Sanzioni Sostitutive: Quando il Giudice Può Rifiutarle?
Le sanzioni sostitutive rappresentano un importante strumento del nostro ordinamento per evitare il carcere in caso di pene detentive brevi, privilegiando alternative come la pena pecuniaria. Tuttavia, la loro applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 3250/2024) chiarisce i limiti del sindacato sul diniego di tali sanzioni, sottolineando l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel valutare l’affidabilità del condannato.
I Fatti del Caso: Il Ricorso Contro la Pena Detentiva
Il caso esaminato trae origine dal ricorso di un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello di Torino, che aveva confermato la sua condanna. L’unico motivo di doglianza era la mancata sostituzione della pena detentiva inflitta con la sanzione pecuniaria, come previsto dall’art. 545 bis del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia.
L’imputato lamentava un vizio di motivazione, ritenendo ingiustificato il rifiuto del giudice di applicare una pena alternativa al carcere. La difesa sosteneva che sussistessero le condizioni per la sostituzione e che la decisione contraria non fosse adeguatamente argomentata.
La Decisione della Corte di Cassazione sulle sanzioni sostitutive
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno stabilito che la valutazione sulla sussistenza delle condizioni per applicare le sanzioni sostitutive costituisce un accertamento di fatto, che non può essere riesaminato in sede di legittimità se la motivazione del giudice di merito non è manifestamente illogica. In altre parole, la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato direttamente il caso, a meno che quest’ultimo non abbia commesso un errore logico palese nel suo ragionamento.
Le Motivazioni: La Totale Inaffidabilità dell’Imputato
Il cuore della decisione risiede nel ragionamento seguito dalla Corte d’Appello, ritenuto dalla Cassazione del tutto corretto e privo di vizi. Il giudice di merito aveva negato la sostituzione della pena valorizzando, tra i criteri previsti dall’art. 133 del codice penale, la spiccata capacità a delinquere dell’imputato.
Da questo elemento, la Corte ha desunto una “totale inaffidabilità” del soggetto nell’adempiere alle prescrizioni che una pena sostitutiva comporterebbe. Questo giudizio prognostico negativo, basato su elementi concreti, è stato considerato una motivazione sufficiente e non illogica per giustificare il diniego del beneficio. La Cassazione ha quindi ribadito un principio consolidato: l’accertamento sulla meritevolezza delle sanzioni sostitutive è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame conferma che la concessione delle sanzioni sostitutive non è un diritto automatico del condannato, ma è subordinata a una valutazione discrezionale del giudice. Quest’ultimo ha il potere di negare il beneficio se ritiene, con motivazione non palesemente illogica, che il soggetto non sia affidabile. La decisione sottolinea come la personalità del reo e la sua “capacità a delinquere”, valutate ai sensi dell’art. 133 c.p., siano elementi decisivi in questo giudizio. Di conseguenza, per chi intende ricorrere in Cassazione contro un diniego, non è sufficiente dissentire dalla valutazione del giudice, ma è necessario dimostrare un vero e proprio errore logico nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, un’impresa processualmente molto ardua.
Un giudice può rifiutare di sostituire una pena detentiva breve con una sanzione alternativa?
Sì, il giudice può rifiutare l’applicazione delle sanzioni sostitutive. La decisione si basa su un accertamento di fatto circa la sussistenza delle condizioni previste dalla legge, inclusa una valutazione sull’affidabilità del condannato.
Quali criteri vengono utilizzati per decidere sulla concessione delle sanzioni sostitutive?
La decisione si basa sui criteri indicati dall’art. 133 del codice penale, che includono la capacità a delinquere del reo. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la “totale inaffidabilità” dell’imputato giustificasse il diniego della sostituzione della pena.
È possibile contestare in Cassazione il rifiuto di applicare una sanzione sostitutiva?
È possibile, ma solo per un vizio di motivazione manifestamente illogico. La Corte di Cassazione non può riesaminare il merito della decisione, cioè non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente, ma solo controllare che il ragionamento seguito da quest’ultimo sia immune da vizi logici evidenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3250 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3250 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
-Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Toring, del 28/03/2023 che ha confermato la condanna del Tribunale di Biella del Zeo2c· 13/10~in ordine al reato, così riqualificato, di cui all’art. 424 cod. pen..
-Ritenuto che l’unico motivo di ricorso con il quale COGNOME deduce GLYPH vizio di motivazione quanto alla mancata sostituzione della pena detentiva inflitta con la sanzione sostitutiva della pena pecuniaria ex art. 545 bis cod. proc. pen. è manifestamente infondato in quanto “in tema di sanzioni sostitutive, l’accertamento della sussistenza delle condizioni che consentono di applicare una delle sanzioni sostitutive della pena detentiva breve, previste dall’art. 531. n. 689 del 1981, costituisce un accertamento di fatto, non sindaca bile in sede di legittimità, se motivato in modo non manifestamente illogico” (Sez. 1, n. 35849 del 17/05/2019, Rv. 276716 – 01); nella specie, la Corte territoriale, operando una corretta applicazione dell’art. 545 bis cod. proc. pen., come introdotto dalla cd. Riforma Cartabia, ha con motivazione immune da vizi logici, valorizzato, tra i criteri di cui all’art. 133 cod. pen., la capacità a delinque dell’imputato, desumendone la totale inaffidabilità dell’imputato nell’adempimento alle prescrizioni relative alla eventuale pena sostitutiva.
Rilevata, quindi, l’inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2023.