Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10634 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10634 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Strongoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/07/2023 del Tribunale del riesame di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che conclude per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di COGNOME NOME, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. COGNOME NOME, per il tramite del difensore, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che, in funzione di Giudice del riesame ex art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato il ricorso avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Catanzaro che aveva applicato la misura della custodia cautelare degli arresti domiciliari in ordine ai delitti di cui agli artt. 416 cod. pen. (capo 1), v ipotesi di cui agli artt. 110, 353-bis cod. pen. (capo 2, 3, 4, 5, 7, 9, 11, 12, 23, 25 una delle quali aggravate dall’art. 416-bis.1 cod. pen. e di voto di scambio politico mafioso ex art. 416-ter cod. pen. (capo 27).
1.1. Per quel che in questa sede rileva, le indagini effettuate avrebbero portato i Giudici della cautela a ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in merit alla partecipazione del ricorrente ad una compagine associativa finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione tesa ad accrescere il potere politico dei soggetti partecipanti, tra i quali annoverano, nelle vesti di promotori e organizzatori, NOME COGNOME, già AVV_NOTAIO Regionale e Deputato della Repubblica, esponente di punta del RAGIONE_SOCIALE, e COGNOME NOME, Presidente della Regione RAGIONE_SOCIALE all’epoca dei fatti.
1.2. A NOME COGNOME, in particolare, viene contestato di essere, quale esponente del movimento politico «RAGIONE_SOCIALE», già consigliere regionale, soggetto influente sul territorio crotonese e catanzarese, promotore della citata associazione che intesseva accordi tesi all’inserimento in enti territoriali, società partecipate, onde controllarne le nomine, le assunzioni e l’assegnazione di appalti a imprese “gradite”, uomini di fiducia, così da consentire un controllo su detti enti strumentale al conseguimento di vantaggi elettorali per il movimento.
Significativa è stata ritenuta la condotta contestata al capo 27) ex art. 416-ter cod. pen. in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME, allorché, in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale e la designazione del Presidente della Giunta Regionale della RAGIONE_SOCIALE, programmate per il 23 novembre 2014, nelle quali la figlia NOME COGNOME si presentava alla competizione elettorale, nonché per il rinnovo degli organi politici della Provincia di RAGIONE_SOCIALE, programmate per il 12 ottobre 2014, NOME NOME, padre di NOME, si rivolgeva a NOME COGNOME e NOME COGNOME, rispettivamente, consigliere RAGIONE_SOCIALE e Sindaco di Cirò Marina, ottenendo la promessa di procurare voti per la propria figlia, con modalità consistite nell’avvalersi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento scaturite dal legame esistente tra COGNOME e la “RAGIONE_SOCIALE” del “crimine” di Cirò, articolazione locale della ‘ndrangheta, per condizionare l’elettorato attivo, costringendolo a indicare la preferenza per la suddetta candidata e ricevendo in cambio l’appoggio al proprio movimento politico volto a far convergere le preferenze su NOME COGNOME, per la nomina a Presidente della Provincia.
1.3. Tra i plurimi delitti che avrebbero visto il ricorrente, in concorso con altr persone, turbare la libertà dei procedimenti tesi alla scelta dei contraenti ex artt. 110 e 353-bis cod. pen., merita menzione, avendo il Giudice delle indagini preliminari ed il Tribunale tenuto ferma l’aggravante dell’agevolazione mafiosa ex art. 416-bis.1 cod. pen., il delitto contestato al capo 7); secondo l’impostazione accusatoria, NOME COGNOME avrebbe preso parte alla turbata libertà del procedimento di scelta del contraente afferente la procedura indetta dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, finalizzata all’affidamento dei servizi di sicurezza in occasione delle
celebrazioni religiose della “Madonna di Capo Colonna”; detto servizio, a dispetto di quanto avvenuto negli anni precedenti, anziché essere gestito dalla società “in house” del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, veniva in concreto affidato – con il contributo del ricorrente – alla “RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE.
L’ordinanza ha ritenuto che i partecipi fossero consapevoli che l’aggiudicazione sarebbe andata in favore della citata compagine (scelta funzionale anche al coinvolgimento nell’espletamento del servizio della società della sorella del ricorrente) e che il reato fosse funzionale alla agevolazione della struttura associativa di tipo mafioso dei “RAGIONE_SOCIALE” (così chiamati in quanto inizialmente localizzati nella frazione di RAGIONE_SOCIALE denominata Papanice, che vedeva a capo la “RAGIONE_SOCIALE COGNOME“); sarebbe stato noto allo COGNOME che COGNOME avrebbe gestito ed imposto, per conto del citato sodalizio, i servizi di vigilanza anche nei confronti di società sportive ed attività stagionali nel territorio di “competenza”.
