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Sanzioni sostitutive: no se non incluse nell’accordo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato che, dopo aver concordato la pena in appello per furto aggravato, lamentava la mancata applicazione di sanzioni sostitutive. La Corte ha stabilito che, a differenza del giudizio ordinario, nei procedimenti a pena concordata la richiesta di sostituzione della pena detentiva deve essere esplicitamente inclusa nell’accordo tra le parti, non potendo essere decisa autonomamente dal giudice in un momento successivo.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sanzioni sostitutive: se non sono nell’accordo, il giudice non le applica

Una recente sentenza della Corte di Cassazione stabilisce un principio fondamentale riguardo le sanzioni sostitutive nel contesto dei riti alternativi. Se le parti raggiungono un accordo sulla pena in appello, la richiesta di sostituire il carcere con una misura alternativa deve essere parte integrante di tale accordo. Non è possibile, per il giudice, applicarla d’ufficio in un secondo momento. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado per furto aggravato in abitazione. In appello, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo sulla pena (il cosiddetto ‘concordato in appello’ previsto dall’art. 599-bis c.p.p.), ottenendo una rideterminazione della condanna. Successivamente, l’imputato presentava ricorso in Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello non avesse considerato la possibilità di applicare le sanzioni sostitutive alla pena detentiva, come previsto dall’art. 545-bis c.p.p., introdotto dalla Riforma Cartabia.

Secondo la difesa, la mancata valutazione di questa possibilità, specialmente in considerazione dell’età dell’imputato e della gravità non eccezionale del reato, costituiva una violazione di legge e un vizio di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno tracciato una netta distinzione tra il funzionamento del giudizio ordinario e quello dei procedimenti basati su un accordo tra le parti, come il patteggiamento e, appunto, il concordato in appello.

Le Motivazioni: la diversa logica delle sanzioni sostitutive nei riti

Il cuore della motivazione risiede nella differente logica procedurale che governa i due contesti. Nel giudizio ordinario, l’imputato scopre l’esatta entità della pena solo al momento della lettura del dispositivo. È in quel momento che il legislatore, con l’art. 545-bis c.p.p., impone al giudice di avvisare le parti della possibilità di convertire una pena detentiva non superiore a quattro anni in una sanzione sostitutiva, aprendo un’apposita fase decisionale.

Nei procedimenti a pena concordata, la logica è ribaltata. Le parti conoscono in anticipo la pena, la negoziano e la propongono congiuntamente al giudice per l’approvazione. La pena è l’oggetto stesso dell’accordo. Pertanto, qualsiasi richiesta di modifica o sostituzione di quella pena, incluse le sanzioni sostitutive, deve necessariamente essere inclusa nel patto processuale. Il legislatore, con le recenti riforme (d.lgs. 150/2022 e d.lgs. 31/2024), ha rafforzato questo principio, prevedendo esplicitamente che la richiesta di sostituzione della pena sia parte integrante dell’accordo sia nel patteggiamento sia nel concordato in appello.

Ammettere una valutazione successiva da parte del giudice, esterna all’accordo, significherebbe superare la volontà negoziale delle parti, snaturando la logica pattizia che è alla base di questi riti. In sintesi, il legislatore ha previsto due percorsi distinti e non sovrapponibili: uno per il rito ordinario, dove la decisione sulla sostituzione segue la condanna, e uno per i riti alternativi, dove la sostituzione deve essere concordata ex ante.

Le Conclusioni

La sentenza chiarisce in modo inequivocabile che chi intende accedere a un rito premiale come il concordato in appello e beneficiare delle sanzioni sostitutive deve farne esplicita richiesta all’interno dell’accordo stesso. Non è possibile sperare in una successiva e autonoma decisione del giudice in tal senso. Questa pronuncia offre un’indicazione operativa cruciale per la difesa: la strategia processuale deve essere definita in modo completo sin dalla fase di negoziazione con la pubblica accusa, includendo ogni aspetto del trattamento sanzionatorio desiderato.

È possibile chiedere l’applicazione di sanzioni sostitutive dopo aver già concordato la pena in appello?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di sostituzione della pena deve essere parte integrante dell’accordo sulla pena presentato al giudice. Non può essere avanzata o decisa in un momento successivo.

Perché la regola sulle sanzioni sostitutive è diversa tra rito ordinario e concordato in appello?
La differenza risiede nella logica dei procedimenti. Nel rito ordinario, l’imputato conosce la pena solo alla fine e la legge prevede una fase successiva per valutarne la sostituzione. Nel concordato, la pena è il risultato di un accordo preventivo e qualsiasi sua modifica, inclusa la sostituzione, deve rientrare in tale accordo per rispettare la volontà delle parti.

Quale impatto hanno avuto le recenti riforme (come il d.lgs. 31/2024) su questa materia?
Le recenti riforme legislative hanno rafforzato questa impostazione, modificando gli articoli del codice di procedura penale (come il 599-bis) per specificare che la possibilità di sostituire la pena detentiva deve essere prevista direttamente nell’accordo proposto dalle parti, allineando così la disciplina del concordato in appello a quella del patteggiamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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