Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35859 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35859 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
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avverso la sentenza del 30/11/2023 della Corte d’appello di Cagliari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore M. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la sentenza sia annullata con rinvio limitatamente all’applicazione di una sanzione sostitutiva.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte d’appello di Cagliari confermava la condanna in primo grado di P.F. per i delitti di maltrattamenti in famiglia (art. 572 cod. pen.) e lesioni (art. 582, comma secondo, con riferimento
all’art. 585 cod. pen., in relazione agli artt. 576, comma primo, nn. 1 e 5, e 577, comma primo, n. 1, cod. pen.).
Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, articolando, per il tramite dell’Avvocato NOME COGNOME due motivi di ricorso.
2.1. Violazione dell’art. 20-bis cod. pen. e vizio di motivazione.
La difesa, durante la discussione nel procedimento, aveva anticipato la volontà dell’imputato di chiedere la sostituzione della pena ai sensi dell’art. 20-bis cod. pen. (alternativamente, lavoro di pubblica utilità oppure detenzione domiciliare), depositando in udienza una procura speciale con l’indicazione della disponibilità dell’ente.
La Corte di appello, tuttavia, non si è pronunciata sulla richiesta.
2.2. Vizio di motivazione nella parte in cui è stata ritenuta sussistente l’aggravante di cui all’art. 572, comma secondo, cod. pen., in relazione all’uso dell’arma, consistita in un martello e in una spranga di ferro.
La stessa persona offesa, sentita nel corso del dibattimento, aveva smentito di essere stata colpita con un martello e precisato, in particolare, di aver aggredito lei stessa l’imputato, sicché quest’ultimo, che aveva il martello in mano perché stava eseguendo dei lavori, glielo aveva mostrato, lo aveva avvicinato e glielo aveva appoggiato sulla testa, proferendo la frase «se non la smetti ti do una martellata». Il fatto era d’altronde avvenuto in un momento in cui l’imputato, provato dalla chemioterapia, era fortemente debilitato, tanto da non voler nemmeno proseguire le cure per la malattia.
Quanto all’utilizzo della guida in metallo, esso si è verificato in una sola occasione – peraltro lo stesso giorno dell’episodio del martello – nell’arco dei diciotto anni cui si riferisce la contestazione, e sempre nella richiamata condizione di debilitazione del ricorrente. Difetta, quindi, la sistematicità delle condott maltrattanti.
Il ricorrente ha presentato conclusioni scritte con le quali insiste per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Invertendo l’ordine seguito dal ricorrente, il primo motivo è infondato e deve essere, dunque, rigettato.
1.1. Ad analoga eccezione, la Corte d’appello ha compiutamente risposto «che il P.F. aveva senza ombra di dubbio usato una spranga di ferro e un martello
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per percuotere e intimorire la persona offesa e nient’altro rileva, nemmeno il fatto che potesse essere la guida di un comodino piuttosto che una spranga».
La deduzione relativa al mancato uso del martello risulta, dunque, reiterativa, oltre a sollecitare un accertamento in fatto precluso a questa Corte.
In ordine al motivo di ricorso, è soltanto il caso di precisare: da un lato, che spranga/guida del comodino e martello rappresentano senza dubbio “armi”, nella cui nozione rientrano tutti gli strumenti atti ad offendere dei quali è vietato il port senza giustificato motivo; dall’altro lato, che resta del tutto irrilevante circostanza che con il martello l’imputato non abbia colpito la persona offesa, dal momento che la tipicità del delitto di maltrattamenti in famiglia non necessariamente deve consistere di lesioni, potendo anche constare di minacce (oltre che di comportamenti vuoi pure penalmente irrilevanti, sempre che atti a determinare quello stato di vessazione che integra l’offesa del reato in oggetto).
1.2. Quanto, poi, all’osservazione secondo cui l’arma sarebbe stata usata in una sola occasione – peraltro, dalle sentenze di merito emerge come il ricorrente abbia impugnato spranga e martello sì nell’arco della stessa giornata, ma in due momenti distinti -, qui si prescinde dalla estrema sinteticità e fors’anche genericità del rilievo (il ricorrente assume addirittura la necessità che tale uso sia “sistematico”, laddove, già soltanto ai fini dell’integrazione dell’ipotesi base, è sufficiente che le condotte siano abituali. Sulla differenza tra i due concetti, per tutte, Sez. 6, n. 37978 del 03/07/2023, B., Rv. 285273).
