Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33838 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33838 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MODENA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 29/01/2024 del TRIBUNALE di MODENA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 29 gennaio 2024, il Tribunale di Modena in funzione di giudice dell’esecuzione ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta da NOME COGNOME, volta a conseguire – previa restituzione in termini ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. e sospensione dell’esecuzione della pena – la sostituzione ai sensi dell’art. 545 bis cod. proc. pen., con le sanzioni di cui all’art 20-bis cod. pen., della pena detentiva, pari ad un anno e due mesi di reclusione, irrogata con sentenza n. 1038/2020 R.G. Sent., emessa dal Tribunale di Modena in composizione monocratica in data 20/10/2020, confermata dalla Corte di appello di Bologna in data 28/04/2023, divenuta irrevocabile il 10/01/2024.
Nel giudizio di appello avverso la sentenza del Tribunale di Modena, la Corte di appello di Bologna aveva fissato udienza in modalità cartolare senza fornire l’avviso di cui all’art. 545 bis cod. proc. pen., inerente la facoltà di richiedere
sostituzione della pena detentiva; peraltro in quel momento NOME era ristretto presso la Casa Circondariale di Modena e quindi impossibilitato a presenziare all’udienza e a fruire delle prerogative riconosciute dall’art. 545 bis cod. proc. pen.
Tuttavia il giudice dell’esecuzione riteneva che la mera mancata celebrazione del giudizio di appello in modalità orale, senza rappresentare le circostanze che avrebbero potuto integrare caso fortuito o forza maggiore, impeditivi della richiesta di intervenire nel giudizio, non poteva giustificare la remissione in termini e non dimostrava la non imputabilità al condannato della mancata richiesta di applicazione di sanzioni sostitutive.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME e ha articolato un unico motivo ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc pen., denunciando vizio di inosservanza o erronea applicazione degli articoli 56, 56 bis I. n. 689/81, 545 bis e 175 cod. proc. pen., 95, comma 1, d.lgs. n. 150/2022.
Il Tribunale modenese non avrebbe tenuto conto del fatto che l’istante non si doleva dello svolgimento dell’udienza in forma cartolare, ma del mancato avviso ai sensi dell’art. 545 bis cod. proc. pen.
Inoltre nessuna norma impone di avanzare istanza di trattazione orale all’imputato che voglia beneficiare di tale avviso; né tale obbligo si rinviene nell’art. 95, comma 1, d.lgs. n. 150/2022 o nell’art. 545 bis cod. proc. pen.
La Corte di appello, dopo aver respinto l’impugnazione, aveva il dovere di dare avviso alle parti della facoltà di richiedere la sostituzione della pena ovvero di dare atto delle ragioni per le quali non potevano ravvisarsi i presupposti per dare avviso di questa facoltà.
Né poteva richiedersi all’imputato di anticipare una richiesta di sostituzione anche con una memoria scritta, perché la scansione processuale descritta dalle norme violate prevede che l’avviso sia dato all’imputato solo dopo la pronuncia della sentenza.
Per questo insisteva per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziando che l’avviso all’imputato della facoltà di accedere alle sanzioni sostitutive non è dovuto, specie in grado di appello, anche se il giudice può procedere in via officiosa a proporle all’imputato ove ritenga sussistenti i presupposti. Peraltro, in questi termini si pone la riforma dell’art. 545 bis cod. proc. pen., modificato dall’art. 2, comma 1, lettera u) d.lgs. n. 31/2024
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per le molteplici ragioni di seguito esposte.
Il sistema delle pene sostitutive introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022 prevede che esse possano trovare ingresso nei procedimenti in corso nei precisi limiti fissati dall’art. 95 dello stesso d.lgs., in forza del quale le nuove disposizio introdotte al Capo III della legge n. 689 del 1981, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento della loro entrata in vigore, cioè alla data del 30/12/2022.
2.1 All’epoca in cui è entrato in vigore il sistema delle pene sostitutive era vigente ancora l’art. 23 bis d.l. n. 137/2020, conv. con mod. dalla legge n. 176/2020, a mente del quale «fuori dai casi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, per la decisione sugli appelli proposti contro le sentenze di primo grado la corte di appello procede in camera di consiglio senza l’intervento del pubblico ministero e dei difensori, salvo che una delle parti private o il pubblico ministero faccia richiesta di discussione orale o che l’imputato manifesti la volontà di comparire» (comma 1). L’applicazione di tale norma originariamente delimitata al periodo ricompreso tra il 09/11/2021 e il 31/07/2021 si è protratta per l’intervento della disposizione di cui all’art. 94 d.lgs. n. 150/2022 ulteriormente modificato dall’art. 5 duodecies d.l.n. 162/2022, conv. con mod. dalla legge n. 199/2022, fino a ricomprendere i giudizi per i quali le impugnazioni erano state proposte entro il 30/06/2023 (e via via, ancora quelle proposte entro il 30/06/2024, in forza di ulteriori modifiche, l’ultima delle quali contenut nell’art. 11, comma 7, d.l. n. 215/2023, conv. con mod. dalla legge n. 18/2024).
