Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31442 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31442 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo di condanna per i reati di cui agli artt. 497 bis e 477 e 482 cod. pen. in relazione alla contraffazione di un passaporto e di una patente di guida, esibiti al personale di volo addetto al controllo dei passeggeri all’imbarco all’aeroporto di Orio al Serio;
Rilevato che il primo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia mancanza di motivazione e violazione di legge in relazione alla richiesta di sostituzione della pena detentiva ex art. 20 bis cod. pen. – non è consentito in sede di legittimità perché la richiesta di sostituzione non era stata proposta con l’atto di appello, nonostante sia la sentenza di primo grado che quella di appello fossero state pronunziate dopo l’entrata in vigore del d.lgs 150 del 2022. Ne consegue che la norma transitoria di cui all’art. 95 d.lgs cit., che prevede l’applicabilità delle nuove disposizioni anche se il procedimento sia pendente in primo grado o in appello al 30 dicembre 2022, non trova applicazione nel caso di specie, dal momento che, poiché la sentenza di primo grado era stata pronunziata dopo l’entrata in vigore della riforma Cartabia, le regole di devoluzione dell’appello ridivenivano quelle ordinarie, donde la richiesta andava avanzata nell’atto di appello e quella formulata solo in sede di conclusioni devono reputarsi tardive. Non vi è ragione, infatti, pur volendo rispettare la tendenza all’apertura alle sanzioni sostitutiv manifestata dal legislatore della riforma (su cui fonda, tra le altre, l’esegesi di Sez. 2, n 12991 del 01/03/2024, Generali, Rv. 286017), per derogare alle regole previste dal sistema delle impugnazioni dal momento che la parte aveva tutta la possibilità di articolare una specifica censura all’indomani della pronunzia della sentenza di prime cure, né il Giudice di appello è titolare di un potere di intervenire di ufficio ex art. 597, ult comma, cod. proc. pen. In un caso come quello sub iudice, infatti, trova nuovamente espansione il principio sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell’atto di appello non risulti formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l’ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 597, comma quinto, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell’appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981 (Sez. U, n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato che il secondo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia contraddittorietà della motivazione e violazione di legge quanto all’applicazione dell’art. 49 comma 2 cod. pen. – è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso; sentenza che, dal canto suo, fonda sull’argomentazione, non manifestamente illogica e corretta in diritto, secondo cui il personale di volo addetto al controllo dei documenti dei passeggeri all’imbarco è dotato di una particolare esperienza nella verifica suddetta e che, comunque, la conferma della falsità era avvenuta solo con le indagini tecniche successivamente svolte; d’altronde il falso è grossolano e, quindi, il reato è impossibile, solo quando la falsificazione dell’atto appaia in maniera talmente evidente da essere, ictu °culi, riconoscibile da chiunque (Sez. 5, n. 27310 del 11/02/2019, COGNOME, Rv. 276639; Sez. 6, n. 18015 del 24/02/2015, COGNOME, Rv. 263279; Sez. 5, n. 3711 del 02/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252946).
Considerato, inoltre, che la capacità decettiva dei documenti falsi – contrariamente a quanto sostiene il ricorrente non è legata alla circostanza che l’autore del fatto consegua lo scopo di ingannare chicchessia, giacché la condotta di falsificazione prevista dal legislatore, prescinde dall’effettivo conseguimento, nel caso di specie, dello scopo ingannatorio, salvo i casi limite di falso grossolano o innocuo;
Rilevato che il terzo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché violazione di legge, con riferimento all’art. 131 bis cod. pen. – è manifestamente infondato, in quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata (si veda pagina 8 della sentenza impugnata, in cui sono stati valorizzati in malam partem la contiguità con ambienti criminali dotati delle apparecchiature necessarie per la falsificazione, l’esibizione di due documenti e, quindi, la reiterata volontà di ingannare il personale di volo);
Rilevato che il quarto motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia mancanza e manifesta illogicità della motivazione, nonché violazione di legge in relazione all’applicazione delle circostanze attenuanti generiche – è manifestamente infondato giacché la Corte di appello ha adeguatamente motivato sul punto, facendo riferimento agli indici di natura personale e fattuale che hanno imposto di non accedere al trattamento di favore (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata). Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice, quando nega la
concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevab dagli atti, ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunqu rilevanti (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, NOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, COGNOME e altri, Rv. 248244);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 16 maggio 2024.