La difesa deduce due motivi di ricorso involgenti vizi di motivazione e violazione di legge sostanziale e processuale in ordine ai gravi alle esigenze cautelari ed ai gravi indizi di colpevolezza.
2.1. Con il primo motivo la difesa censura le ritenute esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura prescelta che si assume non siano state motivate dal Giudice delle indagini preliminari.
La difesa rileva che al ricorrente non è stata contestata l’appartenenza al contesto organizzativo mafioso, evenienza che fa venir meno le presunzioni legali in materia di esigenze cautelari, insussistenti specie in ragione della datazione dei reati al 2019.
2.2. Con il secondo motivo si rivolgono censure in ordine alla sussistenza dei gravi indizi con particolare riferimento alla contestata ipotesi di cui all’art. 353-b aggravata ex art. 416-bis.1 cod. pen. oggetto dell’imputazione sub capo 7) ed a quella di scambio elettorale politico mafioso ex ad. 416-ter cod. pen. di cui al capo 27).
2.2.1. Contrariamente a quanto è dato leggere nella motivazione dell’ordinanza non risulta vero che il ricorrente, che non era neppure a conoscenza che il servizio di vigilanza e sicurezza sarebbe stato esternalizzato in favore di una ditta di Catanzaro, avesse contribuito quale determinatore del reato; si osserva che all’invito aveva partecipato solo una ditta (“RAGIONE_SOCIALE“), circostanza che ha consentito al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di conseguire indubbi benefici.
Il timore che veniva manifestato dal ricorrente nel corso delle indagini secondo la difesa – non era collegato ad eventuali proprie responsabilità ma unicamente al pericolo che potesse essere coinvolta la sorella che, per conto della ditta “RAGIONE_SOCIALE“, aveva svolto parte del servizio.
L’incontro avvenuto tra COGNOME e COGNOME era stato fortuito, tanto che il secondo non voleva recarsi dal primo e che nessuna attività tecnica aveva coinvolto il ricorrente in epoca successiva ai fatti.
Dalle risultanze non è emerso che il ricorrente fosse a conoscenza della parentela con esponenti di ‘ndrangheta tanto cla aver affermato “deve avere un cognato nella ‘ndrangheta”, frase ben lontana dall’ipotizzata consapevolezza come ritenuto dal Tribunale. La conoscenza da parte di COGNOME di quali siano le organizzazioni mafiose operanti nel territorio non rappresenta elemento che consente di ritenere sussistente l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod. pen., essendo invece necessario che la condotta sia tale da agevolare detta compagine mafiosa.
Non risulta significativo il dato che avrebbe visto il ricorrente attivarsi nel vicenda che ha interessato l’assunzione dei dipendenti RAGIONE_SOCIALE (società del RAGIONE_SOCIALE fallita nel 2016), in RAGIONE_SOCIALE (società in house del medesimo comune), costituendo l’attività posta in essere dal ricorrente una doverosa attività afferente all’impegno politico.
Quanto alla consapevolezza dell’appartenenza alla ‘ndrangheta ed in particolare alla “RAGIONE_SOCIALE” di COGNOME, si rileva come il dato sia meramente congetturale in quanto desunto da una pregressa sentenza di condanna di costui per fatti remoti decisi con una sentenza risalente al 1996.
2.2.2. In ordine alla contestazione provvisoria contenuta nel capo 27) si osserva come il delitto di cui all’art. 416-ter cod. pen. sia stato ricostruito sulla bas delle sole dichiarazioni rese da NOME COGNOME, che ha riferito solo quanto appreso de relato da NOME COGNOMECOGNOME
2.2.3. La Corte territoriale ha inoltre omesso di motivare in ordine all’allegata documentazione da cui si evinceva l’assenza di pregiudizi penali.
2.2.4. Le estemporanee ed episodiche condotte di reato individuate non consentono di inquadrare i fatti nella ipotesi di cui all’art. 416 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, in quanto manifestamente infondato, declinato in fatto e generico, deve essere dichiarato inammissibile.
Invertendosi l’ordine assegnato dalla difesa ai motivi del ricorso, che in maniera a volte causale, si muovono tra i differenti ambiti dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, si deve inizialmente rilevare come le censure rivolte alla parte della decisione che, prendendo in esame il compendio
indiziario, ha confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è inammissibile sotto plurimi profili.
Al riguardo deve farsi rinvio al consolidato principio di diritl:o secondo cui, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460).
