alle politiche agricole e imprenditoriali, politiche del lavoro e sviluppo locale nominato nel mese di giugno 2021 – quale intermediario, avrebbe promesso a NOME, Sindaco in carica del Comune di Paternò e candidato per la riconferma alle elezioni comunali, e a COGNOME NOME, assessore e candidato per il rinnovo del Consiglio comunale, i quali accettavano, di procurare loro voti in occasione delle elezioni comunali indette per il 12 giugno 2022, nelle quali COGNOME risultava poi eletto Sindaco per la seconda volta – mentre COGNOME non veniva eletto – in cambio di utilità o comunque promesse di utilità, e segnatamente:
-il COGNOME, mettendosi a disposizione dell’associazione per orientare la sua futura attività politica in favore dell’associazione mafiosa, quale uomo di fiducia di COGNOME COGNOME candidandosi dapprima come Sindaco e, successivamente, come consigliere comunale in una lista a sostegno di COGNOME e, pur non essendo eletto nominato ugualmente assessore;
-il Naso ponendo in essere le seguenti condotte:
prometteva l’assunzione di soggetti vicini all’associazione mafiosa, in particolare nella società aggiudicataria del servizio di raccolta dei rifiuti nel Comune di Paternò e poi effettivamente facendo assumere nel luglio 2021 COGNOME NOME e COGNOME NOME e facendo in modo che il contratto venisse prorogato;
COGNOME nominava quale assessore COGNOME COGNOME sia prima che dopo le elezioni, uomo di fiducia dell’associazione mafiosa, sebbene privo di specifica qualifica o esperienza politica, benché non fosse stato eletto come consigliere comunale.
2.Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione COGNOME, deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Vizio di motivazione nelle forme della contraddittorietà, illogicità e carenza, in ordine ai gravi indizi del reato di cui agli artt. 353 e 416-bis.1 cod. pen. Non si comprendere da quale passo delle intercettazioni riportate il Tribunale avrebbe tratto il convincimento della minaccia perpetrata nei confronti degli
ingegneri della “RAGIONE_SOCIALE. COGNOME si sarebbe limitato a riferire ai predetti che l’immobile oggetto dell’asta era ancora occupato da persone che ivi gestivano la propria attività lavorativa e li avrebbe semplicemente invitati a cercare altro immobile da acquistare, anche offrendosi come mediatore. Le sole parole del COGNOME captate nella conversazione n. 7984: («sono venuti due ingegneri della RAGIONE_SOCIALE non li fate partecipare»), in uno a quelle della conversazione n. 7983 («me lo sono portato di là … gli ho detto vedi che poi gli ho detto … so dove venirti a cercare …») non sarebbero univocamente interpretabili, anche perché non vi sarebbe certezza dell’identità dell’interlocutore di COGNOME e delle ragioni dell’assenza di COGNOME. Inoltre, non sarebbe chiaro perché, a seguito della minaccia subita – ammesso che quelle parole fossero riferibili all’incontro in corso con gli ingegneri della “RAGIONE_SOCIALE – questi ulti avrebbero deciso di continuare la conversazione anziché congedarsi velocemente. Ciò sarebbe ancora più illogico alla luce della conversazione n. 7986, nel corso della quale l’uomo identificato come ingegnere della “RAGIONE_SOCIALE dichiara: «o c’eravate voi o non c’eravate voi … io alla fine sto venendo a guardare e riporto in azienda; non è una scelta mia, oggi domani … io sono fuori, non mi interessa» e COGNOME lo ringrazia gentilmente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza circa la commissione del reato di cui agli artt. 110, 416ter cod. pen., con particolare riguardo all’esistenza del patto elettorale e al suo oggetto.
Il Tribunale del riesame si sarebbe limitato a ritenere sussistente un rapporto di fiducia fra COGNOME e COGNOME (già raggiunto da misura cautelare per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.), alludendo ripetutamente al presunto patto fra il Sindaco e il clan mafioso, senza tuttavia individuare il pactum sceleris fra i soggetti in questione e omettendo di ricercare il riscontro oggettivo alla esistenza di condotte tipicamente riconducibili al paradigma dell’art. 416-ter cod. pen.