Sul punto, infatti, interessa piuttosto precisare che la rilevanza di un uso anche soltanto occasionale dell’arma – sebbene non fotografato nelle massime giurisprudenziali di legittimità – deriva in modo piano da un’argomentazione sistematica, oltre che teleologica.
Per un verso, infatti, non v’è ragione di differenziare questa circostanza aggravante da quella relativa al compimento del fatto alla presenza di un minorenne, per la cui sussistenza non si richiede che il minorenne assista agli atti di sopraffazione in modo continuativo (in tal senso, distinguendo tra struttura abituale della fattispecie incriminatrice e struttura della circostanza aggravante, sotto il vigore della previgente disciplina, Sez. 6, n. 8323 del 09/02/2021, G., Rv. 281051; Sez. 6, n. 2003 del 25/10/2018, dep. 2019, Z., Rv. 274924; sotto il vigore della attuale, Sez. 1, n. 12328 del 02/03/2017, G., Rv. 269556).
Per altro verso, il maggior disvalore dei maltrattamenti è chiaramente integrato da un uso anche solo sporadico o, in ipotesi, isolato dell’arma, come emerge riflettendo sul fatto che l’abitualità di siffatto comportamento trascenderebbe con ogni probabilità i confini dell’art. 572 cod. pen. per integrare ipotesi delittuose contro la persona ancora più gravi.
Fondato appare, invece, il secondo motivo di ricorso.
2.1. In tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi di cui all’art. 20 bis cod. pen., va premesso che, affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi sulla loro applicabilità come previsto dalla disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, richiesta che non dev’essere formulata necessariamente con l’atto di impugnazione o con la presentazione di motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., potendo intervenire successivamente: al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione del gravame (tra le altre, Sez. 2 , n. 12991 del 01/03/2024, Generali, Rv. 286017; Sez. 2, n. 1995 del 19/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285729; Sez. 6, n. 46782 del 29/09/2023, COGNOME, Rv. 285564).
2.2. Nel caso di specie, dal verbale di udienza del 30/11/2023 risulta che il difensore depositò specifica istanza di applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, unitamente alla dichiarazione di disponibilità dell’ente e al procura speciale, chiedendo, in subordine, la detenzione domiciliare.
La Corte d’appello avrebbe, dunque, dovuto rispondere alla richiesta, in termini di accoglimento oppure rigetto, motivando le ragioni della decisione.
Così non è stato.
2.3. La sentenza va, dunque, annullata sul punto della mancata risposta alla richiesta di applicazione della pena sostitutiva, in proposito essendo utile aggiungere – sulla scia di quanto ricordato da Sez. 2, n. 23620 del 14/05/2024, D.T., non mass. – che il giudice di merito è legislativamente chiamato a vagliare non soltanto l’an della sostituzione, ma anche il suo quomodo, potendo concorrere a “disegnare” la sanzione sostitutiva applicabile nel caso concreto mediante la previsione di prescrizioni, soprattutto ove si ponga la necessità di contemperare le sacrosante esigenze di risocializzazione del condannato con il contenimento del pericolo di reiterazione criminosa (art. 58, comma primo, I. 24 novembre 1981, n. 689): compito delicato e vieppiù importante in considerazione dell’ampliamento dell’ambito di operatività delle sanzioni sostitutive (ad opera della c.d. riforma Cartabia), oggi suscettibile di comprendere reati di gravità non secondaria.
Per le ragioni esposte, la sentenza impugnata deve essere annullata quanto all’applicazione delle sanzioni sostitutive. L’annullamento va disposto con rinvio, affinché il Giudice di merito effettui le necessarie valutazioni, di natura discrezionale, precluse a questa Corte.
Il ricorso è per il resto rigettato, con conseguente conferma della responsabilità dell’imputato, anche in ordine all’aggravamento della pena.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicazione delle sanzioni sostitutive con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di
Cagliari. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 16/09/2024