Costituisce, invece, una censura del merito della decisione quella attraverso cui si tende, implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri (Sez. 5, n. 2459 del 17/04/2000, Garasto, Rv. 216367) o una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884). Egualmente precluso in sede di legittimità risulta il tentativo di assegnare alle conversazioni captate un significato differente da quello dato dal Giudice di merito, salvo che lo stesso risulti manifestamente illogico (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
Ciò premesso in termini generali, la parte del motivo che rivolge censure alla ritenuta gravità indiziaria in ordine al contestato delitto di cui all’art. 353-bis co pen., specie nella parte in cui si tenta di smentire la partecipazione e la consapevolezza del ricorrente neleattività dii agevolazione della RAGIONE_SOCIALE dei “RAGIONE_SOCIALE“, che vedeva a capo la “RAGIONE_SOCIALE“, oltre che generico, si rivela declinato in fatto.
3.1. Si osserva che il Tribunale ha ricostruito dapprima la vicenda associativa contestata al capo 1), che vedeva il ricorrente gravemente indiziato, unitamente ad altri soggetti di spessore politico istituzionale ed al fine di conseguir l’accrescimento del consenso elettorale, di aver assunto un ruolo di primo piano nella gestione di numerose gare di appalto in cui solo gli uomini e le società vicine al ricorrente ed ai sodali venivano ritenute meritevoli delle relative aggiudicazioni (pagg. da 9 a 14).
Solo dopo aver valorizzato il ruolo assunto nell’ambito del contesto associativo e nella realizzazione dei reati anche tesi all’assegnazione diretta dei vari incarichi remunerati dalle amministrazioni pubbliche, resi possibili attraverso l’attento
inserimento di uomini di fiducia nei posti chiave dei vari enti, il Tribunale dell cautela ha esaminato i fatti di reato contestati in via provvisoria al capo 7).
3.2. Dalle app.r~e indagini tecniche e delle acquisizioni documentali era emerso che l’amministrazione RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, contrariamente agli altri anni in cui era stata coinvolta per la gestione del servizio la società in house “RAGIONE_SOCIALE“, aveva deciso di assegnare all’esterno il servizio per la gestione delle attività fieristiche organizzate in occasione delle celebrazioni religiose per la Madonna di Capo Colonna con particolare riferimento alla c.d. Fiera NOMEna.
A fronte del successivo affidamento all’unica ditta che, sulle quattro invitate, aveva presentato l’offerta ritenuta economicamente più vantacigiosa, le indagini avevano fatto emergere che la decisione di non affidare la gestione del servizio alla società in house e, di conseguenza, di effettuare una scelta attraverso la trasmissione di inviti alle quattro ditte ex art. 63, comma 6, del Codice degli Appalti, a cui solo la “RAGIONE_SOCIALE” aveva risposto, era funzionale proprio alla conclusiva assegnazione del servizio in favore di quest’ultima compagine.
L’esito della gara era stato concordato, assicurato e gestito, tra gli altri, proprio dal ricorrente che con tale aggiudicazione aveva potuto affidare parte del servizio alla società della sorella COGNOME NOME e far inserire all’interno della società aggiudicataria uomini che avrebbero consentito di acquisire un notevole “credito” elettorale.
Rispetto alla ricostruzione operata dal Tribunale che, apprezzate le attività tecniche, la documentazione acquisita, ma anche le osservazioni verbalizzate dagli investigatori da cui emergeva quale fosse stata l’attività posta in essere dal ricorrente, già a conoscenza dello spessore criminale di COGNOME, che per conto della “RAGIONE_SOCIALE” gestiva i vari servizi di vigilanza del territorio, la difesa tende ad assegnare una difforme interpretazione a singole captazioni che si assume abbiano un significato differente rispetto a quello fatto proprio dal Collegio della cautela, operazione non consentita in sede di legittimità (in tal senso, cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
In tale preclusa direzione si muovono le affermazioni che ipotizzano la casualità dell’incontro tra COGNOME e COGNOME (già motivatamente smentito dal Tribunale, v. pag. 16), ovvero assegnano un significato differente alla parte delle captazioni in cui il ricorrente manifesta delle preoccupazioni per le indagini in corso che si assume riguardassero solo la sorella che era stata chiamata a svolgere parte dei servizi formalmente assegnati alla “RAGIONE_SOCIALE“, ma che le indagini avevano dimostrato essere di fatto in mano alla “RAGIONE_SOCIALE” tramite la figura di COGNOME.
Eccentrica, poi, risulta la tesi secondo cui l’assegnazione alla “RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE, la sola ditta invitata ad effettuare una offerta che rispondeva alla lettera
partecipazione, avesse giovato all’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, tenuto conto che neppure viene esplicitato quale sarebbe stata in definitiva la convenienza per l’amministrazione RAGIONE_SOCIALE che avrebbe potuto eseguire il servizio per mezzo di una sua partecipata come effettuato negli anni precedenti.
