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Sanzioni sostitutive: la richiesta è necessaria?

Un’ordinanza della Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo condannato per violazione di una misura di prevenzione. Il caso è cruciale per comprendere l’applicazione delle sanzioni sostitutive: la Corte stabilisce che, affinché il giudice d’appello le consideri, è necessaria una richiesta specifica da parte dell’imputato. L’assenza di tale richiesta non obbliga il giudice ad attivarle d’ufficio e non invalida la sentenza.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sanzioni sostitutive: la richiesta esplicita dell’imputato è fondamentale

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità nel diritto penale, relativo all’applicazione delle sanzioni sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. La pronuncia chiarisce un aspetto procedurale cruciale: la necessità di una richiesta esplicita da parte dell’imputato affinché il giudice d’appello possa valutare la sostituzione della pena detentiva. Questa decisione sottolinea l’onere dell’interessato di attivarsi per beneficiare delle nuove disposizioni normative.

I fatti del caso: la violazione della misura di prevenzione

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 75, comma 1, del d.lgs. 159/2011, per aver violato le prescrizioni di una misura di prevenzione a cui era sottoposto. La Corte d’Appello di Catanzaro aveva confermato la condanna a quattro mesi di arresto. L’imputato si era difeso sostenendo di non aver risposto al controllo delle forze dell’ordine perché, a causa dell’assunzione di psicofarmaci, si era addormentato profondamente in una stanza lontana dal citofono. Tale giustificazione, tuttavia, non era stata ritenuta credibile.

Il ricorso in Cassazione e le argomentazioni della difesa

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, riproponendo i medesimi motivi già respinti in appello. La difesa lamentava, tra le altre cose, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e la mancata concessione delle sanzioni sostitutive.

L’applicazione delle sanzioni sostitutive secondo la Cassazione

Il punto centrale dell’ordinanza riguarda proprio la questione delle sanzioni sostitutive. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti decisivi su questo istituto.

La necessità della richiesta esplicita

I giudici hanno evidenziato che, per ottenere l’applicazione delle nuove pene sostitutive (previste dall’art. 20-bis c.p.), è necessaria una richiesta specifica da parte dell’imputato. Questa richiesta non deve essere necessariamente contenuta nell’atto di appello, ma deve comunque essere formulata, al più tardi, durante l’udienza di discussione. Nel caso di specie, l’imputato non aveva mai avanzato tale richiesta.

La discrezionalità del Giudice

La Corte ha inoltre precisato che, sebbene al giudice d’appello sia riconosciuto un potere discrezionale di applicare le sanzioni sostitutive anche d’ufficio (cioè di propria iniziativa), non si tratta di un obbligo. L’eventuale mancato esercizio di questa facoltà, in assenza di una sollecitazione della parte, non costituisce un vizio della sentenza e non ne determina la nullità.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano una mera riproposizione di quelli già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. La giustificazione fornita dall’imputato per la sua assenza è stata considerata tardiva, generica, ipotetica e, in definitiva, non credibile. Secondo la Corte, il contegno descritto non era scusabile, dato l’obbligo di rispettare le prescrizioni. Inoltre, l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stata correttamente esclusa in ragione della gravità oggettiva del fatto (commesso poco dopo l’imposizione della misura) e dei precedenti giudiziari dell’imputato. Sul punto decisivo delle sanzioni sostitutive, la Corte ha ribadito che la disciplina transitoria della Riforma Cartabia subordina la pronuncia del giudice di appello a una richiesta dell’imputato. In assenza di tale istanza, il potere del giudice di agire d’ufficio è puramente discrezionale e il suo mancato esercizio non è sindacabile.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: chi intende beneficiare delle sanzioni sostitutive deve assumerne l’iniziativa processuale. Non è possibile rimanere inerti e sperare in un intervento d’ufficio del giudice. La decisione rafforza il principio secondo cui l’imputato e il suo difensore devono svolgere un ruolo attivo nel processo, formulando richieste specifiche per l’applicazione di istituti favorevoli. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’istanza di sostituzione della pena deve diventare un elemento strategico da valutare attentamente e da formalizzare tempestivamente nel corso del giudizio di appello.

È obbligatorio per un imputato richiedere esplicitamente le sanzioni sostitutive in appello?
Sì, secondo la Corte, affinché il giudice di appello si pronunci sull’applicabilità delle sanzioni sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia, è necessaria una richiesta in tal senso da parte dell’imputato, da presentare al più tardi nel corso dell’udienza di discussione.

Il giudice d’appello può applicare le sanzioni sostitutive anche senza una richiesta dell’imputato?
Il giudice ha un potere discrezionale che gli permette di applicare le sanzioni sostitutive anche senza una richiesta esplicita, ma non è un obbligo. Il mancato esercizio di tale potere discrezionale non rende nulla la sentenza.

Perché la giustificazione dell’imputato per l’assenza dal domicilio non è stata accettata?
La Corte ha ritenuto la giustificazione (assunzione di psicofarmaci e sonno profondo) tardiva, generica, ipotetica e poco credibile, sottolineando che non poteva essere considerata una scusante valida rispetto all’obbligo di osservare le prescrizioni della misura di prevenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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