Il Collegio della cautela avrebbe attribuito, erroneamente, particolare importanza alla conversazione intervenuta all’interno del negozio di Comis, sostenendo che, nel corso della stessa, COGNOME avrebbe invitato COGNOME a candidarsi per le prossime elezioni, affermando, con spavalderia, che in tal caso, si sarebbe adoperato per procurargli voti anche con violenza; il COGNOME gli avrebbe, allora, dichiarato pubblicamente la propria fedeltà.
2.3. Vizio di motivazione con riferimento alla individuazione della nomina dell’assessore NOME quale utilità per il clan.
Il Tribunale del riesame riteneva che oggetto dello scambio con il sindaco COGNOME fosse stata anche la nomina di COGNOME quale assessore, sia nel 2021 che nel 2022, sebbene non eletto. A fondamento di tale ricostruzione il Collegio della cautela indicava alcune conversazioni intercorse tra l’asserito intermediario e concorrente esterno COGNOME e i mafiosi COGNOME e COGNOME in data 26 maggio 2021 e 17 maggio 2021, e cioè oltre un anno prima delle elezioni asseritamente condizionate dal voto mafioso, poi celebratasi nel giugno del 2022. Peraltro, nel corso di tali intercettazioni COGNOME si prodigava nel tentativo di convincere COGNOME e COGNOME, che opponeva resistenza, a sostenere la candidatura a sindaco di Naso. COGNOME, in particolare, criticava aspramente la condotta del COGNOME. Ritiene la difesa che, o la mafia aveva già stretto un patto di scambio politico mafioso nei termini di cui alla contestazione, e dunque ottenendo in cambio la nomina di COGNOME come assessore, o tale accordo non era in essere. Dalle stesse conversazioni risulterebbe che NOME nulla sapeva di tale accordo e dunque non si comprende logicamente come sia possibile oggettivizzare la persona di COGNOME quale “moneta dello scambio” in favore degli interessi dell’associazione. Interessi che non si comprende quali potessero essere, a fronte del vuoto investigativo sul punto.
L’unico accordo sarebbe stato quello preelettorale di natura prettamente politica fra COGNOME e il sindaco COGNOME che ha visto il coinvolgimento decisivo di numerosi referenti politici locali del partito di Forza Italia, rendono illogiche le considerazioni del Tribunale del riesame circa il fatto che l’ingresso nella nuova Giunta da parte del Comis rappresentava elemento sintomatico dello scambio politico elettorale, in quanto il COGNOME, sebbene non eletto, veniva ugualmente nominato assessore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e la ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale del riesame di Catania.
2.0ccorre premettere che, in fase cautelare, pur dovendosi escludert la sussistenza dell’onere della c.d. motivazione rafforzata – in quanto tale onere è configurabile solo in sede di giudizio, dove il canone valutativo è costituito non dalla gravità indiziaria, ma dalla certezza processuale della responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio – è comunque necessario, in caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello “de libertate”, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale (Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, COGNOME, Rv. 284982 – 04; Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, M., Rv. 279593 – 01).
Nel caso in esame, il Tribunale del riesame è incorso in tale vizio di motivazione.
Per quanto concerne il reato di cui all’art. 353 cod. pen, si contesta a COGNOME, in concorso con COGNOME e COGNOME, di avere garantito l’aggiudicazione di un immobile a quest’ultimo e alla moglie COGNOME NOME COGNOME – legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, locataria dell’immobile in questione -, ponendo in essere condotte minacciose ai danni di due dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, potenziale acquirente interessata alla procedura di vendita.