3.3. Funzione della norma che punisce la turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, avendo ad oggetto la tutela del principio di libertà di concorrenza e la salvaguardia degli interessi della pubblica amministrazione, è quella di anticipare la tutela penale, rispetto al momento di effettiva indizione formale della gara e mira a prevenire la preparazione e l’approvazione di bandi personalizzati e calibrati proprio sulle caratteristiche di determinati operatori. Poiché è sufficiente la sola messa in pericolo della correttezza della procedura amministrativa volta a stabilire il contenuto del bando, risulta irrilevante che il fin sia effettivamente conseguito, né è necessario che il contenuto del bando, o dell”atto ad esso equipollente, venga effettivamente inquinato in modo tale da condizionare la scelta del contraente (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 29267 del 5/4/2018, COGNOME, Rv. 273449; Sez. 6, n. 1 del 02/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262917).
Ne consegue l’inconferenza di ogni riferimento alla convenienza (non si comprende sotto quale profilo) che l’amministrazione avrebbe conseguito, visto che ciò che rileva, nel caso di specie, è la tutela della libertà di concorrenza e l salvaguardia degli interessi della pubblica amministrazione che non si risolvono in quelli, se del caso, meramente economici apoditticamente sostenuti.
3.4. Manifestamente infondata e generica risulta la parte del ricorso che tende a confutare gli elementi indiziari sul presupposto dell’assenza di incarichi istituzionali e formali del ricorrente, avendo il Tribunale evidenziato il concreto potere che il ricorrente era in grado di esercitare sull’amministrazione crotonese e sulle singole articolazioni burocratiche.
Egualmente inammissibile risulta il rilievo attraverso cui si deduce l’irrilevanza della vicenda che aveva visto il ricorrente attivo nella vicenda RAGIONE_SOCIALE, società fallita nel 2016 e l’assunzione del relativo personale nella nuova compagine partecipata dal RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale ha correttamente evidenziato come proprio in tale contesto fosse emerso che NOME COGNOME era consapevole della caratura criminale di COGNOME, in favore del quale si attivava affinché transitasse dalla società fallita alla nuova partecipata; eccentriche, invero, risultano le ipotizzate fisiologiche funzioni politiche esercitate nel caso di specie, certamente non rinvenibili nella specifica condotta tesa all’assunzione di persona che, secondo la descrizione del Tribunale, si sapesse appartenere ad una compagine di ‘ndrangheta.
3.5. Analogo limite incontra l’assunto secondo cui non vi sarebbero elementi che denotino la volontà di agevolare l’associazione mafiosa ex art. 416-bis.1 cod. pen..
Innanzitutto, occorre rilevare come gran parte della motivazione sul punto resa dal Tribunale è pertinente alla dedotta mancata conoscenza dello spessore criminale di COGNOME, circostanza che è stata adeguatamente smentita proprio attraverso la combinata lettura delle attività tecniche e delle risultanze processuali in genere.
Il Tribunale non ha comunque omesso di precisare come, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente che ha dedotto che l’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen. sarebbe stata attribuita per la sola consapevolezza dell’appartenenza mafiosa di COGNOME, Game NOME COGNOME fosse consapevole della finalità agevolatrice perseguite dal concorrente NOME COGNOME, dato emerso dalle intercettazioni tra i due laddove COGNOME era stato messo al corrente da COGNOME che l’amministrazione RAGIONE_SOCIALE non doveva ingerirsi nella scelta dei soggetti che avrebbero avuto accesso all’area della fiera, in tal modo evincendosi che l’operazione che si andava a realizzare (e si è poi realizzata) avrebbe sollevato l’amministrazione dalle possibili problematiche connesse alle infiltrazioni mafiose tra i partecipanti della fiera.
Né il ricorrente spiega quale altro significato potesse assumere una conversazione tra COGNOME e COGNOME, soggetti formalmente estranei, rispettivamente, all’amministrazione RAGIONE_SOCIALE ed alla società che si sarebbe aggiudicata il servizio (che poi avrebbe affidato parte dello si:esso alla società facente capo alla sorella), che discorrevano in merito a quello che l’amministrazione e la società aggiudicataria avrebbero dovuto fare, accordandosi sul punto, se gli stessi non fossero stati i reali registi della vicenda e, pertanto, perfettamente consci del rispettivo ruolo e concreto potere in concreto assunto.
Privo di articolata argomentazione risulta il motivo con cui si censura la gravità indiziaria in ordine al delitto di cui all’art. 416-ter cod. pen. (capo 27), che deduce essere frutto di dichiarazioni rese su informazioni apprese da terzi dal collaboratore di giustizia che non sarebbero riscontrate dalle emergenze processuali di processo non definitivo.
A fronte di rilievi che già il Tribunale del riesame ha ritenuto generici, è stata resa esaurente risposta là dove la decisione ha analiticamente riportato il contenuto dell’accordo elettorale politico mafioso secondo quanto riferito dal collaboratore NOME COGNOME. Il tenore di dette propalazioni in cui il collaboratore, uomo di vertice della omonima cosa, parla in prima persona dell’accordo elettorale politico mafioso finalizzato alla vittoria elettorale delle competizioni per l’elezione del Consiglio Regionale della RAGIONE_SOCIALE della figlia di NOME COGNOME, è stato ritenuto
riscontrato sulla base di analoghe emergenze processuali afferenti altro procedimento (nella parte in cui si fa espresso riferimento alle indagini espletate nell’ambito del procedimento denominato “Stinge” che avevano acclarato che NOME COGNOME si fosse attivato per la elezione di COGNOME a Sindaco di Cirò Marina) che solo genericamente si afferma non possano, nella attuale fase cautelare, costituire elemento di riscontro.
Le stesse risultano adeguatamente riscontrate e trovano precisa conferma sia in altre indagini adeguatamente enunciate (pag. 19), sia nelle risultanze elettorali che connotano coincidenze con gli accordi cui il collaboratore fa riferimento.
Mere doglianze prive di concreta censura si rivelano quelle che attengono alla ritenuta gravità indiziaria in ordine al delitto associativo di cui al capo 1) che formato oggetto di articolata motivazione (pag. da 9 a 13), e la dedotta omessa risposta in ordine all’assenza di pregiudizi penali, irrilevanti nell’ambito dell censura tesa a confutare la gravità indiziaria.
Quanto al primo aspetto si rinvia a consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi non contengano la precisa prospettazione delle ragioni in fatto o in diritto da sottoporre a verifica (Sez. 3, n. 16851 del 02/03/2010, COGNOME, Rv. 246980).
Quanto al secondo deve richiamarsi il principio di diritto secondo cui è è generica l’impugnazione se manca ogni indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità (tra tante, Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945).
Generica risulta la censura formulata in ordine alle ritenute esigenze cautelari in ragione della datazione dei fatti (quattro anni).
Contrariamente a quanto affermato nei motivi di ricorso, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., che richiama l’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. (che per quel che in questa sede rileva, ricomprende gli artt. 416-ter cod. pen e la aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.), prevede una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, per la cui prova contraria assume rilievo il fattore temporale, ove esso sia di notevole consistenza, cosicché è necessario che l’ordinanza cautelare motivi in ordine alla rilevanza del tempo trascorso, indicando specifici elementi di fatto idonei a dimostrare l’attualità delle esigenze cautelari (i ordine alla ipotesi di cui all’art. 74, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, v. Sez. 6, 53028 del 06/11/2017, Battaglia, Rv. 271576).
Logica e completa, pertanto, risulta la motivazione contenuta nel provvedimento con riferimento alla posizione del ricorrente, avendo il Collegio della cautela provveduto ad evidenziare, conformemente ai principi di diritto sopra espressi, dopo aver ripercorso nel dettaglio la consistenza e gravità delle plurime condotte di reato contestate – alcune delle quali presuppongono la presunzione relativa a cui sopra si è accennato – gli elementi significativi del pericolo, attuale concreto, di recidiva, da un lato, e adeguatezza della misura cautelare in carcere, dall’altro.
Il Tribunale della cautela ha reso adeguata motivazione facendo riferimento, quanto all’attualità delle esigenze cautelari, all’accusa provvisoria inerente al delitto associativo di cui al capo 1), tuttora in essere, e alla contiguità con gli ambienti criminali che risultano, in concreto, essere stati agevolati, rilevando, al contempo l’adeguatezza della misura autocustodiale in ragione della necessità di recidere i rapporti e di allontanare il ricorrente dal contesto criminale di riferimento.
A fronte di adeguata motivazione fondata sui dati processuali a disposizione, la difesa enuncia la giurisprudenza sussistente in merito alle necessarie esigenze cautelari ed all’adeguatezza della misura, accennando alla vetustà dei delitti contestati, senza alcun confronto con le ragioni della decisione speei, ignorando del tutto la rilevata gravità dei plurimi e reiterate condotte criminose solo episodicamente prese in esame nel ricorso.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, cornma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/02/2024.