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Sanzioni sostitutive: la richiesta in appello

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 44566/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, chiarendo un punto cruciale sulle sanzioni sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. Il ricorso è stato respinto per manifesta infondatezza, poiché l’imputato non aveva mai richiesto in appello la sostituzione della pena detentiva. La Corte ha ribadito che, affinché il giudice di secondo grado possa pronunciarsi sull’applicabilità di tali sanzioni, è indispensabile una richiesta esplicita da parte dell’imputato, da presentarsi al più tardi durante l’udienza di discussione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sanzioni Sostitutive e Riforma Cartabia: Quando Chiederle in Appello?

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 44566 del 2024, offre un chiarimento fondamentale sull’applicazione delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, introdotte dalla cosiddetta Riforma Cartabia. Questa pronuncia sottolinea un onere procedurale preciso per l’imputato che intende beneficiare di queste misure alternative al carcere: la necessità di una richiesta esplicita nel giudizio di appello. Vediamo nel dettaglio i fatti e il principio di diritto affermato dai giudici di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. L’imputato, tramite il suo legale, lamentava la mancata applicazione delle sanzioni sostitutive previste dall’art. 20-bis del codice penale, una delle principali novità della Riforma Cartabia. Il ricorso è stato portato all’attenzione della settima sezione penale della Corte di Cassazione, che lo ha esaminato per valutarne l’ammissibilità.

La Decisione della Corte sulle sanzioni sostitutive

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza del motivo. La decisione si fonda su un presupposto fattuale e giuridico molto chiaro: dall’esame degli atti processuali non risultava che l’imputato avesse mai formulato, nel corso del giudizio di appello, una richiesta per la sostituzione della pena detentiva. Secondo i giudici supremi, questa omissione è decisiva e impedisce al giudice d’appello di pronunciarsi d’ufficio sulla questione.

L’Onere della Richiesta Esplicita

Il cuore della pronuncia risiede nell’interpretazione della disciplina transitoria della Riforma Cartabia (art. 95, D.Lgs. 150/2022). La Corte ha ribadito un principio già espresso in precedenza (con la sentenza n. 12991/2024): affinché il giudice di appello sia tenuto a valutare l’applicabilità delle sanzioni sostitutive, è indispensabile una specifica richiesta da parte dell’imputato.

La Corte precisa inoltre le tempistiche di tale richiesta:
1. Non deve essere necessariamente contenuta nell’atto di impugnazione originario.
2. Può essere presentata anche con motivi nuovi, ai sensi dell’art. 585, comma 4, c.p.p.
3. Deve intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione dell’appello.

In assenza di questa istanza, il giudice non ha il potere-dovere di considerare l’applicazione di pene alternative al carcere.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è lineare e si basa sulla necessità di un impulso di parte. Le sanzioni sostitutive, pur rappresentando un’importante opportunità per il condannato, non sono un automatismo processuale. La legge richiede una manifestazione di volontà dell’interessato, che deve attivarsi per richiederne l’applicazione. Questa scelta interpretativa garantisce che la valutazione del giudice sia ancorata a una precisa richiesta difensiva, evitando decisioni “a sorpresa” e rispettando la strategia processuale dell’imputato.
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato, come conseguenza di legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha disposto il pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, ritenendo che il ricorso fosse stato proposto con colpa, data la sua manifesta infondatezza e l’assenza del presupposto fondamentale della richiesta in appello.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione invia un messaggio inequivocabile agli operatori del diritto, in particolare agli avvocati difensori. Per poter beneficiare delle sanzioni sostitutive nel giudizio d’appello, non è sufficiente sperare in una valutazione d’ufficio da parte del giudice. È essenziale formulare una richiesta esplicita e tempestiva, al massimo entro la discussione orale. Questa pronuncia cristallizza un onere procedurale la cui inosservanza preclude l’accesso a misure che possono avere un impatto significativo sul percorso di esecuzione della pena, trasformando un’opportunità legislativa in un’occasione mancata.

È necessario chiedere esplicitamente le sanzioni sostitutive in appello?
Sì, secondo l’ordinanza, è necessaria una richiesta esplicita da parte dell’imputato affinché il giudice di appello possa pronunciarsi sulla loro applicabilità. Non è un potere esercitabile d’ufficio.

Quando deve essere fatta la richiesta per le sanzioni sostitutive in appello?
La richiesta non deve essere necessariamente contenuta nell’atto di impugnazione iniziale, ma può essere presentata anche con motivi nuovi o, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione del gravame.

Cosa succede se il ricorso viene dichiarato inammissibile per questo motivo?
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, in quanto si ritiene che il ricorso sia stato proposto con colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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