Il compendio investigativo sul quale fa leva l’ordinanza impugnata è costituito sostanzialmente:
dall’attività captativa che avrebbe disvelato l’attività illecita posta in essere al fine di dissuadere i due ingegneri della società, recatisi presso il capannone per visionario per conto della stessa;
dalle minacce indirette rivolte a quest’ultimi dal COGNOME e dagli altri indagati, accompagnate dalla promessa che si sarebbero interessati per l’individuazione di altro immobile;
dalla conseguente desistenza dell’amministratore della società dalla partecipazione all’asta in esame;
-dal successivo effettivo interessamento degli stessi indagati per favorire l’aggiudicazione di altro capannone alla predetta società;
dalla corresponsione a favore degli indagati di un cospicuo compenso da parte di COGNOME NOME.
3.1. In realtà, dalla lettura della ordinanza, che riporta l’intercettazione citata, si evince che l’unica frase che può apparire minacciosa («so come devo venirti a cercare») non è stata proferita dall’indagato alle persone offese, bensì da COGNOME mentre parlava con terzi, riferendosi a persona non identificata.
Il G.i.p. aveva evidenziato il vuoto investigativo venutosi a creare a seguito della mancata escussione dei due ingegneri della società “RAGIONE_SOCIALE” e il Tribunale del riesame si è limitato a rilevare inadeguatamente che, in ogni caso, dall’intercettazione citata, emergeva una minaccia indiretta nei loro confronti, allorchè COGNOME e gli altri indagati evidenziavano la necessità che le persone che lavoravano presso l’immobile in questione dovessero continuare a farlo.
3.2. Occorre evidenziare che il delitto di cui all’art. 353 cod. pen. è reato di pericolo concreto che si configura quando le condotte di tipo collusivo, violento o decettivo si siano manifestate in una minaccia concreta per la libera concorrenza, determinando un rischio di alterazione del corso degli incanti.
Da tempo la giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, precisato che il delitto di turbativa di asta si configura non solo nel caso di danno effettivo, ma anche nel caso di danno mediato e potenziale, non occorrendo l’effettivo conseguimento del risultato perseguito dagli autori dell’illecito, ma la semplice idoneità degli atti ad influenzare l’andamento della gara (Sez. 6, n. 12821 del 11/03/2013, COGNOME, Rv. 254906, che ha ritenuto configurato il reato in un caso in cui lo scambio di informazioni tra più imprese prima dello svolgimento della gara, avvenuto al fine di predeterminarne l’esito, sebbene avesse inciso in misura modesta sul calcolo delle medie per l’individuazione dell’aggiudicatario e fosse inidoneo a dare garanzie assolute sul risultato, aveva concretamente alterato il confronto delle offerte ed influenzato la regolarità della competizione. In senso analogo, quantomeno, Sez. 6, n. 2897 del 24/04/2013, COGNOME, Rv. 255625; Sez. 6, n. 41365 del 27/09/2013, COGNOME, Rv. 256276).
Vero è però pure che, ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 353 cod. pen., occorre che tale idoneità, nella quale consiste appunto la “turbativa”, si sia in qualche modo manifestata, nel senso che le condotte poste in essere dall’agente devono essersi tradotte in una concreta minaccia per la libera concorrenza. E’, più precisamente, necessario che le condotte specificamente descritte in fattispecie siano esse di tipo collusivo, violento o decettivo – abbiano in qualche modo cagionato la verificazione del citato evento di pericolo, determinando, cioè, un rischio di alterazione di quello che, diversamente, sarebbe stato il corso degli incanti.
Una siffatta interpretazione, che garantisce il necessario e costituzionalmente conforme contenuto di offensività (e quindi di determinatezza) della fattispecie penale, si pone in linea con il più recente orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di turbata libertà degli incanti, non integrano i mezzi fraudolenti previsti dalla norma incriminatrice, le condotte anteriori all’allestimento della gara tese ad eludere cause ostative alla partecipazione alla procedura di evidenza pubblica, le quali non sono ex se idonee ad esporre a pericolo il bene dell’effettività
della libera concorrenza, se non in termini meramente potenziali (Sez. 6, n. 24772 del 24/02/2022, Ieffi, Rv. 283606, con la quale è stata annullata la condanna per il reato di cui all’art. 353 cod. pen., inflitta in relazione alla condotta dissimulatori realizzata anche mediante falsi documentali, di cause di esclusione dalla procedura di evidenza pubblica ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, da parte di un operatore economico resosi aggiudicatario di un rilevante appalto).
