Sanzioni Sostitutive e Precedenti Penali: La Cassazione Conferma il Diniego
L’accesso alle sanzioni sostitutive rappresenta un punto cruciale nell’esecuzione della pena, ma non è un diritto incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4102/2024) ha ribadito un principio fondamentale: i numerosi precedenti penali di un condannato possono legittimamente fondare una prognosi di inidoneità della misura alternativa, rendendo il ricorso contro tale decisione inammissibile se basato su semplici valutazioni di merito.
I fatti del caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato, al quale il Tribunale di Varese aveva negato l’applicazione di una sanzione sostitutiva richiesta ai sensi dell’art. 95 del D.Lgs. n. 150/2022 (la cosiddetta ‘Riforma Cartabia’). Il Tribunale aveva basato la sua decisione negativa sulla presenza di numerosi precedenti penali a carico del richiedente, considerandoli un indice sfavorevole per una prognosi di successo della misura alternativa al carcere.
Il ricorso e il diniego delle sanzioni sostitutive
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, contestando la decisione del Tribunale. Tuttavia, le argomentazioni presentate non vertevano su una presunta violazione di legge o su un vizio logico nella motivazione del provvedimento. Al contrario, il ricorrente si è limitato a contestare nel merito la valutazione del giudice, sostenendo in sostanza una diversa interpretazione della propria situazione personale e della propria idoneità a beneficiare della sanzione.
Questo tipo di doglianza si scontra con la natura stessa del giudizio di cassazione, che è un giudizio di legittimità e non di merito. La Corte Suprema non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato direttamente gli atti e la posizione del condannato.
le motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione chiara e lineare. Gli Ermellini hanno sottolineato che gli argomenti del ricorrente erano ‘privi di ragioni in diritto che le sostengano’ e si risolvevano in ‘valutazioni di merito, precluse in sede di legittimità’.
Il punto centrale della decisione risiede nel valore attribuito ai precedenti penali. La Corte ha affermato che la valutazione negativa del giudice di merito non era affatto illogica. Al contrario, i numerosi precedenti penali costituiscono un ‘indice da cui desumere la personalità del condannato’. Questa valutazione della personalità è un elemento che, secondo la giurisprudenza consolidata (richiamata la sentenza n. 21459/2019), il giudice dell’esecuzione ha il dovere di considerare nel formulare la prognosi sull’idoneità delle sanzioni sostitutive.
In altre parole, un passato criminale significativo è un fattore legittimo e sufficiente per ritenere che una pena alternativa alla detenzione non sia adeguata a prevenire la commissione di nuovi reati.
le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Stabilisce che la prognosi sull’idoneità del condannato a beneficiare di misure alternative è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione, se fondata su elementi concreti come i precedenti penali e motivata in modo non manifestamente illogico, non può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione. Per i condannati e i loro difensori, ciò significa che un ricorso avverso il diniego di sanzioni sostitutive ha possibilità di successo solo se si è in grado di dimostrare un vero e proprio errore di diritto o un vizio di motivazione palese, e non semplicemente proponendo una lettura alternativa dei fatti.
Perché il ricorso del condannato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni proposte erano valutazioni di merito, che non sono consentite in sede di legittimità (davanti alla Corte di Cassazione), anziché contestazioni sulla corretta applicazione della legge.
I precedenti penali possono impedire l’accesso alle sanzioni sostitutive?
Sì, la Corte ha confermato che numerosi precedenti penali costituiscono un indice significativo per desumere la personalità del condannato. Un giudice può legittimamente basarsi su di essi per formulare una prognosi negativa sull’idoneità della sanzione sostitutiva, negandone l’applicazione.
Cosa deve dimostrare un ricorso in Cassazione per contestare il diniego di una sanzione sostitutiva?
Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a contestare la valutazione del giudice, ma deve dimostrare un errore nell’applicazione della legge o un vizio logico e manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4102 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4102 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a GALLARATE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/09/2023 del TRIBUNALE di VARESE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nell’unico motivo di ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché privi di ragioni in diritto che le sostengano, att che il ricorrente si limita a contestare con valutazioni di merito, precluse in sede legittimità, la prognosi di inidoneità della sanzione sostitutiva di cui ha fatto richiesta art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, inidoneità che l’ordinanza ha in modo non illogico ricavato dai numerosi precedenti penali del condannato, trattandosi di un indice da cui desumere la personalità del condannato, che la giurisprudenza di legittimità ritiene debba essere valutata nel giudizio cui era chiamato il giudice dell’esecuzione (Sez. 2, Sentenza n. 21459 del 07/03/2019, Diouf, rv. 276064);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 11 gennaio 2024.