Secondo il comma 4 dell’art. 23 bis d.l. n. 137/2020 cit. «la richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza ed è trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2. Entro lo stesso termine perentorio e con le medesime modalità l’imputato formula, a mezzo del difensore, la richiesta di partecipare all’udienza».
Se la richiesta di discussione orale dell’appello non viene tempestivamente avanzata, «il superamento del termine, perentorio, determina il consolidamento della trattazione con forma scritta, con conseguente irrilevanza, nel processo, delle vicende personali dell’imputato e delle ragioni di rinvio della trattazione scritta diverse dalla nullità degli atti introduttivi e, quindi, non corretta instaurazione del contraddittorio» (Sez. 3, n. 3 del 21/09/2023, dep. 2024, Rv. 285696-01).
2.2 II procedimento per l’applicazione delle sanzioni sostitutive è regolato dall’art. 545 bis cod. proc. pen., oggi riformato dall’art. 2, comma 1 lett. u), del decreto legislativo 19 marzo 2024 n. 31 (c.d. “correttivo Cartabia”) e dal quale ora è stato espunto il riferimento testuale all’avviso alle parti.
Va tuttavia preso in esame il testo originario vigente all’epoca in cui è stata emessa la sentenza a carico del ricorrente (28/04/2023), laddove poneva in capo al giudice l’obbligo di verificare la sussistenza dei presupposti per sostituire la sanzione inflitta con il dispositivo di sentenza di cui ha dato lettura, sentendo le parti e acquisendo, ove necessario, il consenso dell’imputato.
L’avviso contemplato dalla norma ora riformata era, quindi, dovuto dopo la lettura del dispositivo di udienza e qualora il giudice, comminando una pena detentiva non superiore a quattro anni non condizionalmente sospesa, avesse ritenuto ricorrenti le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’art. 53 In. 689/81.
L’accesso alla sanzione sostitutiva poteva essere richiesto dall’imputato nell’ambito dell’esplicazione delle sue facoltà difensive al fine di stimolare i giudice ad esercitare il suo potere e a valutare favorevolmente le condizioni che, con il previo consenso dell’interessato, rendevano praticabile l’applicazione dell’art. 53 I.n. 689/81 nel caso di specie.
Ma l’esercizio di tale facoltà non era presidiato da un percorso procedurale ad hoc e doveva avvenire nell’ambito delle regole processuali vigenti, che non erano state derogate nemmeno dalla disciplina transitoria innestata nel d.lgs. n. 150/2022 dal d.l. n. 162/2022, conv. con nnod. dalla legge n. 199/2022, mantenendo il giudizio di appello con trattazione scritta di cui all’art. 23 bis d.l. n. 137/2020, conv. con mod. dalla legge n. 176/2020.
Posto, pertanto, che non era previsto alcun avviso in favore dell’imputato riguardo la possibilità di richiedere l’applicazione di una sanzione sostitutiva né alcuna scansione procedurale precedente all’emissione della sentenza nella quale il giudice procedente fosse tenuto ad interpellare l’imputato in ordine al suo eventuale consenso a sottoporsi ad una sanzione sostitutiva, la facoltà di richiedere al giudice di valutare la sussistenza dei presupposti ai sensi dell’art. 545bis cod. proc. pen. o quella di prestare anticipatamente il consenso per una o più delle sanzioni sostitutive per sostenere tale richiesta andavano esercitate nell’ambito del procedimento di appello come incardinato in base alla normativa vigente.
2.3 In relazione alla disciplina transitoria la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto derogato il principio ricavabile dall’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., secondo cui il giudice non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive in assenza di specifica richiesta sul punto formulata con l’atto d’appello, non
rientrando le sanzioni sostitutive tra le ipotesi tassativamente indicate dalla suindicata norma. Ha tuttavia assunto posizioni di rigore, affermando che «in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi sulla loro applicabilità come previsto dalla disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia), è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, che non dev’essere formulata necessariamente con l’atto di impugnazione o con la presentazione di motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ma deve intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione del gravame» (Sez. 3, n. 12991 del 01/03/2024, Rv. 286017 – 01; così pure sez. 4, n. 4934 del 23/01/2024, Rv. 285751; sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Rv.285090; sez. 6, n. 46782 del 20/09/2023, Rv. 285564).
Peraltro in questa direzione si è mosso il legislatore che, con l’art. 2, comma 1 lett. z), d.lgs. n. 31/2024 (c.d. “correttivo Cartabia”), ha coordinato la disciplina sul giudizio di appello senza partecipazione delle parti con la disciplina delle sanzioni sostitutive, introducendo nell’art. 598bis cod. proc. pen.:
il comma ibis che prevede che nel procedimento a trattazione scritta l’imputato, fino a quindici giorni prima dell’udienza, può, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nei motivi nuovi, nelle memorie e nelle memorie di repliche, esprimere il consenso alla sostituzione della pena detentiva con taluna delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689;
il comma 4bis che prevede che nell’udienza partecipata il consenso alla sostituzione può essere espresso sino alla data in cui si procederà alla discussione orale;
il comma 4ter che prevede che quando, per effetto della decisione sull’impugnazione, è applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni, la corte, se ritiene che ne ricorrano i presupposti, sostituisce la pena detentiva e, se è necessario acquisire il consenso dell’imputato, deposita il dispositivo di sentenza, in tal caso anche assegnando all’imputato il termine perentorio di quindici giorni per esprimere il consenso e fissando udienza, non oltre trenta giorni, senza la partecipazione delle parti.