3.3. Ciò detto, è, invece, evidente che il Tribunale del riesame non ha precisato se e come la turbativa sia realmente accaduta.
Dalle intercettazioni emerge unicamente che l’indagato proponeva ai visitatori altri terreni in acquisto e che questi ultimi facevano presente che non avevano alcun potere decisionale e che avrebbero riferito in azienda.
Il Tribunale non si confronta con ciò che emerge dalle conversazioni riportate in ordinanza, che dimostrano come la società “RAGIONE_SOCIALE” fosse interessata all’acquisto di altro capannone proprio per il tramite della intermediazione di COGNOME e COGNOME. Tale evenienza si mostra in netto contrasto logico con le asserite minacce che i delegati della società in questione avrebbero ricevuto: se ciò fosse realmente accaduto, sarebbe stato più logico aspettarsi un distacco totale della suindicata società dai contatti con i soggetti di cui trattasi.
Per completezza, va aggiunto che anche gli altri elementi rappresentati nell’ordinanza hanno valenza del tutto neutra sotto il profilo della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Ciò vale, in primis, per quanto concerne la decisione della “RAGIONE_SOCIALE di non partecipare alla gara, posto che le poche battute scambiate con l’incaricato della società non possono essere ritenute dimostrative della rilevanza dell’operato degli indagati sulla scelta della società di non partecipare all’asta al pari delle captazioni relative al giorno dell’asta, che fotografano la presenza degli indagati presso lo studio del professionista delegato alla vendita: è del tutto logico ritenere che gli imputati fossero ivi presenti per assicurarsi l’aggiudicazione da parte della COGNOME, avendo un chiaro interesse economico per l’attività svolta, che esulava del tutto dalla interferenza mafiosa e dalla asserita turbativa.
3.4. Alla luce delle considerazioni svolte, si rende necessario l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame di Catania affinché questo indichi in che cosa sia consistita, nel caso di specie, la turbativa suscettibile di alterare il normale corso della procedura di asta, ai sensi dell’art. 353 cod. pen. e che ruolo abbia avuto il ricorrente.
4.L’ordinanza impugnata deve essere annullata anche in relazione alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato di scambio elettorale politico mafioso.
4.1. Occorre premettere che la legge 21 maggio 2019 n. 43, recante modifiche all’art. 416-ter cod. pen., già modificato dalla novella del 2014, recita testualmente: «Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’art. 416-bis cod. pen. o mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416-bis cod. pen., in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa, è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’art. 416-bis cod. pen. La stessa pena si applica a chi promette, direttamente o a mezzo di intermediari, di procurare voti nei casi di cui al primo comma (…)».
A seguito della novella del 2019, pertanto, il procacciamento di voti penalmente sanzionato non è soltanto quello ottenuto con l’impiego del “metodo mafioso”, bensì anche quello, effettivo o promesso, che provenga «da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’art. 416-bis cod. pen.».
La nuova disposizione rirnodula, quindi, la condotta penalmente rilevante, «spostando il fuoco dell’attenzione – o, meglio, estendendolo – dalle modalità del condizionamento del consenso al profilo soggettivo di chi tale operazione compia o s’impegni a compiere nell’interesse del candidato» (Sez. 6, n. 43186 del 11/09/2024, COGNOME, -dep. 27/11/2024- Rv. 287271 – 02).
La modifica normativa del 2019, inoltre, è intervenuta anche sull’importante profilo della utilità oggetto dell’erogazione o della promessa in alternativa al danaro. Se il vecchio testo dell’art. 416-ter cod. pen., infatti, parlava di «altra utilità», per il nuovo rileva, invece, «qualunque altra utilità». Tale modifica non può che essere intesa nel senso che il Legislatore ha voluto ampliare il novero delle condotte penalmente significative, facendo rientrare nel concetto di “utilità” qualsiasi effetto vantaggioso e non soltanto, come in passato, i beni traducibili in valori di scambio immediatamente quantificabili in termini economici.
Quanto, infine, al momento di consumazione del reato, deve osservarsi che il testo dell’art. 416-ter cod. pen., non poneva, e non pone con la novella del 2019, alcun limite temporale alla consumazione del reato e non richiede che lo stesso sia commesso in prossimità delle consultazioni elettorali. Del resto, per il reato in esame può trovare applicazione il principio dettato in tema di corruzione elettorale da questa Corte, secondo il quale «E’ configurabile il delitto di corruzione elettorale anche se al momento della conclusione dell’accordo illecito, finalizzato ad ottenere voti in cambio di una controprestazione, il corruttore non sia ancora candidato, purché l’accordo sia serio e concreto e la competizione elettorale sia già ben individuata e sia la più prossima rispetto al pactum sceleris (da ultimo, Sez. 5, n. 1039 del 30/09/2021, -dep. 2022-, Fiorentino, Rv. 282966 – 01).
4.2. Così chiarito il quadro normativo all’interno del quale deve essere ricondotta la fattispecie contestata al ricorrente, rileva il Collegio che la motivazione dell’ordinanza impugnata è viziata anche con riferimento al reato di cui all’art. 416-ter cod. pen.
Il Tribunale del riesame non ha fornito la dimostrazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza circa la partecipazione di COGNOME a una negoziazione elettorale contra legem, connotata da un marcato tratto distintivo di intima mafiosità.
Occorreva verificare, perciò, la esistenza di un accordo fra un soggetto mafioso che si prestava alla ricerca di voti e tri un soggetto candidato che cedeva all’offerta promettendo denaro o altre utilità. (dt
Quanto all’intercettazione ambientale all’interno della barberia di Comis, il Collegio della cautela, nel ritenere che in quella circostanza fosse stato siglato l’accordo tra COGNOME e Comis, non si è confrontato con le deduzioni difensive circa le modalità canzonatorie e ironiche del dialogo, che emergono dalla lettura stessa della conversazione, e circa la illogicità e la inverosimiglianza che un soggetto di caratura criminale come COGNOME mostri la sua forza pubblicamente asserendo «Vota e fai votare NOME, che altrimenti gli scoppiamo le ruote delle macchine».
La motivazione non si confronta, inoltre, con l’assenza di altri incontri riservati in cui si potevano chiarire i contenuti dell’accordo e l’utilità che, in cambio, il COGNOME e la consorteria ne avrebbero tratto; è contraddittoria, inoltre, come evidenziato dal ricorrente, rispetto ad altra captazione che la difesa aveva riportato in seno alle proprie memorie difensive, specificamente la n. 12285 dell’8 aprile 2021. In tale circostanza COGNOME sosteneva testualmente: «Tu Sindaco e io Vicesindaco», frase alla quale COGNOME replicava «Non è normale per legge» e, poi, scoppiava a ridere. Anche in questo caso l’ordinanza impugnata non risponde alla difesa che sottolineava i toni sarcastici della conversazione e la circostanza che COGNOME non avrebbe mai potuto rivestire la carica di Vicesindaco.
Quanto al dedotto vizio di motivazione con riferimento alla nomina dell’assessore COGNOME quale utilità per il clan, rileva il Collegio che il Tribunale del riesame non si è confrontato con le parti delle intercettazioni, citate proprio nell’ordinanza, nelle quali COGNOME, parlando con NOME, opponeva resistenzà,ya sostenere la candidatura a sindaco di Naso.
Il Tribunale non spiega, infine, il ruolo effettivamente svolto nell’ambito politico dall’indagato: egli non risulta avere mai parlato, né essersi mai incontrato con il Sindaco o altri esponenti politici; non risulta avere mai veicolato messaggi illeciti nè posto in essere condotte che coinvolgessero Comis quale strumento per soddisfare interessi della compagine mafiosa.
5.In considerazione di quanto sopra esposto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale del riesame di Catania perché colmi i vuoti motivazionali indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catania, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Così deciso il 28 gennaio 2025
Il Presidente