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Sanzioni sostitutive: la richiesta tardiva in appello

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto. Il motivo è la mancata richiesta di applicazione delle sanzioni sostitutive durante il giudizio di appello, un requisito fondamentale secondo i principi stabiliti dalla Riforma Cartabia.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sanzioni Sostitutive: la Cassazione ribadisce, la richiesta va fatta in appello

L’introduzione delle sanzioni sostitutive con la Riforma Cartabia ha aperto nuove prospettive per pene alternative al carcere. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 23319/2024) chiarisce un aspetto procedurale cruciale: la richiesta per la loro applicazione deve essere presentata tempestivamente nel giudizio di merito, altrimenti il ricorso basato su tale omissione è destinato all’inammissibilità. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un procedimento per furto aggravato. La Corte d’Appello di Firenze, in sede di rinvio dalla Cassazione, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado. Aveva concesso all’imputato un’attenuante, rideterminando la pena finale in 10 mesi di reclusione e 400 euro di multa.

L’imputato decideva di presentare un nuovo ricorso per Cassazione, lamentando un’unica violazione: la mancata sostituzione della pena detentiva con una delle nuove sanzioni sostitutive previste dall’art. 20-bis del codice penale, introdotto dalla Riforma Cartabia.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su un presupposto procedurale chiaro e inequivocabile: la richiesta di applicazione delle pene sostitutive non era mai stata formulata dall’imputato nel corso del giudizio di appello. Il ricorso è stato quindi respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Sanzioni Sostitutive e l’Onere della Richiesta

Il punto centrale della pronuncia riguarda l’onere della parte di attivarsi per ottenere un beneficio di legge. La Riforma Cartabia ha previsto una disciplina transitoria (art. 95, D.Lgs. 150/2022) per consentire l’applicazione delle nuove norme anche ai processi già in corso. Tuttavia, l’operatività di questa disciplina non è automatica.

Il Principio di Diritto espresso dalla Corte

La Cassazione, richiamando suoi precedenti consolidati (in particolare le sentenze n. 12991/2024 e n. 4934/2024), ha ribadito un principio fondamentale: affinché il giudice d’appello sia tenuto a valutare l’applicabilità delle sanzioni sostitutive, è indispensabile una richiesta esplicita da parte dell’imputato. Questa richiesta non deve necessariamente essere contenuta nell’atto di impugnazione originario o in motivi nuovi, ma deve intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione del gravame. In assenza di tale istanza, il giudice non ha l’obbligo di pronunciarsi d’ufficio e, di conseguenza, nessuna violazione di legge può essere lamentata in sede di legittimità.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte sono lineari e si basano sulla natura dispositiva della richiesta. Le sanzioni sostitutive, pur rappresentando un beneficio per l’imputato, non sono applicabili d’ufficio in ogni circostanza, specialmente nel quadro della disciplina transitoria. La legge richiede una manifestazione di volontà dell’interessato, che deve avvenire nelle sedi processuali appropriate, ovvero quelle di merito (primo grado e appello), dove è possibile una valutazione completa dei presupposti soggettivi e oggettivi. Consentire di sollevare la questione per la prima volta in Cassazione snaturerebbe la funzione della Corte, che è giudice di legittimità e non di merito. La mancata richiesta nel giudizio di appello equivale a una rinuncia a far valere tale facoltà, rendendo il successivo motivo di ricorso privo di fondamento.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica per la difesa tecnica: la richiesta di applicazione delle sanzioni sostitutive è un onere processuale che deve essere adempiuto con precisione. È essenziale che la richiesta venga formalizzata durante il giudizio di appello, preferibilmente nelle conclusioni discusse in udienza, per evitare di precludersi la possibilità di beneficiare delle alternative al carcere. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale che mira a responsabilizzare le parti processuali e a preservare la corretta ripartizione delle competenze tra i diversi gradi di giudizio.

È possibile chiedere per la prima volta in Cassazione l’applicazione delle sanzioni sostitutive?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta deve essere formulata nel corso del giudizio di merito. Secondo la sentenza, il termine ultimo per presentarla è l’udienza di discussione in appello. Omettere questo passaggio rende il relativo motivo di ricorso inammissibile.

Cosa succede se l’imputato non chiede esplicitamente le sanzioni sostitutive in appello?
Se l’imputato non formula una richiesta specifica, il giudice d’appello non è tenuto a pronunciarsi sulla loro applicabilità. Di conseguenza, non è possibile lamentare questa omissione con un successivo ricorso per Cassazione, poiché non sussiste alcuna violazione di legge da parte del giudice.

La richiesta di sanzioni sostitutive deve essere inserita per forza nell’atto di appello?
No, la giurisprudenza citata nell’ordinanza chiarisce che la richiesta non deve essere necessariamente formulata nell’atto di impugnazione o tramite la presentazione di motivi nuovi. Tuttavia, deve intervenire al più tardi durante la discussione orale nel corso dell’udienza del processo d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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