Sicchè, anche nel nuovo sistema disegnato dalla novella correttiva di cui al d.lgs. n. 31/2024, l’unica ipotesi in cui è previsto che il giudice dell’appello di avviso all’imputato della sussistenza dei requisiti per la sostituzione della pena detentiva, pur sempre dopo l’emissione del dispositivo di sentenza, è quella in cui, a seguito dell’impugnazione la sanzione superiore a quattro anni venga ridotta e non anche quando il secondo grado di giudizio si concluda con la
conferma della pena inferiore a quattro anni, già inflitta dal giudice di primo grado, come avvenuto nel procedimento a carico di NOME.
2.4 Nel sistema previgente (e vigente all’epoca della sentenza a carico del ricorrente) non sono mancate pronunce in cui si è affermato che anche un’istanza del tutto generica non osta alla concedibilità del beneficio all’esito del giudizio di appello, poiché lo stesso è concedibile anche d’ufficio (Sez. 2, n. 15129 del 07/02/2024, Rv. 286233 – 01) in base al medesimo meccanismo bifasico disciplinato per il giudizio di primo grado, che deve consentire all’imputato o al suo procuratore speciale (ma pur sempre dopo la lettura del dispositivo) la possibilità di esprimere il consenso (Sez. 6, n. 14035 del 20/02/2024, Rv. 286216 – 01).
In ogni caso, anche ove non si ritenesse necessaria la formulazione di una previa tempestiva richiesta prima della discussione nel giudizio di appello, peraltro coerente con l’innesto della disciplina in un procedimento nel quale la valutazione che il giudice avrebbe dovuto effettuare andava svolta a conclusione del giudizio di primo grado e, se ritenuta errata, andava contestata con gli ordinari strumenti di impugnazione, comunque non resta spazio per considerare necessario interpellare l’imputato prima della decisione riguardo la sua adesione ad eventuali sanzioni sostitutive. E ciò proprio perché una tale necessità deve decisamente escludersi nella prospettiva più favorevole all’imputato, quella che ritiene concedibile d’ufficio anche in secondo grado tale beneficio.
Con riguardo all’ipotesi in cui il giudice di appello avesse riformato una decisione di condanna/ rideterminando la pena detentiva inflitta in primo grado entro il limite di quattro anni previsto per l’applicazione delle pene sostitutive d cui all’art. 20-bis cod. pen., si era affermato che nella decisione era tenuto a motivare specificamente l’insussistenza delle condizioni per l’applicabilità delle stesse in virtù della disciplina transitoria prevista dall’art. 95 d.lgs. 10 ottob 2022, n. 150, nel caso in cui non avesse formulato l’avviso ex art. 545-bis cod. proc. pen. (sez. 3, n. 12760 del 14/11/2023, dep. 2024, Rv. 286077 – 01). Restava fermo il principio per il quale il giudice «non è tenuto a proporre, in ogni caso, all’imputato l’applicazione di una pena sostitutiva, essendo investito di un potere discrezionale al riguardo, sicché l’omessa formulazione, subito dopo la lettura del dispositivo, dell’avviso di cui all’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., non comporta la nullità della sentenza, presupponendo un’implicita valutazione dell’insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva» (sez. 1, n. 2090 del 12/12/2023, dep. 2024, Rv. 285710 – 01).
2.5 Alla luce di una coerente ricostruzione del sistema emergono dunque i plurimi profili di inammissibilità del ricorso in esame.
In assenza di una rituale richiesta di trattazione orale e in mancanza della trasmissione di motivi aggiunti o di dichiarazioni scritte di consenso alle sanzioni sostitutive, l’imputato risulta avere omesso di attivare le proprie facoltà defensionali che gli avrebbero consentito di promuovere l’accesso al beneficio di cui all’art. 20 bis cod. pen. e non se ne può dolere tardivamente.
In ogni caso, ritenendo che fosse rimasto, nonostante ciò, in capo al giudice l’obbligo di valutare comunque i presupposti per l’applicazione di eventuali sanzioni sostitutive e di motivare sul punto, l’omessa, errata o illogica motivazione sul punto andava fatta oggetto di tempestiva impugnazione da proporre nei termini avverso la sentenza della Corte di appello e non può essere riproposta in sede di incidente di esecuzione, che rimane riservato solo ai casi in cui il procedimento penale fosse pendente dinanzi alla Corte di Cassazione al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022.
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 29 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente