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Sanzioni sostitutive: richiesta in appello è cruciale

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un imputato, chiarendo due punti fondamentali. Primo, la graduazione della pena, inclusa la riduzione per attenuanti, rientra nell’ampia discrezionalità del giudice di merito. Secondo, l’applicazione delle nuove sanzioni sostitutive, introdotte dalla Riforma Cartabia, non è automatica ma deve essere esplicitamente richiesta dall’imputato durante il giudizio di appello. In assenza di tale richiesta, l’imputato non può lamentare la loro mancata applicazione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sanzioni Sostitutive e Riforma Cartabia: L’Onere della Richiesta in Appello

La recente Riforma Cartabia ha introdotto importanti novità nel sistema penale, tra cui le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2002/2024) chiarisce un aspetto procedurale cruciale: l’accesso a tali benefici non è automatico, ma richiede un’istanza esplicita da parte dell’imputato nel corso del giudizio di appello. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.

Il caso in esame: peculato e ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di peculato. La Corte di Appello, in sede di rinvio, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riducendo la pena a due anni e otto mesi di reclusione, pur concedendo le attenuanti generiche. L’imputato, non soddisfatto, ha proposto ricorso per cassazione lamentando due principali vizi della sentenza:

1. Una riduzione minima per le attenuanti generiche, che di fatto impediva la concessione della sospensione condizionale della pena.
2. La mancata applicazione delle nuove sanzioni sostitutive, sostenendo che il giudice d’appello avrebbe dovuto disporre d’ufficio l’udienza prevista dall’art. 545-bis del codice di procedura penale.

La discrezionalità del giudice sulla pena

Sul primo motivo, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Per adempiere all’obbligo di motivazione, è sufficiente che il giudice faccia riferimento a criteri generali come la “congruità” della pena o la gravità del reato, come previsto dall’art. 133 del codice penale. Solo in caso di pene significativamente superiori alla media edittale è richiesta una motivazione più dettagliata.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva giustificato la limitata riduzione per le attenuanti generiche in ragione della “particolare gravità del fatto di peculato”. Secondo la Cassazione, tale motivazione è sufficiente e non censurabile in sede di legittimità.

Le sanzioni sostitutive: un’opportunità che va richiesta

Il secondo motivo di ricorso, cuore della pronuncia, riguarda l’applicazione delle sanzioni sostitutive. La difesa sosteneva che il giudice d’appello avrebbe dovuto attivarsi autonomamente per valutarne la concessione. La Cassazione ha respinto questa tesi, aderendo all’orientamento giurisprudenziale formatosi sulla disciplina transitoria della Riforma Cartabia.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha chiarito che, affinché il giudice di appello possa pronunciarsi sull’applicabilità delle nuove pene sostitutive, è necessaria una richiesta esplicita da parte dell’imputato. Questa richiesta non deve essere necessariamente contenuta nell’atto di appello, ma può intervenire fino all’udienza di discussione, ad esempio tramite motivi nuovi o nelle conclusioni.

Il principio è chiaro: l’imputato non può dolersi della mancata applicazione di un beneficio se non ha mai sollecitato i poteri del giudice territoriale al riguardo. Nel caso specifico, l’imputato non aveva formulato alcuna richiesta per l’udienza ex art. 545-bis cod.proc.pen. né aveva sollevato la questione in sede di conclusioni. Di conseguenza, il suo ricorso su questo punto è stato dichiarato infondato.

Le conclusioni

La sentenza in commento offre una lezione fondamentale per la difesa tecnica nell’era post-Cartabia. I nuovi istituti, come le sanzioni sostitutive, rappresentano importanti opportunità per gli imputati, ma il loro accesso non è un automatismo processuale. È onere della difesa essere proattiva e formulare specifiche istanze nei tempi e nei modi corretti, al più tardi durante la discussione in appello. La passività processuale può precludere definitivamente la possibilità di beneficiare di queste pene alternative al carcere, come dimostra in modo inequivocabile la decisione della Suprema Corte.

Cosa sono le sanzioni sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia?
Sono pene alternative alla detenzione breve in carcere (fino a 4 anni), come la semilibertà, la detenzione domiciliare, il lavoro di pubblica utilità e la pena pecuniaria, che il giudice può applicare al posto della reclusione.

È obbligatorio per il giudice d’appello valutare d’ufficio l’applicazione delle sanzioni sostitutive?
No. Secondo la sentenza, il giudice di appello è tenuto a pronunciarsi su questo punto solo se vi è una richiesta esplicita da parte dell’imputato, da formulare al più tardi nel corso dell’udienza di discussione.

Può un imputato lamentarsi in Cassazione della mancata concessione delle sanzioni sostitutive se non le ha mai chieste in appello?
No. La Corte di Cassazione stabilisce che l’imputato non può dolersi con l’impugnazione del mancato riconoscimento di un beneficio se non ha prima sollecitato i poteri del giudice territoriale (in questo caso, la Corte d’Appello) a riguardo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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